Il processo di redazione della costituzione mise in luce alcuni tratti che rivelano lo spirito, i propositi e la volontà che animavano i padri costituenti capaci di generare un processo storico sociale totalmente nuovo rispetto alla tragica esperienza del fascismo da cui provenivano.
Sobrietà di tempo e di costi
Il 2 giugno del 1946 furono eletti, con votazione realmente popolare ed universale, (per la prima volta votavano anche le donne a 85 anni dall’unità d’Italia) i 556 membri della Assemblea Costituente. Si riunirono per la prima volta il 25 giugno del 1946 e il 1° gennaio del 1948 (un anno e mezzo dopo) entrava in vigore la nuova Costituzione Italiana. Qualche settimana prima, il 22 dicembre del 1947 era avvenuta l’ultima votazione generale: presenti e votanti 515 (12 erano deceduti nel frattempo, alcuni si erano dimessi), maggioranza 258, voti a favore 453 (87,96%), contrari 62 (12,04%): sarebbe utile ricordarsi che non furono solo i “comunisti” a votare la costituzione ma l’88% dei rappresentanti il popolo italiano. Prima del conclusione del lavoro, i costituenti, il 16 dicembre, dopo la seduta pubblica si riunirono in seduta segreta per decidere l’indennità parlamentare e quella di presenza: 45.000 lire mensili la prima, 1.500 lire la seconda per i residenti in Roma e 3.000 per quelli fuori Roma. Il mensile di un operaio era di circa 20.000 mensili (44,44%), quello di un impiegato di circa 30.000 mensili (66,66%). La Domenica del Corriere costava 12 lire, un giornale 10, un kg di zucchero 300 e uno di carne 2.000. Un costituente, in un mese, avrebbe potuto acquistare 22,5 kg di carne, un impiegato 15, un operaio 10.
Progetto nuovo ed impegnativo ma doveroso
È soprattutto l’intento dei costituenti ad illuminare la loro opera. La Costituzione promulgata sarà non solo un codice di diritti ma anche di doveri; allo stesso tempo un patto sociale, un patto di convivenza tra uomini liberi di una ritrovata libertà, diversi ma tutti egualmente liberi.
Il fatto nuovo, il nucleo centrale della Costituzione è una specie di scommessa: tenere insieme libertà e uguaglianza con un sistema di regole fondamentali condivise da tutti, con un progetto di Stato vissuto non come espressione di rapporti di forza o degli interessi di qualcuno, ma come garante dei diritti di tutti. Un modello da custodire di fronte alla tentazione, oggi serpeggiante, per cui status e libertà dei cittadini, fino agli immigrati, tornino a dipendere non dalle regole uguali per tutti ma dai rapporti di forza. Si volle invece un vero patto sociale tra uomini tutti ugualmente liberi ma diversi e scritto da uomini e donne che la pensavano in modo assai diverso tra loro.
Nella Costituzione ci sono le «libertà di» di tradizione liberale: libertà di pensiero, di parola di riunione, di associazione, di manifestazione, tutti diritti che il fascismo aveva negato. Ma ci sono anche le «libertà da»: dalla povertà e dall’indigenza, dalla malattia, con i relativi diritti al lavoro e all’assistenza economica, all’istruzione, all’assistenza sanitaria; diritti provenienti dalle tradizioni cattoliche e socialiste. La fusione di queste due libertà «di» e «da» concretizza la «libertà dei moderni», una libertà nuova. La Costituzione le sancisce e si propone di intrecciarle indissolubilmente: ecco la scommessa che emerge dall’art 3 della carta: la libertà formale «Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza discriminazione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali» ma anche la uguaglianza sostanziale da raggiungere «E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Visto da quei giorni del ‘46/48 il traguardo era molto lontano e ancor più difficile appariva la strada per arrivarci, ma resta ancora decisiva la precisa indicazione del percorso da compiere.
L’oggi inquietante
Se il processo costituente portò ad immaginare un tale orizzonte di dignità per il cittadino italiano, il processo costituzionale dello Stato da allora ad oggi non può derogare da tale percorso che riconosca le libertà uguali, per dignità innata, e metta in moto un procedere politico, economico e sociale di inclusione e di innalzamento di chi è più in basso ed escluso. Aver abbandonato quella strada fondamentale, quel processo impegnativo e nobilitante, ci ha precipitato nei puri giochi di forza delle economie, delle politiche, dei gruppi, delle lobby dove i pochi sono sempre più in crescita e i molti sempre più nel precipizio.
Hanno ragione gli studiosi che non vedono più nell’Italia odierna il paese delineato dalla propria Costituzione. Il guaio è che molti si gloriano di essersi discostati e di aver accantonato il “vecchio” processo costituzionale. Purtroppo, godono anche del consenso popolare. Vuol dire allora che il popolo dei costituenti era un popolo “altro” rispetto al popolo che noi rappresentiamo.☺
Il processo di redazione della costituzione mise in luce alcuni tratti che rivelano lo spirito, i propositi e la volontà che animavano i padri costituenti capaci di generare un processo storico sociale totalmente nuovo rispetto alla tragica esperienza del fascismo da cui provenivano.
Sobrietà di tempo e di costi
Il 2 giugno del 1946 furono eletti, con votazione realmente popolare ed universale, (per la prima volta votavano anche le donne a 85 anni dall’unità d’Italia) i 556 membri della Assemblea Costituente. Si riunirono per la prima volta il 25 giugno del 1946 e il 1° gennaio del 1948 (un anno e mezzo dopo) entrava in vigore la nuova Costituzione Italiana. Qualche settimana prima, il 22 dicembre del 1947 era avvenuta l’ultima votazione generale: presenti e votanti 515 (12 erano deceduti nel frattempo, alcuni si erano dimessi), maggioranza 258, voti a favore 453 (87,96%), contrari 62 (12,04%): sarebbe utile ricordarsi che non furono solo i “comunisti” a votare la costituzione ma l’88% dei rappresentanti il popolo italiano. Prima del conclusione del lavoro, i costituenti, il 16 dicembre, dopo la seduta pubblica si riunirono in seduta segreta per decidere l’indennità parlamentare e quella di presenza: 45.000 lire mensili la prima, 1.500 lire la seconda per i residenti in Roma e 3.000 per quelli fuori Roma. Il mensile di un operaio era di circa 20.000 mensili (44,44%), quello di un impiegato di circa 30.000 mensili (66,66%). La Domenica del Corriere costava 12 lire, un giornale 10, un kg di zucchero 300 e uno di carne 2.000. Un costituente, in un mese, avrebbe potuto acquistare 22,5 kg di carne, un impiegato 15, un operaio 10.
Progetto nuovo ed impegnativo ma doveroso
È soprattutto l’intento dei costituenti ad illuminare la loro opera. La Costituzione promulgata sarà non solo un codice di diritti ma anche di doveri; allo stesso tempo un patto sociale, un patto di convivenza tra uomini liberi di una ritrovata libertà, diversi ma tutti egualmente liberi.
Il fatto nuovo, il nucleo centrale della Costituzione è una specie di scommessa: tenere insieme libertà e uguaglianza con un sistema di regole fondamentali condivise da tutti, con un progetto di Stato vissuto non come espressione di rapporti di forza o degli interessi di qualcuno, ma come garante dei diritti di tutti. Un modello da custodire di fronte alla tentazione, oggi serpeggiante, per cui status e libertà dei cittadini, fino agli immigrati, tornino a dipendere non dalle regole uguali per tutti ma dai rapporti di forza. Si volle invece un vero patto sociale tra uomini tutti ugualmente liberi ma diversi e scritto da uomini e donne che la pensavano in modo assai diverso tra loro.
Nella Costituzione ci sono le «libertà di» di tradizione liberale: libertà di pensiero, di parola di riunione, di associazione, di manifestazione, tutti diritti che il fascismo aveva negato. Ma ci sono anche le «libertà da»: dalla povertà e dall’indigenza, dalla malattia, con i relativi diritti al lavoro e all’assistenza economica, all’istruzione, all’assistenza sanitaria; diritti provenienti dalle tradizioni cattoliche e socialiste. La fusione di queste due libertà «di» e «da» concretizza la «libertà dei moderni», una libertà nuova. La Costituzione le sancisce e si propone di intrecciarle indissolubilmente: ecco la scommessa che emerge dall’art 3 della carta: la libertà formale «Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza discriminazione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali» ma anche la uguaglianza sostanziale da raggiungere «E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Visto da quei giorni del ‘46/48 il traguardo era molto lontano e ancor più difficile appariva la strada per arrivarci, ma resta ancora decisiva la precisa indicazione del percorso da compiere.
L’oggi inquietante
Se il processo costituente portò ad immaginare un tale orizzonte di dignità per il cittadino italiano, il processo costituzionale dello Stato da allora ad oggi non può derogare da tale percorso che riconosca le libertà uguali, per dignità innata, e metta in moto un procedere politico, economico e sociale di inclusione e di innalzamento di chi è più in basso ed escluso. Aver abbandonato quella strada fondamentale, quel processo impegnativo e nobilitante, ci ha precipitato nei puri giochi di forza delle economie, delle politiche, dei gruppi, delle lobby dove i pochi sono sempre più in crescita e i molti sempre più nel precipizio.
Hanno ragione gli studiosi che non vedono più nell’Italia odierna il paese delineato dalla propria Costituzione. Il guaio è che molti si gloriano di essersi discostati e di aver accantonato il “vecchio” processo costituzionale. Purtroppo, godono anche del consenso popolare. Vuol dire allora che il popolo dei costituenti era un popolo “altro” rispetto al popolo che noi rappresentiamo.☺
Il processo di redazione della costituzione mise in luce alcuni tratti che rivelano lo spirito, i propositi e la volontà che animavano i padri costituenti capaci di generare un processo storico sociale totalmente nuovo rispetto alla tragica esperienza del fascismo da cui provenivano.
Sobrietà di tempo e di costi
Il 2 giugno del 1946 furono eletti, con votazione realmente popolare ed universale, (per la prima volta votavano anche le donne a 85 anni dall’unità d’Italia) i 556 membri della Assemblea Costituente. Si riunirono per la prima volta il 25 giugno del 1946 e il 1° gennaio del 1948 (un anno e mezzo dopo) entrava in vigore la nuova Costituzione Italiana. Qualche settimana prima, il 22 dicembre del 1947 era avvenuta l’ultima votazione generale: presenti e votanti 515 (12 erano deceduti nel frattempo, alcuni si erano dimessi), maggioranza 258, voti a favore 453 (87,96%), contrari 62 (12,04%): sarebbe utile ricordarsi che non furono solo i “comunisti” a votare la costituzione ma l’88% dei rappresentanti il popolo italiano. Prima del conclusione del lavoro, i costituenti, il 16 dicembre, dopo la seduta pubblica si riunirono in seduta segreta per decidere l’indennità parlamentare e quella di presenza: 45.000 lire mensili la prima, 1.500 lire la seconda per i residenti in Roma e 3.000 per quelli fuori Roma. Il mensile di un operaio era di circa 20.000 mensili (44,44%), quello di un impiegato di circa 30.000 mensili (66,66%). La Domenica del Corriere costava 12 lire, un giornale 10, un kg di zucchero 300 e uno di carne 2.000. Un costituente, in un mese, avrebbe potuto acquistare 22,5 kg di carne, un impiegato 15, un operaio 10.
Progetto nuovo ed impegnativo ma doveroso
È soprattutto l’intento dei costituenti ad illuminare la loro opera. La Costituzione promulgata sarà non solo un codice di diritti ma anche di doveri; allo stesso tempo un patto sociale, un patto di convivenza tra uomini liberi di una ritrovata libertà, diversi ma tutti egualmente liberi.
Il fatto nuovo, il nucleo centrale della Costituzione è una specie di scommessa: tenere insieme libertà e uguaglianza con un sistema di regole fondamentali condivise da tutti, con un progetto di Stato vissuto non come espressione di rapporti di forza o degli interessi di qualcuno, ma come garante dei diritti di tutti. Un modello da custodire di fronte alla tentazione, oggi serpeggiante, per cui status e libertà dei cittadini, fino agli immigrati, tornino a dipendere non dalle regole uguali per tutti ma dai rapporti di forza. Si volle invece un vero patto sociale tra uomini tutti ugualmente liberi ma diversi e scritto da uomini e donne che la pensavano in modo assai diverso tra loro.
Nella Costituzione ci sono le «libertà di» di tradizione liberale: libertà di pensiero, di parola di riunione, di associazione, di manifestazione, tutti diritti che il fascismo aveva negato. Ma ci sono anche le «libertà da»: dalla povertà e dall’indigenza, dalla malattia, con i relativi diritti al lavoro e all’assistenza economica, all’istruzione, all’assistenza sanitaria; diritti provenienti dalle tradizioni cattoliche e socialiste. La fusione di queste due libertà «di» e «da» concretizza la «libertà dei moderni», una libertà nuova. La Costituzione le sancisce e si propone di intrecciarle indissolubilmente: ecco la scommessa che emerge dall’art 3 della carta: la libertà formale «Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza discriminazione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali» ma anche la uguaglianza sostanziale da raggiungere «E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Visto da quei giorni del ‘46/48 il traguardo era molto lontano e ancor più difficile appariva la strada per arrivarci, ma resta ancora decisiva la precisa indicazione del percorso da compiere.
L’oggi inquietante
Se il processo costituente portò ad immaginare un tale orizzonte di dignità per il cittadino italiano, il processo costituzionale dello Stato da allora ad oggi non può derogare da tale percorso che riconosca le libertà uguali, per dignità innata, e metta in moto un procedere politico, economico e sociale di inclusione e di innalzamento di chi è più in basso ed escluso. Aver abbandonato quella strada fondamentale, quel processo impegnativo e nobilitante, ci ha precipitato nei puri giochi di forza delle economie, delle politiche, dei gruppi, delle lobby dove i pochi sono sempre più in crescita e i molti sempre più nel precipizio.
Hanno ragione gli studiosi che non vedono più nell’Italia odierna il paese delineato dalla propria Costituzione. Il guaio è che molti si gloriano di essersi discostati e di aver accantonato il “vecchio” processo costituzionale. Purtroppo, godono anche del consenso popolare. Vuol dire allora che il popolo dei costituenti era un popolo “altro” rispetto al popolo che noi rappresentiamo.☺
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