Il vitalizio
29 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Il vitalizio

Ai nostri giorni basta nominare il vitalizio per colorare il ragionamento di tinte fosche, è un termine odiato perché fa immediatamente raffigurare nella mente immagini di disparità sociale ed economica perché lo pensiamo applicato a beneficio esclusivo della casta. Proprio il contrario di quanto avviene nella novella di Pirandello che racconta le vicende di Zi’ Marabito e Don Michelangelo Scinè. Nella storia ambientata in Sicilia tutto si snoda intorno ad un vitalizio che alla fine risulta quasi uno strumento di rivalsa nei confronti del danaroso e potente usuraio, a favore degli umili.
Di vitalizi si parla abbondantemente non solo nei corridoi della politica, ma un po’ ovunque. Quando, spesso purtroppo, la politica non risponde alle esigenze dei cittadini molti chiosano con un acerrimo: “Ma u vitalizij zu tollene, però!”. Nel dire questo, in verità, se la prendono con chi non siede più tra le poltrone della politica perché il vitalizio, così come corrisposto in precedenza, non esiste più dal 2012, sia a livello parlamentare che nelle regioni. In entrambi i casi si può parlare semplicemente di pensioni calcolate con il sistema contributivo.
È evidente, però, che i contributi versati da chi percepisce mensilmente dieci volte di più dello stipendio di un semplice cittadino andranno a costituire una rendita di gran lunga superiore, una disparità che non riguarda solo i politici, le pensioni d’oro sono molte di più. Bisognerebbe, quindi, allargare lo sguardo e chiedere che si intervenga su tutte le rendite esageratamente alte, limitarsi alla politica è solo una parte del problema.
In Molise è stata presentata una proposta di legge da parte dei consiglieri del Movimento 5 Stelle nella quale si chiede di abolire “qualsiasi assegno vitalizio presente e futuro a favore dei consiglieri, dei familiari o eredi” con effetto retroattivo. Solo in questo modo, infatti, si potrebbe evitare che i vitalizi esistenti, quelli a favore degli ex consiglieri o dei loro eredi, continuino ad essere erogati. Una idea che era già stata paventata in passato, ma che non è mai stata applicata in quanto si tratta di incidere su diritti acquisiti. I firmatari di questa nuova proposta, ad onor del vero, hanno fatto un lungo lavoro di ricerca fra varie sentenze della Corte Costituzionale per dimostrare che se i vitalizi in essere fossero aboliti i ricorsi sarebbero inutili. Il problema, però, non è di così facile soluzione tanto è vero che in parlamento gli stessi esponenti del Movimento 5 Stelle hanno evitato di parlare dei vitalizi già riconosciuti per non incorrere nel rischio dell’incostituzionalità. Si sono limitati a presentare una proposta all’ufficio di presidenza di Camera e Senato per chiedere che venga rivisitato il sistema pensionistico dei parlamentari.
Siccome le parole sono importanti, e non devono essere strumentalizzate, cerchiamo di capire. Se la proposta tutta molisana di abolizione di qualsiasi vitalizio sottintendesse che gli eletti a cariche pubbliche non potranno percepire alcuna forma di pensione per il periodo della loro vita dedicato all’attività di tipo politico-amministrativo si aprirebbe uno scenario altrettanto inquietante. Sarebbero infatti ben pochi coloro che potrebbero permettersi di rinunciare a diversi anni di contributi versati a fini pensionistici, soprattutto in considerazione del fatto che l’ingresso nel mondo del lavoro avviene sempre più in là negli anni.
Se da una parte è evidente che i privilegi che la politica si è concessa non sono più accettabili, è anche vero che non è opportuno ridurre gli spazi per la partecipazione attiva all’impegno personale in politica, altrimenti ci si ritroverebbe ad essere governati solo da coloro che non hanno nulla da perdere e che anzi, proprio grazie alla politica, manterrebbero e arricchirebbero i loro affari.
Bisogna intervenire sulle pensioni d’oro, tutte, non solo quelle derivanti dall’ attività politica, per una questione di giustizia oltre che di equità sociale, ma senza innescare meccanismi che potrebbero ritorcersi contro la libertà personale di dedicarsi all’ organizzazione e amministrazione della cosa pubblica perché forse ne avrebbe a patire proprio il concetto di buon governo.
Un’operazione che andrebbe fatta già durante il periodo lavorativo di coloro che percepiscono emolumenti milionari, per non trovarsi poi a discutere di pensioni d’oro quando queste sono ormai già maturate.
Non è difficile capire che esiste un limite oltre il quale nessun incentivo economico può migliorare o accrescere la produttività neanche del migliore manager esistente o del politico più capace e votato (ammesso che le due cose coincidano), figuriamoci in quiescenza.

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