Immigrati e relazioni
4 Settembre 2014 Share

Immigrati e relazioni

Addentrandosi nel concetto di modernità liquida Zigmunt Bauman, il sociologo polacco autore del libro Amore Liquido, dà vita in esso ad una disquisizione sull’amore nel mondo liquido post moderno arrivando ad una critica dello stato moderno capace di mettere in crisi anche la più salda delle teorie realiste delle relazioni internazionali, indispensabile per comprendere non solo il sistema globale ma anche la società che ci circonda.

L’analisi dell’attuale sistema globale arriva ad esplorare la produzione di vite di scarto e di rifiuti umani privati di qualsiasi dignità che non possono non far pensare alla realtà molisana nella quale si è pensato di inserire un centro di accoglienza per immigrati, simbolo del fallimento del sistema di relazioni tra gli stati.

Vorrei regalarvi una sorpresa, una piacevolissima speculazione che arricchita di osservazioni personali.

L’amore non si può imparare con l’esperienza. Esso è un fenomeno sempre nuovo che richiede impegno affinché il legame di affinità che viene a crearsi tra due persone (contrapposto a quello di consanguineità) possa generare i suoi frutti. Occorre creatività affinché il legame amoroso (che deve essere proiettato verso il futuro e basarsi su una consapevolezza di dualità) sia duraturo: “In altre parole, non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo al partecipare al divenire tali cose. L’amore è simile alla trascendenza; non è che un altro nome per definire l’impulso creativo e in quanto tale è carico di rischi, dal momento che nessuno può mai sapere dove andrà a finire tutta la creazione”.

Tuttavia oggi tutto ciò avviene sempre meno e “la relazione tra due persone segue il modello dello shopping, e non chiede altro che le capacità di un consumatore medio, moderatamente esperto. Al pari di altri prodotti di consumo, è fatta per essere consumata sul posto… ed essere usata una volta sola con ogni riserva. Innanzitutto e perlopiù, la sua essenza è quella di potersene disfare senza problemi”.

Cambiare le persone come si cambiano le merci quindi, buttarle come si fa con prodotti ancora utilizzabili ma che non ci piacciono più. Sono queste le relazioni alla base del nuovo sistema globale, basate sulla mercificazione, sul consumismo, sulla chiusura e sulla paura dell’altro. Così le nostre città si chiudono e si creano nuovi ghetti, si producono rifiuti umani che vengono emarginati in quanto non riescono a far parte dello spietato sistema consumista.

Il sistema globale ha iniziato a produrre rifiuti umani con la creazione dello stato moderno basato sui concetti stato-nazione-territorio e ha cercato di tenerli alla larga attraverso il fenomeno della colonizzazione. Oggi il fallimento dello stato è evidente: persone di paesi lontani bussano alle porte dell’occidente che, incapace di inglobarle nel sistema, le stipa in non luoghi in cui si perde dignità e identità. “Il proliferare di campi profughi è un prodotto/manifestazione della globalizzazione, tanto integrale quanto il denso arcipelago di non-luoghi di passaggio in cui si muove la nuova élite di giramondo”.

Vittime del sistema: persone spinte all’esterno e persone bloccate alle frontiere. Tutto ciò è facilmente osservabile nella realtà maltese. Ben celata dietro i sovraffollati locali di Paceville dai quali donne e transessuali seminudi invitano gli “assetati” passanti ad entrare si nasconde una scarsa attenzione per l’ambiente circostante.

Case decrepite sull’orlo del crollo e strade piene di immondizia, acque inquinate dai continui viaggi in barca verso le isole minori e dai rifiuti abbandonati da turisti selvaggi, elevatissimo tasso di obesità che tra i bambini è pari al 34% e migliaia di fast food, sovraffollamento e accozzamento di abitazioni e assenza di aree verdi in cui i bambini possano giocare, piena dipendenza dalla tecnologia e scarsa volontà di approfondire la propria cultura (tanto che il governo maltese deve fornire incentivi affinché i giovani intraprendano la carriera universitaria), necessità di lavoro manuale e senso di repulsione nei confronti degli stranieri, creazione di ghetti (detention) nel pieno cuore del Mediterraneo: tutti questi sono i segnali del fallimento dello stato moderno imposto con la colonizzazione. L’indirect rule della colonizzazione inglese dell’isola di Malta è visibile: all’Inghilterra serviva la posizione strategica dell’isola e per questo non ha promosso la nascita di una cultura critica bensì il consumismo sfrenato con tutte le conseguenze del caso.

Pensiamo poi ai paesi molisani: giovani che non hanno nemmeno più la capacità di immaginare un futuro spinti alla ricerca del lavoro all’esterno, famiglie distrutte e escluse non solo dal mondo consumista ma anche da quello della sopravvivenza; immigrati in arrivo che vivranno la più atroce delle sofferenze attraverso la negazione del sé e che verranno rinchiusi nella gabbia dello stereotipo di colpevole fino a prova contraria… quanto risuonano vere le parole di Bauman?

L’umanità comune immaginata da Kant è urgente e se è vero che è difficile rispondere adeguatamente a questo bisogno, possiamo partire dal dialogo a livello locale, lasciando spazio al nostro interlocutore e disponendoci a giungere a una soluzione inaspettata. Per concludere con Bauman: “In una barzelletta irlandese un passante a cui un automobilista chiede: Da qui come si arriva a Dublino? risponde: Se volessi andare a Dublino non partirei da qui”. Cambiare punto di partenza potrebbe essere un ottimo inizio! ☺

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