La mossa del governatore
11 Febbraio 2019
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La mossa del governatore

Il presidente Toma, con il suo numero da avanspettacolo, offerto ai molisani sul palcoscenico di palazzo D’Aimmo, questa volta ci ha veramente sbalordito. Questo tipo di varietà, inventato nel secolo scorso per favorire la promozione della produzione cinematografica, offriva agli spettatori, prima della proiezione del film, un assaggio di burlesque nel quale, ballerine di fila in cerca di notorietà si esibivano nell’esercizio della cosiddetta “mossa” la quale consiste, ancora oggi, nell’ammiccante e allusivo gesto di “far- gliela vedere senza fargliela toccare”. All’inizio del nuovo anno il nostro governatore ha da prima revocato le deleghe ai suoi assessori per poi riassegnargliele a metà gennaio, senza modifiche rilevanti. Non abbiamo ancora ben compreso se i vecchi marpioni della politica, di stanza in consiglio regionale, hanno gradito il gesto e si sono accontentati solo di guardarla senza toccarla, la poltrona s’intende. La vicenda, di per sé inquietante, mostra aspetti oscuri sia sotto il profilo della trasparenza degli atti amministrativi sia per l’assenza di un percorso democratico. Ora se si fosse trattato di un semplice riequilibrio per dare maggiore funzionalità all’azione dell’esecutivo sarebbe bastata una discussione franca e leale all’interno della giunta stessa per risolvere il problema, ma considerato che ci sono voluti quindici giorni per trovare la quadra, evidentemente chi doveva convincersi della soluzione prospettata dal presidente era fuori dalla giunta e forse anche dal consiglio.

Fino ad ora abbiamo assistito solo all’avanspettacolo. Per assistere invece allo spettacolo, “alla proiezione del film”, bisogna attendere l’esito delle elezioni europee, solo allora capiremo il senso della “mossa” e potremo trovare risposte sul riequilibrio delle deleghe ovvero dei delegati. Naturalmente tutto ciò esula dai problemi che tragicamente affliggono i molisani: il PIL che scende, la disoccupazione che aumenta, la carenza o l’ inefficacia dei servizi sono argomenti di polemica politica non di programmazione amministrativa. Oggi sempre di più la politica è utile a chi la fa e non mi riferisco solo ai politici di professione ma a tutti quelli che millantano di rappresentare eserciti in movimento per negoziare con l’assessore di turno una misura particolare (fondi pubblici) inserita in uno strumento di programmazione al solo scopo di favorire amici e compari. Fatta così la programmazione finisce per essere non la realizzazione di un’idea tradotta in misure di interesse generale, ma un elenco di impegni “cambiali” atti a soddisfare le richieste dei soliti noti: una sorta di consenso negoziato.

I piani di sviluppo finanziati con fondi europei, pur contenendo titoli di pregio, spesso devono essere rinegoziati con le istituzioni europee perché appesantiti, dopo la cura di cui sopra; ovviamente tutto ciò provoca ritardi nell’erogazione dei fondi o addirittura perdita degli stessi. A tale proposito il ministro della Coesione Sociale, il 3 maggio scorso, ha inviato all’ amministrazione regionale una nota dal tono preoccupato del seguente tenore: “per evitare di incorrere nel disimpegno automatico dei fondi relativi ai programmi del ciclo 2014-2020, al 31 dicembre 2018 è fissato un livello di spesa complessiva del POR pari a 22,1 milioni di euro; al momento, il livello delle certificazioni è di 1,7 milioni appena, il 5% dell’obiettivo di spese annuale”. Il termine è ormai spirato e noi saremmo curiosi di sapere, dal presidente Toma, se la preoccupazione del ministro è divenuta certezza e se i soldi citati nella nota sono spirati insieme ai termini. Certo la programmazione 2014/2020 non ricade nella responsabilità dell’attuale governatore ma la solenne promessa di velocizzare tutti i processi amministrativi, quella sì.

Il presidente Toma nel suo programma di governo, più vicino a un dizionario che a una guida per giungere da qualche parte, ha più volte puntualizzato che l’accelerazione delle procedure amministrative, “burocrazia zero”, usa dire, sarebbe stata fondamentale per cambiare il destino di questa regione. Le cose non vanno meglio per la sanità molisana, abilmente sottratta, da Salvini e Di Maio, alle cure del presidente della regione. La norma che non consente a Toma di assumere la guida del settore, stiamo parlando dell’ottanta per cento delle risorse regionali, sembra contrastare con quelle contenute nel titolo V della Costituzione. I due vice ufficiali di picchetto, più interessati a dividersi il sud che a risolvere i problemi che affliggono la sanità molisana, avrebbero certamente potuto pensare a una norma rispettosa sia dell’autonomia regionale che degli interessi del governo nazionale. Anche in questo caso la discussione non appassiona i Molisani che chiedono semplicemente di essere curati al meglio dal sistema sanitario regionale se mai ve ne fosse uno degno di questo nome e non saranno certo i ricorsi di Toma a fornirgliene uno efficiente ed efficace.

Sembra che alle prestazioni sanitarie siano interessati tutti i molisani meno che il nostro governatore il quale continua a sparare balle promettendo di riformare il decreto Balduzzi o di riaprire gli ospedali chiusi, mentre in concreto consente che somme considerevoli destinate alla sanità vengano provvisoriamente usate per altri scopi, in un paese dove la provvisorietà coincide e si confonde con la definitività.☺

 

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