La geologia nel bicchiere
6 Luglio 2015 Share

La geologia nel bicchiere

Lo scorso 23 Aprile si è svolto a Napoli, organizzato dall’Ordine dei Geologi della Campania, il convegno “La Geologia per la Sostenibilità nel comparto Vitivinicolo”. Tra gli argomenti trattati, ha destato particolare interesse quello che trattava dell’ influenza che il terroir (termine francese privo del suo omologo nella lingua italiana) esercita sulle intrinseche caratteristiche qualitative dei prodotti vinicoli sia generalmente considerati sia singolarmente presi. Il termine include ed amalgama, infatti, sia quanto riferibile all’ambiente fisico, quale il suolo, il clima, le forme del rilievo e quant’altro, sia il complesso delle pratiche vitivinicole. Risultano, infatti, particolarmente influenti il substrato geologico, la morfologia e il suolo, cioè lo spazio sul quale si sviluppa il sapere collettivo delle interazioni tra ambiente fisico, ambiente biologico e pratiche vitivinicole che conferiscono le caratteristiche distintive ai prodotti originari, essi stessi intimamente intrisi nell’idea materiale e immateriale di paesaggio.

Al riguardo, mi preme riportare, sia pure nella sua essenzialità, quanto comunicato dal Presidente Sigea, Giuseppe Gisotti, nel Settembre 2011 a Riccia (CB), nel suo intervento in un convegno dello stesso tenore e contenuti di quello sopra citato, in quanto mette in luce il lavorìo complessivo, pressoché maniacale, condotto dai vignaioli francesi nel merito e nell’intorno di uno dei vini più noti al mondo, lo Champagne. Tale vitigno deve il suo indiscusso valore ad una lunga storia di tentativi per la soluzione di problemi, sia socio-economici, sia relativi alle componenti naturali del territorio, tuttora in corso, per l’incremento delle conoscenze, al fine di renderne migliore sia la qualità, sia la coltivazione. La zona di produzione ricade nella parte più settentrionale della Francia, al limite dell’ area di possibile coltivazione della vite, solitamente su pendii in cui inclinazione ed esposizione si saldano al fine di concretizzare le condizioni naturali più favorevoli all’ impianto definitivo, a seguire il pratico ed inconsapevole utilizzo dei principi di geografia fisica, da parte dei vignaioli dello Champagne.

Attualmente, i diversi parametri naturali che costituiscono il complesso delle conoscenze del territorio, al fine di ottenere il massimo della qualità del vino e della sua protezione, scaturiscono dall’effettuazione della zonizzazione con l’uso delle moderne tecniche cartografiche, così da migliorare anche la conoscenza delle unità di paesaggio. Il giusto pendìo per la buona esposizione, le rocce incoerenti sia quali accumulatori termici che buoni veicoli drenanti dei suoli in inverno, buon riscaldamento in primavera e una congrua alimentazione d’acqua dalla sottostante falda freatica in estate, costituiscono quelle risorse che, con le pur minime diversificazioni locali, riescono a dar vita a quella meraviglia di prodotto che tutti conosciamo.

È un lavoro, quello della zonizzazione vitivinicola, che si sta diffondendo sempre più anche nel nostro Paese, che coinvolge produzioni, sia storicamente affermate, sia meno conosciute sul teatro dell’ offerta, ma che non potrà che dare risultati di qualità e valore aggiunti sia al prodotto, in quanto tale, sia al contesto geografico ambientale che lo racchiude. Per il Molise, che solo di recente, rispetto ad altre regioni, si è affacciato sul mercato nazionale e internazionale, è particolarmente importante e urgente far tesoro di esperienze, altrove ben consolidate, per migliorare le conoscenze relative al proprio terroir, nel suo significato, quantitativo e qualitativo, più ampio e diversificato possibile.☺