la notte finirà
3 Luglio 2011 Share

la notte finirà

 

Da una pubblicazione del Touring Club Italiano di dodici anni fa riporto un giudizio, che è anche un monito, tuttora calzante, di Indro Montanelli. “Noi italiani, in questo secolo (il ventesimo), abbiamo commesso alcuni degli sbagli (perdonabili) dei poveri, seguiti dai peccati (irritanti) dei nuovi ricchi. Abbiamo demolito quando non dovevamo, costruito quando non potevamo, imbellettato quando sarebbe stato meglio limitarsi a ripulire (l’Italia è una signora elegante, non una pin-up da pasticciare col trucco)…I pasticci che abbiamo combinato per la fame e per la fretta sono comprensibili, se non giustificabili. Gli scempi dovuti all’assenza di senso civico, di amministratori all’altezza e di una classe dirigente sensibile e responsabile sono, invece, imperdonabili. Costruttori e disboscatori, condonati e condonatori, architetti e geometri, urbanisti e ambientalisti (sì, anche loro, che per anni hanno dormito, come spesso dorme l’Italia delle buone intenzioni): molti dovrebbero farsi un esame di coscienza”.

Questa Italia lungamente dormiente di Montanelli ha dato segni inequivocabili di risveglio in occasione dei recenti referendum, il cui risultato positivo è da attribuirsi in particolare all’impegno trascinante di comitati, associazioni, movimenti ambientalisti. La riscossa era già partita da Sanremo. “Questa maledetta notte/ dovrà pur finire/ perché la riempiremo noi da qui/ di musica e parole”. La voce di Roberto Vecchioni ci ha fatto da sottofondo catalizzatore mentre votavamo il 12 e 13 giugno scorsi. I referendum toccavano temi attinenti alla salvaguardia della nostra vita, della sua intrinseca – e fragile – bellezza e investivano la nostra visione della vita stessa  e del mondo.

È passato tanto tempo da quel lontano, tristemente memorabile 6 agosto 1945, quando l’Aeronautica militare statunitense sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica: un evento che allora mi sconvolse, alimentando il mio rifiuto della guerra ed ora del nucleare, del suo terribile potenziale distruttivo. Non è paura, è una presa di coscienza, maturata con gli anni; è un forte sentimento di responsabilità  che dal presente si estende alle generazioni future.

“Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole… per frate vento… per sora aqua, la quale è multo utile et umile et preziosa et casta”. Francesco ci mostra la via di una nuova saggezza del nostro vivere in questo creato, stupendamente ricco, che ci dona le risorse – sole vento acqua – da cui trarre l’energia pulita e non chiede in cambio che essere curato con intelligenza e  amore. Sempre con spirito francescano, votando i due “sì” in favore della gestione pubblica dell’acqua, ho inteso rivendicare il valore dell’acqua come dono, contro chi vuole ridurre un bene comune a  “merce”. Accorata l’invocazione  dell’antico inno indiano “Acqua di vita”: “Acque, siete voi a darci la forza della vita. Aiutateci a trovare nutrimento così che ci tocchi grande gioia”. ( Da “Le guerre dell’acqua” di Vandana Shiva).

L’acqua portatrice di pace e di felicità. Ne erano consapevoli gli scout del Bonefro 1 (ora finito), che nei lontani anni novanta, durante un’uscita, con destinazione la “Fonte degli orti”,  ritmavano il cammino con queste parole ( sul motivo di Yukaidì Yukaidà): “Sacco in spalla, piedi alati,/  su per l’erta siam lanciati./ C’è lassù, oltre la vetta,/ una fonte che ci aspetta./ Acqua pura, acqua invitante/ presso un bosco verdeggiante./ Ha un sapore che ci piace:/ sa di dono, sa di pace./ Uno il cuor, una la legge/ che in cammino ci sorregge./ Un gran sogno ci fa andare:/ la felicità di dare./ Così d’acqua una sorgente/ dal terren perennemente/ sgorga e libera si dà/ in pienezza e umiltà”.

E ora torno alle osservazioni sagge e ammonitrici di Indro Montanelli, al suo rammaricarsi per l’assenza  in Italia di una classe dirigente sensibile e responsabile. Il quarto quesito referendario – sul legittimo impedimento – ci ha dato la possibilità di esprimere il nostro sdegno per il prolungarsi di questa assenza, per il permanere al governo di “pastori che pascono se stessi” e non il gregge (Ezechiele 34). Penso di rimando al “bel pastore” del salmo 23 da cui ho sempre tratto luce e conforto: un pastore, guida affidabile e sicura; un compagno di viaggio che condivide gli stessi rischi del gregge – la fame la sete la calura -; lo difende dai nemici col suo vincastro e gli prepara una mensa di cibi purissimi.

È, questa, un’utopia? Dipende dalla nostra capacità di costruire una vera democrazia. ☺

terelaba@alice.it

 

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