la regina dei fiori
27 Aprile 2010 Share

la regina dei fiori

 

  L’origine della rosa è quasi certamente la più antica che si conosca e la si fa risalire addirittura a 35 milioni di anni fa. Le prime rose note sono infatti quelle rinvenute – in frammenti fossili – in alcune grotte americane e datate appunto al periodo miocenico. Da allora gli studiosi sono riusciti a trovare testimonianze della rosa nella storia di tutti i paesi e di tutti i tempi; storia – e conseguente evoluzione – che si accompagnano a tradizioni, leggende e simbologie spesso così numerose da richiedere grossi volumi per essere trattate compiutamente. Per questo motivo si è preferito dividere in due parti la trattazione e rimandare al prossimo numero il discorso sulle numerose varietà di rose e sul loro significato nel linguaggio dei fiori.

Quello che appare evidente scorrendo l’ampio materiale offerto da letteratura, arte e religione, è l’alta considerazione in cui la rosa è stata sempre tenuta ovunque, tanto da meritare quell’attributo di “regina dei fiori” di cui può fregiarsi ancora ai tempi nostri.

La simbologia più diffusa, ed ancora in voga oggi, è quella che collega la rosa all’amore. Nella mitologia essa infatti era il fiore di Venere, che l’avrebbe colorata di rosso – da bianca che era – col proprio sangue, mentre disperata correva fra sterpi e rovi presso Adone, il ragazzo da lei amato, ormai morto.

Per i Latini la rosa era la creazione più bella e perfetta della natura. Nel mondo romano, oltre ad essere una presenza costante nei giardini privati, come documentano sia le cronache dell’epoca sia le pitture parietali provenienti dalle case pompeiane e romane, la rosa veniva coltivata e commerciata su vasta scala, con richiesta sempre crescente, per la fabbricazione di unguenti e profumi e per l’impiego decorativo nelle cerimonie e nei banchetti. In età imperiale, i convitati erano circondati da una profusione di rose, disseminate sul pavimento e sugli arredi, disposte a incoronare gli ospiti e i calici, e sparse anche dentro le coppe: ricordiamo per esempio il dipinto Le rose di Eliogabalo di Sir Lawrence Alma-Tadema (1836-1912), che ricostruisce i sontuosi banchetti tenuti dall’imperatore Eliogabalo, il quale, inoltre, dormiva in un letto la cui coperta consisteva in petali di rose messi insieme con arte finissima, e si avvolgeva in un lenzuolo formato di violette vive.

Nell’antichità classica, e in seguito anche nel Medioevo e nel Rinascimento, prima che si diffondesse l’uso dei fiori di arancio, la rosa, in quanto simbolo di amore, era un fiore nuziale: nel giorno della cerimonia coronava il capo degli sposi; case e strade, lungo il cammino della sposa, erano ornate dei suoi petali.

I primi cristiani adottarono il mito della rosa e, trasformandolo per adattarlo alla loro fede, lo dedicarono alla Madonna, trovando nelle caratteristiche del fiore quegli attributi simbolici che meglio si adattavano sia alla figura della Vergine sia a quelle di perfezione cristiana di cui essa è l’incarnazione. Nel profumo e nel colore vivo si può vedere infatti il riflesso dell’amore e della preghiera, non disgiunti dal dolore che è rappresentato appunto dalle spine. Le rose sono diventate anche il simbolo delle lingue di fuoco con cui lo Spirito Santo si manifestò agli apostoli, come narra Luca. La Pentecoste, che è una delle feste più importanti della chiesa, viene anche detta “Pasqua delle Rose” a causa dell’antica tradizione, in voga in Italia, di far scendere dalle volte delle chiese petali di rose sui fedeli, proprio a rappresentazione della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. Tale tradizione è ancora praticata in alcune località.

Un roseto senza spine fiorì nel convento della Porziuncola dove viveva San Francesco d’Assisi: una notte di gennaio, in preda alle tentazioni, il santo uscì nudo dalla cella gettandosi in un roveto; l’arbusto si trasformò in quel rosaio senza spine che fiorisce ancora oggi nei pressi della Cappella del Roseto, a Santa Maria degli Angeli. Un altro roseto si può ammirare nel Monastero di Cascia. Si narra che un giorno santa Rita, mentre giaceva inferma nella sua cella, chiese a una visitatrice di recarsi nell’orto della sua famiglia per coglierle una rosa. Era pieno inverno: la donna risalì tra cumuli di neve fino alla casa dove vide un cespuglio con due rose fiorite. Ma la “Santa delle rose” è diventata per antonomasia Teresa del Bambin Gesù: poco prima di morire promise di far cadere “una pioggia di rose”, ovvero di miracoli, come poi avvenne effettivamente.

Dal fiore ha preso nome anche il Rosario, dedicato a Maria, perché i grani che lo compongono, la prima volta, furono fatti di petali di rosa accartocciati e compressi. E nella Chiesa Madre di Bonefro, intitolata a Santa Maria delle Rose, si trovano una bellissima tela e un pregevole ostensorio con la Madonna delle Rose.

Nella Divina Commedia è una rosa l’immenso fiore formato dalla milizia dei santi nell’ultimo cerchio del Paradiso (XXXI 1-3):

“In forma dunque di candida rosa

mi si mostrava la milizia santa

che nel suo sangue Cristo fece sposa”.

Secondo un’altra interpretazione la rosa è sinonimo di “custode del segreto” poiché nasconde con i petali la parte più interna.

La struttura concentrica della rosa ha evocato anche l’idea della ruota, simbolo del tempo che scorre, dell’eterno ciclo di vita-morte-vita. E non a caso l’oculo a raggiera aperto nelle facciate delle chiese medievali, propriamente detto rota, è chiamato dagli storici dell’arte rosa o rosone.

Un altro dei simboli più elementari della rosa, ispirato alla sua breve durata, è la fugacità della vita, come scriveva Ausonio nel IV secolo:

“Un unico giorno abbracciai la vita della rosa,

in un istante essa unisce gioventù e vecchiaia”.☺

giannotti.gildo@gmail.com

 

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