Il riposo della terra
4 Settembre 2015 Share

Il riposo della terra

Leggendo la parte della bibbia che parla del giubileo (Lv 25), salta subito agli occhi il fatto che esso riguarda prima di tutto la terra e poi gli uomini. La terra, dono di Dio ad Israele, non è solo un suolo da calpestare o su cui edificare delle città, ma è innanzitutto la fonte di ciò che serve per vivere. È come una madre che nutre i figli e deve essere trattata anch’essa come una persona che ha diritto al riposo.

Prima di parlare del giubileo vero e proprio, infatti, la bibbia dice che la terra deve riposare il settimo anno: “Il settimo anno sarà come un sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore” (25,4). La terra è paragonata quasi a un essere umano, anche se i ritmi del riposo sono dilatati rispetto a quelli umani perché la terra è più longeva dell’uomo: si può leggere in filigrana l’idea ambientalista che vede la terra come un organismo vivente che ha i suoi tempi di recupero ma che può anche morire; in tal senso la bibbia porta già in sé il concetto per cui è necessario trattare la terra con cura e rispetto, concedendo ad essa anche il tempo del riposo, come all’uomo. È interessante vedere che anche in questo caso il riferimento è il riposo del Signore, che diventa fondamento vincolante del comandamento: se con il comando del sabato per l’uomo viene istituito il diritto del lavoratore, con il comando del riposo per la terra viene istituito il diritto ambientale. Il fine del comandamento, visto alla luce della questione ambientale attuale, non risiede solo nel fatto che la terra è di Dio, ma soprattutto nel fatto che la terra non può essere sfruttata ad oltranza: gli antichi sapevano bene, attraverso l’osservazione e l’esperienza, che la terra non poteva dare sempre frutto ma aveva bisogno di riposare.

Oggi, nell’era della globalizzazione, abbiamo allargato l’orizzonte e, a nostre spese, stiamo maturando la consapevolezza che il riposo, e soprattutto il rispetto della terra, non riguarda solo il contadino che coltiva il campo e consuma gli elementi nutritivi di un limitato pezzo di terra, ma l’intero globo che sta esaurendo le risorse che servono a garantire il ciclo della vita. Profeticamente il comando sul riposo sabbatico della terra porta già in sé l’etica ambientale a cui siamo vincolati anche dalla legge di Dio. Far riposare la terra significa riconoscerne la dimensione sacra di entità che partecipa della stessa dignità di Dio. La bibbia ci dice che non solo l’uomo partecipa del tempo di Dio ma la terra stessa, e quando la terra non è rispettata nella sua dimensione “divina”, allora  il suo equilibrio viene stravolto ed essa smette di essere fonte di vita. Nella legislazione seguente sul giubileo (Lv 25,8-54), la bibbia tratta parallelamente della terra sfruttata e accaparrata e degli uomini caduti in schiavitù: in entrambi i casi il cinquantesimo anno segna il ritorno alla condizione originaria: l’uomo riacquista la sua libertà; la terra torna al proprietario originario, a quel nucleo famigliare che ha avuto in dono la terra da Dio quando Israele è entrato a Canaan.

La maggioranza degli studiosi ritengono che questa legislazione non sia stata mai applicata nella realtà ma presenta la visione ideale di un gruppo che sognava una società fondata su due pilastri: la dignità dell’uomo che non può essere reso schiavo per sempre e l’equa distribuzione della terra e dei beni che hanno una destinazione universale, contro il pericolo, sempre presente nella storia umana, di un accumulo dei beni nelle mani di pochi. Il testo di Levitico 25 cerca di comporre la tensione tra utopia e realismo, riconoscendo che, anche a causa della negligenza dei singoli, si possa perdere la capacità di amministrare i beni della terra, a vantaggio di chi riesce a fare meglio; ma ciò non autorizza la divisione artificiosa della società tra chi possiede, forse perché capace (ma spesso perché scaltro o perché ladro), e chi non ha o ha perso tutto. Nei tempi lunghi, ci dice la bibbia, bisogna ristabilire l’equilibrio originario della custodia condivisa di una terra di cui Dio ha dato a ciascuno una parte da gestire in rete solidale con gli altri, cioè attraverso la costruzione di una società di eguali, regolata da una legge. L’uomo però facilmente dimentica ed è per questo che Dio, attraverso quella stessa legge, ha voluto riempire il tempo giubilare dei 50 anni (che per gli antichi era un tempo lunghissimo, vista la  durata media della vita umana) con il ritmo settennale del riposo sabbatico della terra per ricordargli di non essere padrone della terra ma ospite.

In un tempo in cui abbiamo dimenticato la naturale alternanza tra lavoro e riposo sia per l’uomo che per la terra, impoverita sempre più delle sue risorse con il ricorso a sistemi artificiali di reintegro degli elementi nutritivi e di allargamento delle aree urbanizzate e coltivate per scopi diversi dalla produzione di cibo, è facile cadere nell’illusione che tutto si possa fare, così come si ha la pretesa di manipolare gli altri attraverso la forza o l’inganno della comunicazione. La natura ci ricorda drammaticamente, tuttavia, che il comando dato da Dio nella bibbia è l’unica alternativa che abbiamo per evitare sia le catastrofi ambientali che sociali. ☺

 

 

 

 

 

 

 

 

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