la valutazione nella scuola
15 Maggio 2016
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la valutazione nella scuola

In merito al delicato nodo della valutazione nella scuola – affrontato in maniera assai superficiale e rischiosa nell’impianto di riforma de “La Buona Scuola” – scelgo, stavolta, di dedicare l’intera rubrica all’intervento (in sintesi) di Mauro Piras, che mi trova profondamente concorde e apre, a mio parere, un significativo spazio di riflessione su questo tema.

Quali sono le critiche mosse [personal- mente] alla valutazione individuale dei docenti?

1) Un problema metodologico: è impossibile misurare il contributo del singolo docente alla formazione degli apprendimenti degli studenti, dal momento che questi, in realtà, dipendono largamente dall’insieme delle azioni di tutti i docenti e dell’organizzazione scolastica; si tratta di un processo complesso a cui concorrono diversi attori, il cui singolo contributo è difficilmente isolabile.

2) Un problema tecnico statistico: se la valutazione è riferita agli alunni del docente, il campione è troppo limitato per avere validità statistica; se è riferita a tutti gli allievi della scuola il campione è adeguato, ma non si vede come questo possa essere ritenuto corretto per la valutazione del singolo.

3) Un problema di ‘eticità’ della professione: l’insegnamento è una attività eminentemente collegiale, che richiede spirito di cooperazione e collaborazione, e disponibilità a mediare, tra pari. La valutazione individuale dei docenti tende a ‘distinguerli’, mettendo in evidenza i ‘migliori’ e i ‘peggiori’ e, nei casi più estremi, premiando i primi con incentivi; questa distinzione rischia di rendere difficile il lavoro collegiale e di disincentivare eccessivamente gli ‘esclusi’.

4) Un problema di strumenti: la visita ispettiva è lo strumento principe nella valutazione dei singoli docenti, ma è uno strumento di difficile uso: è troppo costoso, e poi troppo spesso l’ispezione tende a ridursi a una forma di controllo burocratico; tende inoltre a concentrarsi su aspetti limitati del processo educativo.

Il problema è che la valutazione individuale dei docenti serve. In primo luogo perché il docente è un funzionario statale ed è quindi giusto che sia responsabile del proprio lavoro di fronte a qualcuno. Inoltre, perché una valutazione individuale può portare al miglioramento della didattica. Infine, dperché una sua totale assenza può anch’essa corrompere la collegialità, dal momento che il mancato riconoscimento di chi contribuisce maggiormente al miglioramento della didattica può essere percepito come iniquo.

Che forma di valutazione dei docenti si può proporre, allora?
La valutazione individuale dei docenti deve essere qualitativa e ‘dinamica’, cioè rivolta ai processi e non ai risultati. Dal momento che è impossibile individuare correttamente il contributo del singolo nel raggiungere questi risultati, quello che può essere valutato, allora, è il processo: cioè la pratica didattica quotidiana del docente. Per fare questo, il metodo deve essere qualitativo: osservazione diretta del lavoro in aula, conversazioni, interviste, analisi dei metodi, questionari, studio dei documenti, e non misurazione diretta degli apprendimenti.

Una prima finalità deve essere il miglioramento della didattica: la valutazione in questo caso deve avere una funzione diagnostica che analizzi il metodo di insegnamento e le competenze del docente per individuarne eventuali criticità e proporre dei cambiamenti al fine di rendere la didattica più efficace, con funzione di sostegno e accompagnamento.

Una seconda finalità è invece quella di riconoscere la qualità del lavoro svolto e promuovere l’innovazione. Qui si pone il problema degli incentivi. Si tratta infatti di ‘premiare’ chi, nel lavoro didattico quotidiano, contribuisce maggiormente al miglioramento della didattica e introduce innovazioni utili.

Infine, c’è una funzione di controllo: la didattica va valutata per controllare che il docente svolga il suo lavoro correttamente, rispetti gli impegni e i suoi doveri, non commetta gravi errori o scorrettezze ecc. Questo è il livello che potremmo definire della ‘san-zione degli inadempien- ti’.

Partiamo dalla fine. La funzione di controllo deve essere esercitata con regolarità, per garantire una qualità almeno omogenea del servizio. Quindi, non può che essere assicurata dal dirigente scolastico: questi deve avere gli strumenti per valutare direttamente il lavoro d’aula dei docenti, non al fine di dare premi o incentivi, ma di controllare che non ci siano scorrettezze, inadempienze gravi ecc.

All’altro capo delle finalità, il miglioramento della didattica ha invece la funzione di suggerire e promuovere innovazioni, non di controllare e sanzionare. Questo lavoro può essere più efficace con visite esterne da parte di ispettori esperti di didattica, cioè docenti con esperienza. Il solo ruolo del dirigente scolastico e dei colleghi della stessa scuola potrebbe non essere sufficiente, infatti, perché all’interno di una comunità scolastica, anche non intenzionalmente, tende a formarsi una certa omogeneità di stile e di vedute, che potrebbe, in alcuni casi, offuscare la percezioni dei problemi da affrontare. Inoltre, affidare la valutazione dei docenti ai soli colleghi interni può generare conflittualità; i docenti sentono come meno arbitrario un giudizio terzo, esterno.

Infine, il problema degli incentivi, dei premi ecc. La competizione diretta tra docenti andrebbe evitata. I docenti migliori, però, potranno aspirare ai gradi superiori della carriera che possono comprendere in sé, oltre al lavoro d’aula, funzioni di coordinamento didattico, di tutoraggio, di formazione e di valutazione. A questi livelli si dovrebbe accedere per concorso, ma la valutazione della didattica potrebbe avere come esito ‘giudizi positivi’ che poi entrano nella attribuzione del punteggio al concorso. In questo modo ci sarebbe un riconoscimento del lavoro svolto per i docenti più impegnati, tuttavia questo riconoscimento non avrebbe effetti diretti in termini di retribuzione, ma indiretti, e soltanto se questi docenti vogliono modificare la propria condizione affrontando il concorso per accedere a un livello superiore di carriera. Secondo questo schema, la valutazione ‘premiale’ sarebbe assorbita dalla valutazione diagnostica e migliorativa, e manifesterebbe i suoi effetti solo in modo indiretto. Questo permetterebbe di evitare un’eccessiva competitività. Allo stesso tempo, la valutazione migliorativa, non essendo direttamente collegata a incentivi o sanzioni, potrebbe essere esercitata in collaborazione tra componenti interne ed esterne, superando l’unilateralità delle une e delle altre. ☺

 

 

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