Mio amore caro dato come si sono svolte le cose temo non ci sia oggi più speranza sia fatta la volontà di Dio. Avrò fede fino all’ultimo e spero. Sono sereno Dio mi conforta.
Sono certo che tu pure troverai in Dio le consolazioni penserò sempre a voi.
È con queste parole prive di punteggiatura che Guglielmo “Willy” Jervis saluta i familiari, ormai certo del suo destino. Parole scritte con una punta sulle controcopertine della sua Bibbia: l’unico indizio che ha permesso l’identificazione del suo corpo. Il 5 agosto 1944 Willy era stato fucilato, trascinato per le strade di Villar Pellice e poi impiccato ad un palo dell’energia elettrica. Riconoscerlo sarebbe stato impossibile; fortunatamente il pastore Roberto Jahier trovò quella piccola Bibbia che aveva accompagnato il partigiano Willy fino al suo ultimo giorno.
Non mi stupisco se oggi il nome di Guglielmo Jervis lasci indifferenti le persone a cui lo propongo. Willy era infatti soltanto uno dei tantissimi partigiani che misero volontariamente la propria vita al servizio della liberazione dall’occupazione tedesca. Ciò che mi spinge a parlarne ed a scriverne è però il fatto che Willy aveva qualcosa di particolare, qualcosa che condivideva con una piccola minoranza di quegli uomini che, mossi da un’inconscia pulsione di sano patriottismo, rischiarono e persero le loro vite per cercare di strappare il loro Paese dalle mani dello straniero: Willy era valdese.
Valdese… aggettivo che ai più può apparire nuovo, o forse sentito qualche volta di sfuggito, restando comunque qualcosa di molto vago. Ciò è normale, dato che l’Italia è un paese per la maggior parte cattolico. È bene però sapere che quella cattolica non è l’unica confessione cristiana esistente in Italia e nel mondo: ci sono, infatti, anche i protestanti e gli ortodossi. Quella valdese è una delle confessioni del protestantesimo “storico” presenti in Italia, insieme ai Battisti, i Metodisti e i Luterani.
È interessante scoprire che la minoranza protestante italiana, molto spesso messa da parte, ed in tempi più lontani persino perseguitata, diede un notevole contributo alla Resistenza italiana. Uomini di grande fede, che meditavano le Scritture in ogni ritaglio di tempo possibile, che riponevano ogni speranza nel Dio rivelato in Gesù Cristo, e che erano pronti a morire per quel Dio prima ancora che per la patria: tali erano gli evangelici (evangelico è più corretto rispetto a protestante, che racchiude invece una leggera connotazione negativa) che combattevano sul territorio italiano negli anni della Resistenza. Non si organizzarono in gruppi specificamente evangelici: si integrarono nelle divisioni partigiane già esistenti (soprattutto GL, Giustizia e Libertà); la ragione è evidente: combattevano per salvare la loro Italia, come tutti gli altri. Che poi lo facessero con la Bibbia in mano non aveva nessuna rilevanza ai fini organizzativi. La grande fede che li caratterizzava e che dava loro la forza ed il coraggio di continuare la loro lotta non aveva bisogno di schemi istituzionali; era la fede stessa che univa e guidava le loro lotte, e che donava serenità. Una serenità che altrimenti non riuscirei a comprendere: non si può restare tranquilli quando si è coscienti che la fucilazione avrebbe avuto luogo in serata. Eppure cercavano il modo di comunicare che Dio era loro vicino, esortavano le famiglie a non preoccuparsi perché il Signore si sarebbe occupato anche di loro.
Questo era lo spirito evangelico della Resistenza, che agiva in armonia con le altrettanto nobili e valorose motivazioni di chi non conobbe il sostegno della fede.
Ricordare questi momenti rende evidente un aspetto che molte volte resta nascosto: quegli uomini e quelle donne combattevano per l’Italia, erano uniti per l’Italia; in quei momenti difficili, dove la paura di perdere il proprio paese prendeva il sopravvento, possiamo leggere la prova schiacciante di un’Italia che nel bisogno resta unita. È bene tener presente questo nel celebrare l’Unità d’Italia, nella speranza di minimizzare quei pessimismi eccessivi che vanno tanto di moda di questi tempi. ☺
luca903@gmail.com
Dio vi benedica e vi guardi
ci rivedremo certo lassù
bacia i bimbi per me poverini sii forte per loro
il tuo Willy
Mio amore caro dato come si sono svolte le cose temo non ci sia oggi più speranza sia fatta la volontà di Dio. Avrò fede fino all’ultimo e spero. Sono sereno Dio mi conforta.
Sono certo che tu pure troverai in Dio le consolazioni penserò sempre a voi.
È con queste parole prive di punteggiatura che Guglielmo “Willy” Jervis saluta i familiari, ormai certo del suo destino. Parole scritte con una punta sulle controcopertine della sua Bibbia: l’unico indizio che ha permesso l’identificazione del suo corpo. Il 5 agosto 1944 Willy era stato fucilato, trascinato per le strade di Villar Pellice e poi impiccato ad un palo dell’energia elettrica. Riconoscerlo sarebbe stato impossibile; fortunatamente il pastore Roberto Jahier trovò quella piccola Bibbia che aveva accompagnato il partigiano Willy fino al suo ultimo giorno.
Non mi stupisco se oggi il nome di Guglielmo Jervis lasci indifferenti le persone a cui lo propongo. Willy era infatti soltanto uno dei tantissimi partigiani che misero volontariamente la propria vita al servizio della liberazione dall’occupazione tedesca. Ciò che mi spinge a parlarne ed a scriverne è però il fatto che Willy aveva qualcosa di particolare, qualcosa che condivideva con una piccola minoranza di quegli uomini che, mossi da un’inconscia pulsione di sano patriottismo, rischiarono e persero le loro vite per cercare di strappare il loro Paese dalle mani dello straniero: Willy era valdese.
Valdese… aggettivo che ai più può apparire nuovo, o forse sentito qualche volta di sfuggito, restando comunque qualcosa di molto vago. Ciò è normale, dato che l’Italia è un paese per la maggior parte cattolico. È bene però sapere che quella cattolica non è l’unica confessione cristiana esistente in Italia e nel mondo: ci sono, infatti, anche i protestanti e gli ortodossi. Quella valdese è una delle confessioni del protestantesimo “storico” presenti in Italia, insieme ai Battisti, i Metodisti e i Luterani.
È interessante scoprire che la minoranza protestante italiana, molto spesso messa da parte, ed in tempi più lontani persino perseguitata, diede un notevole contributo alla Resistenza italiana. Uomini di grande fede, che meditavano le Scritture in ogni ritaglio di tempo possibile, che riponevano ogni speranza nel Dio rivelato in Gesù Cristo, e che erano pronti a morire per quel Dio prima ancora che per la patria: tali erano gli evangelici (evangelico è più corretto rispetto a protestante, che racchiude invece una leggera connotazione negativa) che combattevano sul territorio italiano negli anni della Resistenza. Non si organizzarono in gruppi specificamente evangelici: si integrarono nelle divisioni partigiane già esistenti (soprattutto GL, Giustizia e Libertà); la ragione è evidente: combattevano per salvare la loro Italia, come tutti gli altri. Che poi lo facessero con la Bibbia in mano non aveva nessuna rilevanza ai fini organizzativi. La grande fede che li caratterizzava e che dava loro la forza ed il coraggio di continuare la loro lotta non aveva bisogno di schemi istituzionali; era la fede stessa che univa e guidava le loro lotte, e che donava serenità. Una serenità che altrimenti non riuscirei a comprendere: non si può restare tranquilli quando si è coscienti che la fucilazione avrebbe avuto luogo in serata. Eppure cercavano il modo di comunicare che Dio era loro vicino, esortavano le famiglie a non preoccuparsi perché il Signore si sarebbe occupato anche di loro.
Questo era lo spirito evangelico della Resistenza, che agiva in armonia con le altrettanto nobili e valorose motivazioni di chi non conobbe il sostegno della fede.
Ricordare questi momenti rende evidente un aspetto che molte volte resta nascosto: quegli uomini e quelle donne combattevano per l’Italia, erano uniti per l’Italia; in quei momenti difficili, dove la paura di perdere il proprio paese prendeva il sopravvento, possiamo leggere la prova schiacciante di un’Italia che nel bisogno resta unita. È bene tener presente questo nel celebrare l’Unità d’Italia, nella speranza di minimizzare quei pessimismi eccessivi che vanno tanto di moda di questi tempi. ☺
Mio amore caro dato come si sono svolte le cose temo non ci sia oggi più speranza sia fatta la volontà di Dio. Avrò fede fino all’ultimo e spero. Sono sereno Dio mi conforta.
Sono certo che tu pure troverai in Dio le consolazioni penserò sempre a voi.
È con queste parole prive di punteggiatura che Guglielmo “Willy” Jervis saluta i familiari, ormai certo del suo destino. Parole scritte con una punta sulle controcopertine della sua Bibbia: l’unico indizio che ha permesso l’identificazione del suo corpo. Il 5 agosto 1944 Willy era stato fucilato, trascinato per le strade di Villar Pellice e poi impiccato ad un palo dell’energia elettrica. Riconoscerlo sarebbe stato impossibile; fortunatamente il pastore Roberto Jahier trovò quella piccola Bibbia che aveva accompagnato il partigiano Willy fino al suo ultimo giorno.
Non mi stupisco se oggi il nome di Guglielmo Jervis lasci indifferenti le persone a cui lo propongo. Willy era infatti soltanto uno dei tantissimi partigiani che misero volontariamente la propria vita al servizio della liberazione dall’occupazione tedesca. Ciò che mi spinge a parlarne ed a scriverne è però il fatto che Willy aveva qualcosa di particolare, qualcosa che condivideva con una piccola minoranza di quegli uomini che, mossi da un’inconscia pulsione di sano patriottismo, rischiarono e persero le loro vite per cercare di strappare il loro Paese dalle mani dello straniero: Willy era valdese.
Valdese… aggettivo che ai più può apparire nuovo, o forse sentito qualche volta di sfuggito, restando comunque qualcosa di molto vago. Ciò è normale, dato che l’Italia è un paese per la maggior parte cattolico. È bene però sapere che quella cattolica non è l’unica confessione cristiana esistente in Italia e nel mondo: ci sono, infatti, anche i protestanti e gli ortodossi. Quella valdese è una delle confessioni del protestantesimo “storico” presenti in Italia, insieme ai Battisti, i Metodisti e i Luterani.
È interessante scoprire che la minoranza protestante italiana, molto spesso messa da parte, ed in tempi più lontani persino perseguitata, diede un notevole contributo alla Resistenza italiana. Uomini di grande fede, che meditavano le Scritture in ogni ritaglio di tempo possibile, che riponevano ogni speranza nel Dio rivelato in Gesù Cristo, e che erano pronti a morire per quel Dio prima ancora che per la patria: tali erano gli evangelici (evangelico è più corretto rispetto a protestante, che racchiude invece una leggera connotazione negativa) che combattevano sul territorio italiano negli anni della Resistenza. Non si organizzarono in gruppi specificamente evangelici: si integrarono nelle divisioni partigiane già esistenti (soprattutto GL, Giustizia e Libertà); la ragione è evidente: combattevano per salvare la loro Italia, come tutti gli altri. Che poi lo facessero con la Bibbia in mano non aveva nessuna rilevanza ai fini organizzativi. La grande fede che li caratterizzava e che dava loro la forza ed il coraggio di continuare la loro lotta non aveva bisogno di schemi istituzionali; era la fede stessa che univa e guidava le loro lotte, e che donava serenità. Una serenità che altrimenti non riuscirei a comprendere: non si può restare tranquilli quando si è coscienti che la fucilazione avrebbe avuto luogo in serata. Eppure cercavano il modo di comunicare che Dio era loro vicino, esortavano le famiglie a non preoccuparsi perché il Signore si sarebbe occupato anche di loro.
Questo era lo spirito evangelico della Resistenza, che agiva in armonia con le altrettanto nobili e valorose motivazioni di chi non conobbe il sostegno della fede.
Ricordare questi momenti rende evidente un aspetto che molte volte resta nascosto: quegli uomini e quelle donne combattevano per l’Italia, erano uniti per l’Italia; in quei momenti difficili, dove la paura di perdere il proprio paese prendeva il sopravvento, possiamo leggere la prova schiacciante di un’Italia che nel bisogno resta unita. È bene tener presente questo nel celebrare l’Unità d’Italia, nella speranza di minimizzare quei pessimismi eccessivi che vanno tanto di moda di questi tempi. ☺
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