la costituzione negata
20 Febbraio 2010 Share

la costituzione negata

In questi anni la scarsità delle risorse finanziarie ha indebolito in modo strutturale la capacità di salvaguardare la dignità della persona nell’arco dell’intera vita.

La stessa debolezza delle politiche socio-sanitarie pone in rilievo un Paese incapace di garantire i dettami costituzionali: la nostra democrazia non può, infatti, dirsi compiuta ed attenta alla vita, quando solo il 3,8% della spesa sociale è destinato alla famiglia, contro una media europea dell'8,2%; quando vi sono oltre 4 milioni di lavoratori che percepiscono un reddito che non supera i 700 euro mensili; quando la povertà colpisce il 35% delle famiglie del Sud a fronte del 23% del Molise; quando in Italia vi sono oltre 2 milioni di persone non autosufficienti, di cui solo l'1% di coloro che superano i 65 anni viene assistito nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) dal nostro Sistema Sanitario Nazionale, mentre nei paesi del nord Europa l'assistenza domiciliare raggiunge e supera il 20%. Ogni anziano dovrebbe poter contare su una diffusa rete di RSA: solo in tal modo è possibile contrastare il fenomeno dell’ospe- dalizzazione impropria. In mancanza di una riorganizzazione complessiva del sistema sanitario, sarà impossibile costruire poli di eccellenza ed abbattere nel contempo un debito  che tende a far lievitare i costi dell’intero comparto.

Più in generale il bilancio regionale 2010 presenta tagli consistenti e preoccupanti: nell’Area Welfare alla voce “Famiglia, politiche sociali, lavoro, formazione” sono destinate risorse pari a 1.600.0000 (0,8% del bilancio) a fronte di 6.873.500 euro (3,3% del bilancio).

La lista delle carenze sociali, sanitarie ed assistenziali consumate all’interno della nostra Nazione potrebbe continuare, per chiarire a ciascuno di noi che la tutela della vita non rappresenta un atto limitato nel tempo, ma implica un riconoscimento che travalica la nascita, per proiettarsi lungo l’intero corso dell’esistenza.

Come se non bastasse, in Italia si tende a far apparire l’anziano sempre come un costo e mai come una ricchezza. In realtà l’anziano è innanzitutto un cittadino, e come tutti i cittadini ha dei diritti costituzionali; inoltre rappresenta una grande risorsa economica in quanto, molto spesso, sopperisce ai deficit dello stato sociale: si pensi solo al tempo dedicato alla cura dei nipoti per la carenza degli asili nido; oppure all’impegno profuso nel volontariato nelle sue diverse articolazioni. Per l’insieme di questi motivi, una società che si definisce civile, non può presentare l’anziano come un peso: un cittadino per il quale, nel momento del bisogno, non ci sono più risorse. Troppo spesso i bilanci degli enti locali registrano tagli tesi a colpire le fasce più deboli della popolazione, mentre i Piani Sociali di Zona non riescono a rispondere compiutamente ai bisogni presenti nei comuni. Tale fenomeno si ripropone con maggior forza nel corso delle crisi economico-finanziarie: un processo che pesa enormemente su quanti, avendo un basso reddito, non riescono a compensare, con risorse proprie, la limitata offerta di servizi. In realtà dovremmo ricordare a tutti noi che l’insieme dei cittadini, lavoratori e pensionati in primis, rappresentano i principali azionisti dello stato sociale.

Nessun uomo e nessuna donna dovrebbe presentarsi con il cappello in mano di fronte ai rappresentanti delle istituzioni, poiché i diritti, relativi all’assistenza socio-sanitaria, sono garantiti dallo stesso Art. 32 della nostra Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. D’altra parte lo stesso Piero Calamandrei, in un intervento rivolto agli studenti il 26 gennaio del 1955, ci ricorda che la libertà dal bisogno, diviene l’obiettivo fondamentale del nostro ordinamento democratico: “Perché quando l’art. 3 vi dice: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana» riconosce con questo che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. (…) È una Costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche e dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anch’essa contribuire al progresso della società.(…) Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, (…)La Costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. È la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo”.  ☺

a.miccoli@cgilmolise.it

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