Integrazione ed esodo dall’ucraina
11 Maggio 2022
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Integrazione ed esodo dall’ucraina

Sono più di quattro milioni, oggi, gli ucraini fuggiti negli Stati confinanti e che continueranno a fuggire anche verso altri Stati. Trattasi di un flusso migratorio numericamente molto più consistente di quello proveniente dalla Siria, Afghanistan e Iraq dopo il 2015 che ha gravato pesantemente sulla politica migratoria europea. L’Europa, diversamente da allora, ha risposto in modo unitario e solidale. Il Consiglio d’Europa ha sancito, all’unanimità, la protezione temporanea ‘automatica’ (fino a tre anni) dante diritto al soggiorno immediato e collettivo e garantente una serie di diritti validi in tutta la Comunità: accesso al mercato del lavoro, all’istruzione per i minori, ad alloggi, all’assistenza medica. Solo i diritti potranno indirizzare i profughi verso un percorso integrativo o verso il ritorno in Ucraina. Consistenti sono state anche assistenza e solidarietà da parte dei cittadini europei. Si veda l’accoglienza nelle case di migliaia di famiglie, anche in paesi sempre ostili all’accoglienza dei rifugiati o che hanno eretto fili spinati.

L’accoglienza ha ragioni umanitarie ma è anche un percorso esigente investimenti iniziali, ripagabili solo nel tempo sia con integrazioni dei rifugiati sia con esternalità positive nel contesto socio-economico in cui costoro si sono inseriti. Cruciale è, perciò, la sua gestione. Trattasi di un investimento di ‘capitale umano’ e il peso dei suoi benefici sarà fissato dalla qualità dell’investimento iniziale. Carente è nell’UE una gestione comune di lungo termine delle politiche di asilo e di accoglienza, anche per l’ostilità di alcuni Stati/governi. La crisi può essere un’ opportunità.

La Commissione europea ha varato un piano di dieci punti rafforzante il sistema di accoglienza dotato di fondi europei (17 miliardi da assegnare ai Paesi ospitanti), di incentivi per il ricollocamento volontario e di un contributo diretto ai rifugiati. Prevede, poi, un sistema comune di registrazione delle richieste di protezione temporanea, una mappatura comune dell’accoglienza e la creazione di un indice misurante il grado di dispersione nei territori dei rifugiati (numero di rifugiati accolti in ogni Paese). È attrezzato per contrastare il traffico di esseri umani. L’esodo in massa, soprattutto di donne e di bambini, può, infatti, favorire infiltrazioni della criminalità organizzata. È un piano europeo di coordinamento dell’accoglienza che, forse, può vincere alcune ‘barriere culturali’ presenti in passato e non superate. Mostra che l’ accoglienza è politicamente e materialmente possibile in tutta l’Europa.

Cambiamenti nel sistema di accoglienza si sono avuti anche in Italia in cui una visione ostinatamente miope su ciò che stava accadendo ha portato per anni a ridurre le risorse e a limitare i diritti legati alla protezione umanitaria. Sono aumentati i posti del sistema SAI (Sistema assistenza integrata incentrato sull’accoglienza pubblica diffusa e il coinvolgimento diretto degli Enti locali e attento all’inclusione socio-economica). Le procedure per l’affidamento sia dei SAI sia dei contratti per i CAS (centri accoglienza straordinari) sono più snelle. Saranno allocati fino a 15mila posti tramite affidamento diretto al terzo settore. È aumentato il contributo per rifugiato (33 euro al giorno) dopo i tagli del passato per chi viene accolto nel SAI o CAS e 300 euro al mese per chi trova una sistemazione autonoma. Punti critici sono ancora presenti: eterogeneità dei richiedenti asilo, degli operatori dell’accoglienza e del territorio. Accoglienza e qualità del percorso di integrazione devono essere uguali per tutti i richiedenti asilo e i rifugiati. Non succede quando si privilegia solo gli ucraini e non gli stranieri presenti in Ucraina o gli ucraini residenti in Italia prima del 24 febbraio. I princìpi fondanti la politica di dispersione nel territorio, il rafforzamento dei diritti e la sottrazione dei rifugiati alla criminalità organizzata e allo sfruttamento vanno applicati a tutti i richiedenti asilo fuggenti da ogni guerra e da situazioni di rischio. Gli operatori dei servizi di accoglienza devono essere qualificati e presenti negli stessi in modo stabile e omogeneo nel Paese se si vuole garantire un percorso di integrazione efficace. Vanno considerate le differenze territoriali e la capacità di integrazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo che alcuni contesti locali, più di altri, possono offrire. Ciò richiede una condivisione delle risorse dell’accoglienza anche con la popolazione locale e la valorizzazione dei servizi preposti come opportunità a disposizione dei territori.☺

 

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