La pirolisi e l’ambiente
17 Luglio 2016
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La pirolisi e l’ambiente

Una delle forme di decomposizione delle sostanze organiche, in particolare quella attuata ad alta temperatura e in assenza di ossigeno, è detta pirolisi. Il più antico e conosciuto processo di pirolisi è quello che permetteva, fino a qualche decennio addietro, la produzione, molto diffusa sia sulle Alpi che sull’Appennino, del carbone di legna, che avveniva a temperature comprese tra i 300 e i 500°C. La tecnica messa in atto nelle tradizionali carbonaie aveva, però, il limite di permettere il recupero della sola frazione solida, il carbone vegetale, appunto.

Il processo pirolitico, integralmente impiegato, permette di trasformare un combustibile (biomassa), a bassa densità energetica, in un altro con contenuto energetico più elevato. Esso avviene in assenza di ossigeno e a temperature comprese tra 350 e 600°C e consiste nel trasformare le molecole organiche più complesse dei vegetali presenti in natura, in altre strutturalmente più semplici.

Nell’ambito della ricerca di fonti energetiche alternative ai tradizionali combustibili fossili, sono state investigate varie tecnologie per l’utilizzo delle biomasse e considerato evidente che la combustione diretta pone problemi pratici di vario tipo, non ultimo il fatto che un combustibile solido è sicuramente meno maneggevole di quelli allo stato liquido, sono state sviluppate più sofisticate tecnologie per trasformare biomasse allo stato solido in combustibili gassosi e/o liquidi più pregiati. I processi più utilizzati sono essenzialmente due: la pirolisi, impiegata con elevate velocità di riscaldamento per la produzione di liquidi e la gassificazione, per la produzione di miscele gassose combustibili.

La pirolisi dei residui vegetali in genere, o semplicemente della legna da ardere, riduce l’impatto ambientale delle emissioni in atmosfera rispetto alla combustione tradizionale, perché in grado di sottrarre anidride carbonica alla stessa, immobilizzandola nel suolo per lunghi periodi, aumentandone, altresì, in modo considerevole, la fertilità.

Riguardo al problema rifiuti, la Strategia Comunitaria incoraggia in primo luogo, per la loro gestione, la riduzione alla fonte quindi, in alternativa, il riutilizzo in forma originale, il riciclaggio e il recupero di materiali ed energia e solo come ultima alternativa, lo smaltimento appropriato.

L’ENEA, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, al fine di trovare soluzioni in grado di smaltire i rifiuti urbani in modo pulito, con un minimo impatto ambientale e con produzione finale di energia, pare abbia individuato nella pirolisi, tra le varie ipotesi possibili, la soluzione tecnologica in grado di rendere una questione ambientale ed economica una risorsa, trasformare, cioè, la maggior parte dei rifiuti in energia termica ed elettrica. L’Ente sostiene che, con particolari accorgimenti tecnici, come l’utilizzo di particolari tipi di forni e l’assenza totale di ossigeno, la pirolisi possa raggiungere punti di eccellenza, in relazione proprio a quelle emissioni (fumi e sostanze chimiche) che destano maggiore allarme nell’opinione pubblica.

Quanto indicato dall’Agenzia è, se non la soluzione definitiva e ottimale, un ulteriore tassello nella direzione delle Direttive Comunitarie, tendenti da un lato a ridurre la produzione dei rifiuti al limite dello zero e dall’altro a smaltire gli inevitabili residui con l’uso delle più sofisticate tecnologie disponibili, quelle, cioè, in grado di ridurre al “pressoché zero” l’impatto sull’ambiente, nel significato più ampio del termine.

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