La politica dell’inclusione
15 Maggio 2019
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La politica dell’inclusione

Non c’è futuro, se non si contrasta la condizione triste e deprimente della povertà. Don Ciotti profonde un lungo elenco di dati a questo proposito, che raggela chiunque abbia un minimo di confidenza con queste tematiche e con le condizioni di vita alle quali sono costretti milioni di persone. La povertà assoluta in Italia in questo momento della nostra storia repubblicana è pari all’8,4% della popolazione. Pertanto, una persona su 12 vive nella condizione di povertà assoluta. Nel 2005 i poveri assoluti in Italia erano circa 2 milioni; oggi, i dati Istat relativi al 2017 ci dicono che questa cifra è raddoppiata. Ora capiamo anche meglio cosa si accompagni alla povertà: al suo fianco c’è una grave e diffusa diseguaglianza sociale. 20 milioni di italiani, oggi, non sono in grado di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e sviluppare le proprie potenzialità; quasi 6 milioni totalmente analfabeti!

 Per queste ragioni aumenta la corruzione; si potenziano, consolidandosi, le mafie e nascono e si ramificano nuove organizzazioni criminali. Cosa c’entrano i migranti con il processo di impoverimento della classe borghese media e della classe lavoratrice? La crisi economica ha avuto inizio dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, molto prima che l’immigrazione (dall’est d’Europa, dal Medio Oriente e dall’Africa centro/settentrionale) apparisse nei modi e nelle sequenze che noi abbiamo conosciuto e che conosciamo. L’ immigrazione non ha comportato fasi di impoverimento di nessuno; anzi essa è la conseguenza immediata e rovinosa dell’ideologia neocapitalistica per la quale questo è il mondo migliore, superiore a quelli precedenti, addirittura è il mondo unico possibile, nonostante la sparizione della borghesia e della classe del lavoro dipendente, la povertà e la miseria; e di questo si dà la colpa agli incolpevoli migranti.

La maggior parte degli immigrati con permesso di soggiorno (fonti ufficiali a partire dall’INPS) è socialmente inserita nel tessuto nazionale, lavorando o studiando. Gli stranieri occupati nel nostro Paese sono il 10,5% della popolazione attiva, producono il 9,9% del PIL nazionale. Percepiscono, però, retribuzioni inferiori rispetto ai lavoratori italiani e lavorano in settori che da decenni sono stati abbandonati dagli italiani (settore alberghiero, ristorazione, edilizia, agricoltura, servizi alla persona). Quindi, i migranti non rubano alcun posto di lavoro, anzi sono vittime incolpevoli del decreto Salvini.

Allora cosa si deve fare per non far scoppiare la polveriera dell’odio razzista nei loro confronti? Quale la risposta possibile? Don Ciotti la prefigura in questo modo: “Occorrerebbe una politica capace di costruire una convivenza garantita da diritti e doveri, da una vita dignitosa, organizzando reti di solidarietà, accoglienza, educazione alla socialità”. Nello stesso momento non si può neppure negare che la criminalizzazione delle Ong o dei cittadini che aiutano i migranti debba finire, perché è inconcepibile che sia considerato criminale o sodale dei trafficanti di uomini chi li aiuta effettivamente, salvandoli dall’ annegamento o promuovendo prassi di accoglienza per l’inclusione dei migranti nel tessuto sociale italiano.

Gli italiani, oggi in maggioranza percentuale, come altre popolazioni, (es. gruppo di Visegrad) hanno paura del diverso, di colui che fugge e che si presenta come un povero derelitto, abbandonato dagli uomini e da Dio. Quali possono essere le ragioni di questa paura estesa al di là di ogni ragionevole sospetto? Don Ciotti pone come a priori, la “fragilità” del nostro sistema sociale, che non produce più lavoro, né alimenta sogni. La struttura sociale priva i giovani del futuro, promuove leggi che degradano i diritti, trasformandoli in privilegi, genera ingiustizie, tensioni conflittuali, spalanca scenari di depressione e risoluta volontà capitalistica di distruggere tutto ciò che si richiami al Welfare. L’assenza dei diritti, trincea a tutela della dignità delle persone, provoca la solitudine ed espande la paura di essere abbandonati, di rimanere soli in questa società voracemente ingiusta verso quanti soffrono e rimangono ai margini. Alla paura individuale si aggiunge la preoccupazione di percepire una società frantumata, in cui i rapporti sociali ed interpersonali sono deteriorati dalla logica del profitto, del guadagno illecito, della continua ed aggressiva competizione di tutti contro tutti, del timore di scivolare verso il fondo del tessuto sociale e finire con il fare compagnia agli ultimi, i migranti, appunto.

Per queste ragioni le paure favoriscono la costruzione di ostacoli fra le persone, incoraggiano la costruzione di muri, come quello al confine con il Messico, ed i tanti tra Israele e i Palestinesi. Ma le paure sono anche i fili spinati, le polizie schierate, le frontiere chiuse, i porti interdetti all’ approdo. I muri sono anche la scientifica violazione di precise regole giuridiche, come gli artt. 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Carta Costituzionale; infine, sono anche la violazione del diritto internazionale del mare, che impone agli Stati “l’adozione di misure necessarie perché tutte le persone possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro”. Allora ai muri va contrapposta la politica dell’inclusione, perché l’Italia da sempre è un paese ospitale, disposto a confrontarsi con culture di altre civiltà.

Degna di nota è, poi, la citazione che don Ciotti fa dell’economista Federico Caffè, grande studioso, maestro di generazioni di studenti. Federico Caffè criticava fortemente l’enfasi sulla libertà delle merci e dei trattati commerciali a danno della persona: “Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili”.

Probabilmente anche questa considerazione potrebbe aver convinto Federico Caffè a sparire del tutto e a non dare più notizie di sé a nessuno nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 1987, a Roma, lui che godeva di un grande prestigio intellettuale ed esercitava un notevole fascino soprattutto sui giovani.☺

 

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