“Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 22,19).
Parla di terra, del chicco di grano, di pane. Con lui ogni giorno è festa perché ama spezzare il pane con tutti, poveri e ricchi. Non si ferma dinanzi ai misteri del creato né dinanzi ai giudizi umani. Non teme la terra: la prende tra le mani facendone fango curativo per aprire gli occhi al cieco, vi affonda il dito per scriverci sopra e stornare l’ira di uomini ipocriti da una donna fragile. Non ha paura nemmeno del tempo: conosce la gioia dell’attesa. Di pane se ne intende, se viene da un piccolo borgo di nome Betlemme che vuol dire casa del pane e ama a tal punto i suoi amici da donarsi a loro come pane vivo che inaugura il tempo della misericordia e innerva la storia di comunioni profonde.
Cominciano i campi a indorarsi nelle nostre terre. Che sapore avrà il nostro pane? Il suo, fatto di sudore, lacrime e sangue, si moltiplica e profuma di dono, provoca alla condivisione. Il nostro, che è tanto ma diventa poco – sazi come siamo da gettarlo via -, non ha sapore perché è rubato al povero. Ma la mensa dei corrotti, pur se l’estate si avvicina, si fa sempre più fredda e triste. La generosità soltanto potrà restituirci il sole e il sapore del pane.
“Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 22,19).
Parla di terra, del chicco di grano, di pane. Con lui ogni giorno è festa perché ama spezzare il pane con tutti, poveri e ricchi. Non si ferma dinanzi ai misteri del creato né dinanzi ai giudizi umani. Non teme la terra: la prende tra le mani facendone fango curativo per aprire gli occhi al cieco, vi affonda il dito per scriverci sopra e stornare l’ira di uomini ipocriti da una donna fragile. Non ha paura nemmeno del tempo: conosce la gioia dell’attesa. Di pane se ne intende, se viene da un piccolo borgo di nome Betlemme che vuol dire casa del pane e ama a tal punto i suoi amici da donarsi a loro come pane vivo che inaugura il tempo della misericordia e innerva la storia di comunioni profonde.
Cominciano i campi a indorarsi nelle nostre terre. Che sapore avrà il nostro pane? Il suo, fatto di sudore, lacrime e sangue, si moltiplica e profuma di dono, provoca alla condivisione. Il nostro, che è tanto ma diventa poco – sazi come siamo da gettarlo via -, non ha sapore perché è rubato al povero. Ma la mensa dei corrotti, pur se l’estate si avvicina, si fa sempre più fredda e triste. La generosità soltanto potrà restituirci il sole e il sapore del pane.
“Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 22,19).
“Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 22,19).
Parla di terra, del chicco di grano, di pane. Con lui ogni giorno è festa perché ama spezzare il pane con tutti, poveri e ricchi. Non si ferma dinanzi ai misteri del creato né dinanzi ai giudizi umani. Non teme la terra: la prende tra le mani facendone fango curativo per aprire gli occhi al cieco, vi affonda il dito per scriverci sopra e stornare l’ira di uomini ipocriti da una donna fragile. Non ha paura nemmeno del tempo: conosce la gioia dell’attesa. Di pane se ne intende, se viene da un piccolo borgo di nome Betlemme che vuol dire casa del pane e ama a tal punto i suoi amici da donarsi a loro come pane vivo che inaugura il tempo della misericordia e innerva la storia di comunioni profonde.
Cominciano i campi a indorarsi nelle nostre terre. Che sapore avrà il nostro pane? Il suo, fatto di sudore, lacrime e sangue, si moltiplica e profuma di dono, provoca alla condivisione. Il nostro, che è tanto ma diventa poco – sazi come siamo da gettarlo via -, non ha sapore perché è rubato al povero. Ma la mensa dei corrotti, pur se l’estate si avvicina, si fa sempre più fredda e triste. La generosità soltanto potrà restituirci il sole e il sapore del pane.
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