inizio di cambiamento  di Michele Tartaglia
3 Dicembre 2011 Share

inizio di cambiamento di Michele Tartaglia

 

 

Quando gli evangelisti hanno raccontato la vita di Gesù, hanno genialmente preso a prestito il linguaggio della storia sacra di Israele; in tal modo, nella semplice allusione a un episodio, si può capire molto di più di quanto materialmente è scritto. Un esempio è dato dal racconto della nascita di Gesù nel vangelo di Matteo dove riecheggia la storia della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Si è detto spesso che nel racconto della strage degli innocenti (Mt 2,13-18) si trova l’eco della strage dei bambini ebrei ad opera del faraone (Es 1), per cui l’evangelista vuole mettere in parallelo la figura di Gesù che scampa alla strage, con quella di Mosè che viene affidato alle acque del Nilo e viene poi allevato dalla figlia dello stesso faraone. Sicuramente il legame tra i due racconti esiste, ma l’intenzione non è solo quella di mettere in relazione due personaggi, bensì quella di fare emergere la somiglianza delle situazioni e quindi di riaffermare la promessa di liberazione che è proclamata non solo nel racconto della nascita di Mosè ma in tutto il racconto di cui lo stesso Mosè è protagonista, cioè la storia dell’esodo dalla schiavitù dell’Egitto fino all’entrata nella terra promessa; come anche è proclamata non solo nella vicenda di Gesù ma anche oltre la sua morte nella storia della comunità che in suo nome annuncia la libertà donata da Dio. In entrambi i casi, la salvezza dei due personaggi non è fine a se stessa ma indica l’inizio di un cambiamento che però non avverrà subito, ma lontano nel tempo, quando essi saranno adulti, anzi addirittura dopo la loro morte mentre, durante la loro vita, la situazione di oppressione mantiene tutta la sua drammaticità, ben rappresentata dalla morte dei bambini, che incarnano tutte le vittime che ogni cammino verso la libertà implica.

La saggezza degli autori biblici ci dice che i cambiamenti non sono frutto di semplici affermazioni senza compromettersi, ma implicano un travaglio che non garantisce l’esito, e proprio il mancato obiettivo di Mosè e l’apparente fallimento di Gesù con la sua morte in croce, nonostante un’intera vita di formazione e la fatica dell’annuncio, ricordano a chi continua la lotta che il risultato non è scontato. I cambiamenti non sono neppure eventi improvvisi e miracolosi, ma partono da lontano e seguono percorsi carsici di educazione delle coscienze mentre la vita intorno continua nella solita affermazione del sopruso, nella messa a margine dei deboli che sono condannati a girovagare nei deserti e a vivere di stenti, nella persecuzione di coloro che portano idee nuove, fino ad essere crocifissi.

L’evangelista Matteo collegando la nascita di Gesù, con il contorno di morte innocente, a quella di Mosè, ci ricorda che la libertà offerta da Dio è sempre solo promessa ma per essere realtà dovrà attraversare il silenzio degli anni di Nazaret e il grido inascoltato della voce del Battista, l’annuncio sofferto di Gesù e la sua fine ingloriosa sulla croce, per ricominciare a camminare sulle gambe di uomini increduli sorpresi dalle farneticazioni di alcune donne che in un triste mattino andavano a rendere omaggio a un cadavere; e forse questa speranza sta ancora faticosamente tentando di resistere visto che nel mondo sempre più innocenti sono immolati sull’altare del potere e del profitto, anche quando a parole si richiamano i valori del vangelo. Tuttavia questa speranza c’è perché, al di là delle vittime, ogni tanto qualche sognatore o profeta scampa e continua a tenere accesa la piccola fiamma dell’utopia. Ai tempi di Gesù altri “evange- listi” annunciavano la pace e il benessere universale legati alla nascita di Augusto, ma erano solo modi per continuare ad opprimere con la retorica politica.

Tra i due vangeli, tra la promessa del cambiamento legato al semplice avvicendamento di un personaggio, e quella di un cambio radicale legato alla trasformazione del cuore o, per dirla con un linguaggio laico, al cambiamento delle coscienze, la bibbia ci invita a scegliere il secondo; non a caso Mosè non ha fatto mai il re e Gesù è scappato quando hanno tentato di incoronarlo. Forti dell’esperienza di un’uccisione da cui a stento erano sfuggiti, perpetrata da chi era disposto a tutto per conservare il potere, hanno compreso che la vera libertà non significa spodestare il despota per prenderne poi il posto, ma lottare per una comunità di uguali, dove non c’è chi comanda sull’altro, ma il prendersi cura reciproco, dove l’essere il primo significa servire. ☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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