il tempo giusto  di Michele Tartaglia
30 Dicembre 2011 Share

il tempo giusto di Michele Tartaglia

 

Per ogni cosa che c’è sotto il cielo c’è il suo tempo, dice il Qoelet nella bibbia. È proprio questo concetto di tempo, il tempo giusto, diverso dal tempo che semplicemente scorre, ad essere oggetto della riflessione di Gesù nel vangelo. Di fronte ai farisei e ai sadducei che gli chiedono un segno dal cielo perché possano riconoscerlo come profeta, Gesù afferma che essi, che si ritengono capaci di interpretare le cose, non sanno riconoscere i segni dei tempi giusti (il kairos), ma vedono solo se farà bel tempo o ci sarà tempesta (Mt 16,3). Che cosa non sanno riconoscere questi bravi interpreti della Legge? Per comprenderlo bisogna tornare all’inizio del ministero pubblico di Gesù come ci è raccontato dal vangelo di Marco: “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,14-15). Questo episodio, solo apparentemente piccolo, dice tutta la consapevolezza di ciò che Gesù inizia a fare in favore dei più poveri e disprezzati della società in cui viveva. Innanzitutto il Vangelo ci dice che Gesù non ha iniziato il suo ministero in condizioni favorevoli, non ha aspettato il tempo migliore per farsi notare, ma ha scelto un tempo critico, pieno di persecuzione e ha scelto di irrompere sulla scena proprio nella regione governata dal persecutore del Battista.

Di fronte ad una situazione di forte ingiustizia, in cui il tiranno pensa solo a rafforzare il suo potere e a far fuori gli oppositori, Gesù si pone in ascolto della sofferenza delle vittime e si impegna fattivamente per cominciare a togliere le sofferenza. Non aspetta di diventare lui stesso un potente né si trincera dietro la scusa che senza denaro o senza esercitare un potere non si può far nulla, ma parte da due cose: la grande forza che ha a disposizione, che gli viene dall’esperienza dell’incontro con Dio che ha fatto nel momento del battesimo al Giordano, e l’ascolto della parola di Dio, dove sente, attraverso la voce dei profeti, che Dio non tollera chi mette insieme la solennità dei riti con la pratica dell’ingiustizia; dove si racconta di uomini che prendono a cuore la sofferenza dei propri simili, dove come occupazione principale di chi governa viene indicata la lettura della legge di Dio con la raccomandazione di applicarla con equità. Il tempo opportuno che Gesù indica ai suoi interlocutori è innanzitutto quel tempo di cui lui stesso ha fatto esperienza, quando di fronte all’arresto di colui che lo ha attratto nel deserto per fargli sperimentare Dio come Padre, non ha pensato di tornarsene nella comodità dell’anonimato, ma si è messo all’opera per continuare e semmai portare alle estreme conseguenze ciò che il suo maestro aveva iniziato.

Il tempo giusto non è determinato da segni eclatanti, come chiedevano gli avversari di Gesù, ma dall’assumersi il compito di agire in prima persona, quando il male intorno a sé cresce a dismisura, e dal mettere in campo i propri mezzi a disposizione. Gesù non aveva mezzi economici né amici potenti, ma aveva un profondo amore per l’umanità sofferente che lo spingeva ad incontrare il volto di chi soffriva, perché emarginato, e che nell’incontro con chi gli tendeva la mano trovava la prima forma di guarigione. Molte malattie di cui parlano i vangeli e che Gesù immediatamente si preoccupa di combattere, hanno a che fare con quel disagio interiore che deriva dell’angoscia, dalla sindrome d’abbandono. Molti “indemoniati” del vangelo erano persone ferite nel cuore, che non avevano trovato, fino all’incontro con Gesù, nessuno che potesse veramente accoglierli come esseri umani e non come delle categorie da etichettare o muti perché nessuno aveva voglia di ascoltarli.

Non ci sono dei tempi più propizi di altri, non ci sono calendari che possano annunciare con certezza la fine di un mondo, ma ci sono solo persone che decidono di cambiare il loro modo di esser al mondo e solo così cambiano anche il mondo che li circonda. Noi viviamo il tempo scandito dal calendario cristiano e parliamo di anni prima e dopo Cristo; ebbene il vangelo ci dice che questo calendario non è nato da congiunture astrali o da manifestazioni spettacolari del divino, bensì dal fatto che un uomo povero di mezzi ma ricco di umanità, duemila anni fa ha deciso di non rimanere inerte di fronte a quanto vedeva accadergli attorno e proprio perché vedeva tanto male ha deciso di reagire facendo tanto bene e annunciando agli altri che questa era l’unica cosa sensata da fare per cambiare veramente le cose. Quando nonostante tutte le ingiustizie c’è qualcuno che decide di giocarsi per amore, è allora il tempo giusto, il kairos dell’avvento del Regno di Dio. Proprio questo quei bravi esperti di legge non avevano capito, incapaci ormai di capire i segni di Dio e ridotti a semplici osservatori del tempo meteorologico.☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

 

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