la meraviglia di Carolina Mastrangelo | La Fonte TV
Nella nostra era televisiva, telematica, interplanetaria, non è facile essere scrittori per l’infanzia cioè farsi zelatori del fantastico, del poetico, del fiabesco, assuefatti come siamo allo straordinario, all’impensabile, al frenetico. E verrebbe da dire che non è facile neanche essere bambini nel senso tradizionale della parola: se infanzia vuol dire sapersi meravigliare, sembra che la facoltà della meraviglia sia soffocata nei bambini di oggi: essi hanno a portata di passi, di mani, di occhi, congegni e passatempi tanto prodigiosi da svuotare di ogni significato i deus ex machina che la fiaba allestisce per loro nella suggestione della lettura o, ancor di più, della parola narrante.
La meraviglia infantile oggi è scalzata, recisa dalle condizioni stesse in cui il bambino vive e si muove sulla terra. Oggi sul nostro globo non resta più un lembo da scoprire: l’esotico, il misterioso, il proibito, il selvaggio di cui il bambino sente un forte richiamo va cancellandosi a vista d’occhio sia per un piatto internazionalismo e interculturalismo, vagheggiato ma anche subito, sia per i sempre più sofisticati mezzi di descrizione che scandagliano e svelano paesaggi lontani, fondi sottomarini, vita segreta di animali… L’infanzia, però, rifugge dall’accontentarsi dell’imbalsamazione dei propri miti o da precisi inventari a domicilio. Essa resta vera e invidiabile fino a che qualche isola misteriosa permanga negli oceani, isola da raggiungere sulla scia di una baleniera o di un galeone spagnolo secondo la sua avventurosa psicologia.
Accanto alle fiabe tradizionali ne sono nate di nuove dove vivono ancora fate e maghi, gnomi e folletti, ma essi, nel nostro scenario terrestre che sa dare sempre meno asilo ai personaggi di un mondo incantato, incontreranno castelli abitati da re panciuti e bonaccioni, vecchine in casolari sperduti nel bosco, paggi vezzosi e principesse capricciose?
carolinamastrangelo51@gmail.com
Nella nostra era televisiva, telematica, interplanetaria, non è facile essere scrittori per l’infanzia cioè farsi zelatori del fantastico, del poetico, del fiabesco, assuefatti come siamo allo straordinario, all’impensabile, al frenetico. E verrebbe da dire che non è facile neanche essere bambini nel senso tradizionale della parola: se infanzia vuol dire sapersi meravigliare, sembra che la facoltà della meraviglia sia soffocata nei bambini di oggi: essi hanno a portata di passi, di mani, di occhi, congegni e passatempi tanto prodigiosi da svuotare di ogni significato i deus ex machina che la fiaba allestisce per loro nella suggestione della lettura o, ancor di più, della parola narrante.
La meraviglia infantile oggi è scalzata, recisa dalle condizioni stesse in cui il bambino vive e si muove sulla terra. Oggi sul nostro globo non resta più un lembo da scoprire: l’esotico, il misterioso, il proibito, il selvaggio di cui il bambino sente un forte richiamo va cancellandosi a vista d’occhio sia per un piatto internazionalismo e interculturalismo, vagheggiato ma anche subito, sia per i sempre più sofisticati mezzi di descrizione che scandagliano e svelano paesaggi lontani, fondi sottomarini, vita segreta di animali… L’infanzia, però, rifugge dall’accontentarsi dell’imbalsamazione dei propri miti o da precisi inventari a domicilio. Essa resta vera e invidiabile fino a che qualche isola misteriosa permanga negli oceani, isola da raggiungere sulla scia di una baleniera o di un galeone spagnolo secondo la sua avventurosa psicologia.
Accanto alle fiabe tradizionali ne sono nate di nuove dove vivono ancora fate e maghi, gnomi e folletti, ma essi, nel nostro scenario terrestre che sa dare sempre meno asilo ai personaggi di un mondo incantato, incontreranno castelli abitati da re panciuti e bonaccioni, vecchine in casolari sperduti nel bosco, paggi vezzosi e principesse capricciose?
Nella nostra era televisiva, telematica, interplanetaria, non è facile essere scrittori per l’infanzia cioè farsi zelatori del fantastico, del poetico, del fiabesco, assuefatti come siamo allo straordinario, all’impensabile, al frenetico. E verrebbe da dire che non è facile neanche essere bambini nel senso tradizionale della parola: se infanzia vuol dire sapersi meravigliare, sembra che la facoltà della meraviglia sia soffocata nei bambini di oggi: essi hanno a portata di passi, di mani, di occhi, congegni e passatempi tanto prodigiosi da svuotare di ogni significato i deus ex machina che la fiaba allestisce per loro nella suggestione della lettura o, ancor di più, della parola narrante.
La meraviglia infantile oggi è scalzata, recisa dalle condizioni stesse in cui il bambino vive e si muove sulla terra. Oggi sul nostro globo non resta più un lembo da scoprire: l’esotico, il misterioso, il proibito, il selvaggio di cui il bambino sente un forte richiamo va cancellandosi a vista d’occhio sia per un piatto internazionalismo e interculturalismo, vagheggiato ma anche subito, sia per i sempre più sofisticati mezzi di descrizione che scandagliano e svelano paesaggi lontani, fondi sottomarini, vita segreta di animali… L’infanzia, però, rifugge dall’accontentarsi dell’imbalsamazione dei propri miti o da precisi inventari a domicilio. Essa resta vera e invidiabile fino a che qualche isola misteriosa permanga negli oceani, isola da raggiungere sulla scia di una baleniera o di un galeone spagnolo secondo la sua avventurosa psicologia.
Accanto alle fiabe tradizionali ne sono nate di nuove dove vivono ancora fate e maghi, gnomi e folletti, ma essi, nel nostro scenario terrestre che sa dare sempre meno asilo ai personaggi di un mondo incantato, incontreranno castelli abitati da re panciuti e bonaccioni, vecchine in casolari sperduti nel bosco, paggi vezzosi e principesse capricciose?
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