L’acqua è un diritto
7 Aprile 2022
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L’acqua è un diritto

L’acqua è fonte di vita per cui la vita umana è strettamente legata all’acqua e al suo consumo. Se non se ne dispone si muore. Ancora, ogni attività dipende dalla possibilità di accedervi. Se ciò è vero, l’acqua è un ‘bene comune’, una risorsa che appartiene all’ umanità. Tale affermazione ha, storicamente, imposto alla comunità internazionale di considerare l’acqua e il suo accesso un diritto umano de facto e, alla comunità sociale di considerare l’acqua un bene comune per cui non può essere negata a nessuno per qualsiasi ragione. L’acqua è, perciò, un bene indisponibile, una risorsa che appartiene a tutti gli essere viventi; è un patrimonio la cui libera fruizione deve essere garantita dagli Stati a tutti.

Sono 2,5 miliardi le persone che, secondo recenti indagini, vivono in condizioni di forte sofferenza idrica. Ciò significa che, nonostante tale diritto, ci si imbatte in situazioni differenziate circa l’accesso e la fruizione dell’acqua. Vi sono diseguaglianze di natura ambientale e altre imputabili a responsabilità politiche. Gli ostacoli ambientali possono essere superati, sia pure con difficoltà. È sulle responsabilità politiche che va portata l’attenzione. Il diritto all’acqua non è ancora stato sancito tra i diritti fondamentali. È debole difesa sostenere che il mancato o carente accesso all’acqua debba essere imputato ad assenza/carenza di risorse finanziarie e alla elevata crescita demografica. Garantire l’ accesso all’acqua è una scelta politica. È una questione ideologica, è una sfida di civiltà. Tale sfida è stata raccolta, alla fine del XIX secolo, da molti Governi dei più importanti Stati industrializzati. Ed è stata affrontata con massicci interventi finanziari pubblici che hanno consentito di realizzare sistemi di fognature e di depurazione dell’acqua, di costruire acquedotti e reti di distribuzione portando l’acqua e i servizi igienici nelle case. È stata una sfida che ha permesso di battere le malattie, associate all’acqua e all’assenza di servizi igienico-sanitari, che incidono pesantemente sulla qualità della vita e sul benessere della collettività.

Cultura della res publica e presenza dello Stato sono indispensabili per garantire il rispetto dei diritti umani e, quindi, anche il diritto all’acqua. Tale cultura e tale presenza sono, oggi, sempre più sostituite dalla cultura della delega al ‘privato’ favorente, di fatto, la prassi che porta a non considerare l’acqua un patrimonio delle comunità locali e internazionale (umanità), a considerare l’acqua una merce e, quindi, in quanto tale da offrire sul mercato. La cultura, oggi, sempre più diffusa, stante anche la globalizzazione, è quella che induce a considerare l’acqua come bene economico, l’accesso all’acqua come bisogno individuale, servizio da erogarsi ai consumatori ‘solventi’.

La terra è composta per due terzi da acqua, così come il corpo umano. Nonostante ciò, si sancisce l’acqua come bene comune solo nelle dichiarazioni in occasione di conferenze e convenzioni internazionali. L’acqua, nei fatti, continua a essere considerata bene comune solo quando cade sotto forma di pioggia. Cessa di essere tale quando viene raccolta, estratta, trattata per poter essere utilizzata per usi civili, agricoli e industriali. L’acqua diventa una merce. Viene ‘privatizzata’ e il suo consumo deve essere ‘pagato’.

Si pone, perciò, con sempre più forza l’obbligo, non più rinviabile, di un formale riconoscimento da parte delle Nazioni Unite del diritto umano universale all’acqua per tutti e l’inserimento di tale diritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Umanità e nelle Costituzioni dei singoli Stati, il riconoscimento dello status dell’acqua come bene comune pubblico, patrimonio dell’ umanità e di tutte le specie viventi, unitamente al finanziamento pubblico degli investimenti economici necessari per poter garantire a tutti l’accesso all’acqua.☺

 

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