insieme per costruire
30 Maggio 2011 Share

insieme per costruire

 

“So che abbiamo appena iniziato ad apprendere che gli uomini possono davvero imparare solo se vogliono ricercare e sanno ricercare insieme”. Il pensiero di Danilo Dolci, grande testimone dell’azione nonviolenta, orientata all’im- pegno sociale a sostegno dei più deboli, ci può essere di stimolo nel rilanciare un cammino di proposte che non si arenano davanti ad eventi che turbano la storia dei nostri giorni come è sempre accaduto anche in passato. Triestino di nascita, scende in Sicilia per costruire insieme a bambini, maestri, famiglie e contadini una società aperta ad un futuro diverso. Erano gli anni ’50-’60 ed ebbe modo così di scoprire i mali di una regione dal passato di grande rilievo culturale e politico. E non si arrese neppure di fronte alla scoperta del fenomeno mafia! Un modello che occorre rilanciare oggi, di fronte a politiche di stampo leghista, chiuse al rapporto con gli stranieri al punto da organizzare rastrellamenti per respingerli nel paese di provenienza.

Esordire con esempi di tal fatta può e deve incoraggiare chiunque ha volontà di intraprendere sentieri nuovi di fronte al diffondersi di una cultura malata di rancore e di un vezzo quotidiano di confliggere ad ogni costo e da qualsiasi postazione.

Per questo riprendiamo un discorso che sulla Fonte ha trovato già ampi spazi di accoglienza.

Forse non è male che in un clima elettorale, che ci vede coinvolti fino all’autunno, ci si ponga in atteggiamento di lettura accorta e di posizione equilibrata e consapevole in momenti in cui i rischi in cui si incorre sono sostanzialmente due: inebriarsi  nel frastuono elettorale… o  ricorrere alla soluzione di astenersi dal partecipare.

Qualcuno, utilizzando una categoria gramsciana, ha contrassegnato la storia italiana del momento che stiamo attraversando e all’aria che si respira sul territorio con questo giudizio: “l’egemonia culturale, oggi, è detenuta dalla comunità del rancore”.

È una opinione diffusa tra esperti sul tema “comunità” e trova ampie testimonianze quotidiane a conferma dell’ana- lisi citata. I più “insigni” testimoni del rancore diffuso sono i politici che infestano le trasmissioni televisive e, giorno dopo giorno, forniscono al popolo italiano, e penso in particolare alle giovani generazioni, modelli inauditi di indisciplina nel parlare che nulla ha a che vedere con la politica  intesa come spazio assegnato alla individuazione e al perseguimento del bene comune.

Salta fuori ormai la conferma che il territorio è orfano di politica, in quanto su di esso ricade il pessimo frutto di un conflitto tra le parti alle prese con questioni che riguardano soprattutto la salvaguardia di interessi di casta, per cui molti territori ristretti o frammentati rischiano la desertificazione. Tale esito è ancor più accentuato dal fenomeno della globalizzazione che  ha fatto chiudere piccole aziende e attività lavorative in molti settori. E i giovani soprattutto ne pagano i prezzi più alti.

Riprendere il sentiero della proposta, anche in terra molisana!

Ci incoraggia un tratto della costituzione italiana di cui poco si parla e che non sta molto a cuore della politica: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Così si pronuncia l’art. 118 della Costituzione che ciascun cittadino deve difendere e applicare nell’interloquire con i politici, non solo, ma anche nell’assumersi le responsabilità di operare per cambiare il clima di dissidio diffuso che ci circonda. Occorre allora costituirsi come agenti civili che ripongano il territorio al centro della politica e recuperino la dimensione di attivismo sociale contro la malattia diffusa della delega o, peggio, della rassegnazione all’esistente.

La questione riguarda anche tutto il mondo dell’associazionismo di terzo settore che da tanti esperti è ritenuto spazio di fermento per rilanciare una cultura del dialogo e della reciprocità emarginata da pessimi esempi maturati all’interno di comuni e territori infestati dalle teorie malsane della Lega.

Una politica che sale dal basso può giovare a chi governa e a chi è governato. Occorre rilanciare la cultura del dialogo che può unire anche soggetti dalle opinioni diverse su molti aspetti che non impediscono, comunque, l’incontro sulle sfide che riguardano il bene comune. Riscopriamo i luoghi per coglierne le risorse e i bisogni emergenti e su di essi rilanciamo la ricerca, l’intraprendenza, la cooperazione estesa a soggetti singoli e gruppi che si fanno carico di tradurre in azione quel passo della Costituzione che rilancia il principio, spesso occultato, che assegna la sovranità al popolo. Ed è contenuto nel primo articolo della Costituzione. ☺

 le.leone@tiscali.it

 

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