La Cura e il Materno – Posta
23 Giugno 2016
La Fonte (351 articles)
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La Cura e il Materno – Posta

Si è soliti considerare la cura come una caratteristica materna, del materno in quanto categoria ampia che contiene elementi quali il calore, la presa in carico, l’empatia, la comprensione. Anche la cura in contesto residenziale è certamente condizionata da istanze di natura materna; una prima considerazione si fa però strada: la serie di aspetti collegati al materno non si può – ovviamente – risolvere nella figura femminile, la quale riassumerebbe in sé gli elementi essenziali di una “madre sufficientemente buona”. La sessuazione – come ci insegna molta della più interessante riflessione sul tema non è questione biologica, o non lo è esclusivamente ed in maniera decisiva.

Allo stesso modo, la trama simbolica e immaginaria che sostiene la rappresentazione materna all’interno di un rapporto di cura non è sempre incarnata da una donna; di più, è possibile affermare con buona certezza che è la relazione stessa a creare configurazioni diverse, a causa delle quali il ruolo di istanza materna viene assunto da soggetti differenti (non è sempre una donna dalle caratteristiche oggettivamente materne a essere madre in una relazione terapeutica). Senza chiamare in causa la risonanza dei fantasmi soggettivi nel quadro di una dinamica terapeutica, possiamo più semplicemente affermare che ogni evento in una comunità terapeutica o all’interno di un luogo veramente terapeutico è tale proprio perché differente e individuale, difficilmente ripetibile. Questo rappresenta la struttura portante del lavoro di cura: il corpo a corpo con la cifra indissolubile di cui ciascuna soggettività è portatrice, cifra sempre sfuggente rispetto alle griglie di comprensione delle presunte scienze esatte.

Il mio contribuito di questo mese muove dalla interrogazione intorno alla cura in contesto residenziale ed alle sue caratteristiche di maternage; tenterò di descrivere nel prossimo contributo una riflessione circa le ambiguità e le contraddizioni che possono affiorare quando il tentativo di cura viene eccessivamente appiattito sulla dimensione della presa in carico materna, e sui rischi che un tale approccio comporta.

alessandroprezioso2@libero.it

 

il saluto ad un amico

Oggi è un giorno triste per i ragazzi della Comunità perché hanno perso un caro amico, e anche per gli operatori della struttura. Il racconto della sua vita: ha trovato un duro ostacolo, difficile da superare. Per noi era un ragazzo affettuoso, sempre il primo a fare tante cose come giocare a pallone, andare a cantare la pasquetta, la partecipazione al teatro, e anche con la gente del paese aveva un buon rapporto.

Lui non aveva un buon rapporto con la salute, infatti la sua vita era spesso in un letto nella stanza di un ospedale, dove non poteva giocare, avere il sorriso di un ragazzo giovane e forte. Il nostro ricordo più grande è di quando andavamo al mare a giocare a bocce e nuotare nell’acqua. Come addio per questo amico faremo una preghiera comunitaria: per ricordarlo e per dirgli che sarà sempre nei nostri cuori.

Nicola Spadaccini

 

Last Kiss

In questo articolo vorrei proporre ai lettori, ed in particolar modo agli appassionati di musica, quello che personalmente trovo nel testo di una canzone bellissima dei Pearl Jam. Questo testo parla di un ragazzo e una ragazza che una sera escono in macchina, del tremendo incidente che separerà le loro vite e del fatto che esiste un mondo migliore dove solo dopo la morte si può arrivare e dove due persone buone, che sulla terra si sono amate, potranno stare insieme per l’eternità. Dopo essere usciti in macchina, la coppia di ragazzi incontra un’altra auto in panne lungo il ciglio della strada; non riuscendo a fermare subito il mezzo lui sterza a destra. Il testo recita: “Si sentivano ruote che stridevano e vetri a pezzi/ Seguiti da un urlo di dolore”. A questo punto della canzone il gruppo ripropone il ritornello iniziale in cui il ragazzo dice “dov’è la mia bambina”, che il Signore gliel’ha portata via, che dovrà comportarsi bene per poterla rivedere dopo la sua morte, in Paradiso.

Al risveglio del ragazzo piove e c’è gente intorno; lui ha la sensazione che qualcosa di caldo esca dai suoi occhi. Trovando la ragazza, dopo averle sollevato la testa lei le chiede “abbracciami amore, solo per un po’”. Lui la stringe e le dà un bacio, l’ultimo che si scambiano (da cui il titolo del brano Last Kiss, l’ultimo bacio), ma la vita della ragazza è ormai perduta, anche se il ragazzo continua a stringerla forte.

Il testo della canzone si conclude con il bellissimo ritornello: “Oh dove sarà mai, dov’è la mia bambina/ il Signore me l’ ha portata via/ se n’è andata in Paradiso/ perciò devo essere buono/ così potrò rivederla/ quando lascerò questo mondo”.

Io sono d’accordo che esista un altro mondo oltre a quello materiale in cui viviamo, e che non è detto che qualcosa di pessimo dovrà separare per sempre le persone che si amano e che sono buone, perché in Paradiso c’è posto anche per loro. Ho scritto questo articolo sperando di suscitare negli appassionati di musica come me le stesse emozioni che la lettura del testo dei Pearl Jam ha evocato in me.

Ariano Greco

 

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