la fraternità smarrita  di Silvio Malic
30 Ottobre 2013 Share

la fraternità smarrita di Silvio Malic

 

Narrano le cronache della rivoluzione francese che nell’Assemblea costituente di Versailles, dopo aver votato l’abolizione del regime feudale, un certo numero di rappresentati aveva suggerito una specie di carta dell’umanità che avrebbe dovuto precedere e differenziarsi dalla Costituzione propriamente detta. Le costituzioni, infatti, derivavano dal diritto positivo, dalle condizioni storiche e dalle diverse tradizioni nazionali. Potevano cambiare nel tempo ed essere riviste. Si impose l’idea che la costituzione andava preceduta da una premessa che affermasse i diritti naturali dell’uomo; quelli che valgono per tutti gli uomini e per tutte le generazioni. Tutto doveva dipendere da questa legge suprema.

Gli americani, nel 1776, avevano già dato l’esempio. Proprio un ex combattente della loro guerra di liberazione, La Fayette, l’11 luglio fu il primo a sollevare la proposta di una dichiarazione solenne. L’abate Sieyés, chiamato a fare sintesi delle diverse proposte di costituzione già presentate, aveva pubblicato un opuscolo  dal titolo Premesse alla Costituzione. Fu così che i milleduecento delegati dell’assemblea, dopo aver messo ai voti i progetti concorrenti presentati, scelsero un testo anonimo del sesto ufficio composto di 24 articoli. La discussione si protrasse dal 20 agosto 1879 al 26 successivo quando fu approvato l’articolo 17, l’ultimo, di quelli che furono chiamati diritti immortali. L’abate Seyés ne aveva proposto un altro specifico sul diritto al lavoro, che i costituenti non approvarono; fu introdotto nella costituzione del 1848.

Prima di costituire il nuovo Stato, si erano voluti enunciare i diritti naturali che debbono esserne il fondamento e lo scopo. Questi articoli che hanno fatto il giro del mondo hanno contribuito al prestigio della Francia più di tutte le cannonate dei suoi eserciti. Gli eventi precipiteranno per cui ciò che nasceva dal primo dibattito democratico e costituente, sarà travolto dalla spaccatura violenta tra destra e sinistra, dalla radicalizzazione delle posizioni, dalla violenza delle fazioni, dalla giustizia sommaria. Tutto in modo rapido, precipitoso e sconvolgente racchiuso nelle date 5 maggio 1879, inaugurazione degli Stati generali  e 27 luglio 1794, Robespierre e i suoi amici vengono ghigliottinati. Comunque l’eredità del 1789 ha travalicato la Francia ed è divenuta comune patrimonio. Mentre un tempo la rivoluzione apparteneva alla sinistra e la destra era anti-repubblicana e contro-rivoluzionaria, oggi l’una e l’altra si richiamano ai diritti dell’uomo dentro una sistemazione costituzionale delle democrazie e  dei diritti.  Se “libertà, uguaglianza e fraternità” saranno lo slogan e l’attesa comune del processo rivoluzionario, nella dichiarazione dei diritti è tematizzata l’uguaglianza e la libertà, ma non la fraternità.

Farà la sua timida e prima apparizione, nell’art. 1 della Dichiarazione dei diritti formulata del’ONU il 10 dicembre 1948: “Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. La fratellanza riconosciuta nella dichiarazione dei diritti è iscritta però come compito, come dovere da assolvere. Dovere imposto da chi? Semplicemente assunto come compito fondamentale nello statuto precedente dell’ONU del 26 giugno 1945: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra… a riaffermare la fede nei fondamentali diritti dell’uomo… a istituire condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi possano essere mantenuti… a promuovere il progresso sociale e più elevati tenori di vita in una più ampia libertà… a unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale… ad assicurare, mediante l’accettazione dei principi e l’istituzione di metodi, che le forze armate non saranno usate, se non nel comune interesse, ecc.”. L’incipit della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, come quello dei due Patti successivi sui diritti economici sociali e culturali e sui diritti civili e politici, (1966) afferma in preambolo: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. I patti premettono il soggetto responsabile: “Gli Stati parte del presente Patto, considerato che…” ed aggiungono immediatamente dopo: “Ricono- sciuto che questi diritti derivano dalla dignità inerente alla persona umana”.

Emergono nuovi soggetti a cui poca rilevanza abbiamo dato: “Noi popoli” e “tutti i membri della famiglia umana”. Rimosse queste premesse culturali e spirituali dai progetti delle persone, degli Stati, della politica, dell’economia, degli affari, ne risulta lo squallore dei tempi presenti, dall’ultimo  trentennio del secolo scorso ad oggi. In sessant’anni abbiamo rovesciato ogni prospettiva umanizzante e liberante.

Termino con un breve racconto tratto da La morte del prossimo di Luigi Zoja (p.7). “Negli anni Sessanta e Settanta prendevo ogni settimana il treno Zurigo-Milano. I Gastarbaiter (lavoratori) italiani che lo affollavano, e proseguivano  verso Napoli o Lecce, avevano scatoloni e valigie fissati con lo spago. Per loro il prossimo era una presenza scontata. Prima del Gottardo estraevano un cartoccio. Facevano girare pane e salame per lo scompartimento, versando vino scuro. ‘Vuole favorire?’ diceva il capofamiglia, timidamente perché avevo in mano un libro. Proprio come nell’Odissea (III,69, IV,60, V 95) per prima cosa si offre da mangiare. Solo quando l’ospite è sazio si possono fare domande. Non diversamente per Mosé ed Aronne e gli anziani, sapere e sapore avevano ancora la radice comune: così, salirono al monte ‘videro Iddio, e mangiarono e bevve- ro’ (Esodo 24, 11). Niente di tutto questo accadeva negli scompartimenti che si fermavano in Svizzera, e neppure in quelli che proseguivano solo fino a Milano, per non parlare della prima classe”. Nei luoghi del nostro vivere quotidiano e insieme, cosa accade? ☺

 

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