L’arroganza del potere
9 Settembre 2015 Share

L’arroganza del potere

Nella Grecia ed in particolare nella storia di Sparta, a partire dall’età di Licurgo e fino a quando Sparta ha avuto una sua storia rilevante, molto diffusa è stata la “l’arroganza del potere”. Smisuratamente dilatato è apparso nella prassi politica il “compiacimento della ingordigia insaziabile del potere”.

La cupidigia del dominio veniva indicata con la parola pleonexia, che si manifestava nella quotidianità amministrativa della classe dirigente, gli Spartiati, con il far dipendere la vita degli altri dalla propria autorità, arbitraria e assoluta, rimanendo nell’anonimato. La filosofia licurghea della politica era improntata ad un solipsismo politico che si esplicava nell’essere chiusi in sé, impenetrabili per chi non appartenesse al ceto dominante, con una divisione di classe molto rigorosa e di conseguenza destinata all’esaurimento nel momento in cui Sparta si fosse aperta al territorio contiguo. Cosa che è puntualmente accaduta e che ha determinato la sparizione di questa città del Peloponneso. La pleonexia, il compiacimento della propria influenza, è ai nostri occhi tipica del neoliberismo attuale, del capitalismo finanziario che oggi domina la scena mondiale, riducendo le popolazioni e i loro stati in “schiavitù”.

Il capitalismo, come oggi appare in Europa e nel mondo occidentale, è la compiuta espressione dell’eccesso, sfrenatezza, godimento di pochi, invisibili ma onnipresenti, nel danneggiare i non abbienti, gli ultimi: esso è spinto da un eccessivo desiderio di affermare la propria filosofia materialistica e pagana insieme. È vedere il cittadino e lo stato prostrati ai suoi piedi, annichiliti dall’ abnorme ponderosità dei debiti e dall’impossibilità di riequilibrare le proprie sorti economiche, sociali, culturali. Gli esempi sono numerosi già a partire dal colpo di stato del 1973 in Cile, dove la cosiddetta scuola di Chicago, economisti di indirizzo spudoratamente neoliberistico, ha fatto la sua esperienza di distruzione dell’autonomia di una nazione e di imprigionamento ideologico di tutta la popolazione, umiliata e offesa dalle manovre economiche e finanziarie, che l’hanno ridotta in povertà. Poi è toccato all’Argentina, e a seguire all’Irlanda, alla Spagna, al Portogallo, all’Italia ed in ultimo alla Grecia di Syriza, umiliata e offesa nella sua autonomia nazionale e nella sua tradizione culturale e civile dal neocapitalismo tedesco e dalla Troika, organo non eletto ma praticamente assoluto padrone della vita delle nazioni della UE.

Il neocapitalismo, e la mondializzazione dell’ economia come sua icona, esprime tutta la sua sfrenatezza, che in ambito sociale diviene l’ incontrollato desiderio di vedere oppressa una comunità nazionale, “costretta in vinclis”, provando soddisfazione nel dominio assoluto sull’altro: ne è esempio la Grecia, sconvolta dai debiti sovrani, delinquenzialmente accresciuti dalla voracità del capitalismo internazionale, che trova completa espressione nel FMI, nella BCE, nella Banca mondiale, nelle agenzie finanziarie private.

Dalle pagine de L’Ultima lezione di Ermanno Rea – in cui domina la figura di Federico Caffè – traiamo una più che soddisfacente definizione della “pleonexia” come “vorace ingordigia”: “ (…) Sono molto amareggiato (…) in un altro paese la mia analisi (…) avrebbe provocato quanto meno un onorevole dibattito. Forse anche appassionato. In Italia invece…(…) Io so bene che gli oligopoli, le dimensioni planetarie delle macchine produttive, costituiscono realtà irreversibili (…) Il messaggio che io ho tentato di trasmettere nel corso della mia vita è stato quello di non attendersi che grandi processi di unificazione mondiali portino di per sé alla centralità dell’ uomo. Una società giusta, umana, può essere il risultato di un forte impegno individuale e collettivo, può essere soltanto il frutto della nostra audacia intellettuale, della nostra consapevolezza che non esistono meccanismi autoregolamentatori, che il mercato non aggiusta mai le cose da sé. Soltanto questo ho inteso dire nella mia vita. Ma è bastato per farmi appiccicare addosso l’etichetta di economista pericoloso, di estremista (…)” (Ermanno Rea, L’ultima lezione, Einaudi).

I volti sfrontatamente sorridenti e l’incedere imperioso dei personaggi della Troika europea nel corso degli incontri a Bruxelles con i rappresentanti del popolo greco sono apparsi ai nostri occhi come l’immagine di persecutori spietati, aguzzini ed esecutori testamentari senza scrupoli nei confronti della nazione e della sua civiltà che sono stati il fondamento nucleare dell’Europa. Cosa sarebbe l’Europa senza la Grecia? Quante volte e quanti di noi se lo sono chiesto; ma abbiamo visto in opera solo la spietatezza del calcolo ragionieristico e la smodata tensione di procurare danni e dolori alle popolazioni: e questa è la più chiara definizione della lussuria, come appagamento della propria autorità. Le silhouettes di questi ambigui e volgari personaggi provocano disgusto, rabbia, tensione che spingono all’aggressione fisica e alla violenza iconoclasta. Ma la passione – non irrazionale ma motivata e concreta – per la “grecità” arresta il desiderio di una violenta reazione, spingendoci alla rappresentazione di alcuni esemplari atteggiamenti e forme di comportamento di cittadini del mondo greco paradigmatici per quelli odierni. Oggi noi parliamo di superficialità e di qualunquismo; ebbene, possiamo trovare un esempio di tale comportamento in un episodio che ha per protagonisti un cittadino ateniese analfabeta e Aristide – siamo nel V secolo a.C. nell’età delle guerre persiane, appena dopo Maratona -. Un cittadino analfabeta si avvicina ad Aristide, detto il Giusto per la sua avversione alle guerre e al riarmo dell’esercito ateniese, chiedendogli di scrivere sopra un coccio il nome di Aristide: questo sarebbe stato il suo voto per l’ostracismo dell’arconte ateniese. L’arconte, senza farsi riconoscere, gli chiede che male abbia mai fatto Aristide. “Nulla”, risponde il cittadino analfabeta, “ma mi disturba il fatto che Aristide sia chiamato “giusto”. Aristide, senza proferire alcuna parola, gli scrive il suo nome sopra il coccio, allontanandosi appena dopo.

Un altro aspetto negativo di settori molto ampi della società civile, oggi, è l’indifferenza verso le vicende quotidiane della polis (il Jobs act, che espelle dal lavoro centinaia di migliaia di giovani, recidendo in loro ogni speranza per il futuro, provoca modeste reazioni nelle giovani generazioni; oppure la razionalizzazione ingiusta e irrazionale del Welfare State) o la fredda insensibilità nei confronti di quanti sono costretti ad allontanarsi dalla loro patria per ragioni attinenti a conflitti armati, carestie/siccità, persecuzioni politiche (gli immigrati che muoiono annegati nel Mediterraneo o sono rinchiusi come fossero delinquenti nei Cpt). A proposito della diseguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, che rimane strumento nelle mani di pochi privilegiati spesso anche corrotti, possiamo riferire un altro episodio, questa volta della storia di Sparta: Scedoso, padre di due belle fanciulle che vengono violentate e poi uccise da due giovani Spartiati, quando va a Sparta desideroso di ottenere giustizia per le sue due figlie uccise, incontra un vecchio che gli racconta la sua triste vicenda: di suo figlio si era invaghito il governatore della città di Oreo, Aristodemo, che, rifiutato dal ragazzo, lo uccide, sgozzandolo. Poi fa festa e il vecchio dovrà constatare da quel momento che non avrà mai giustizia. La stessa cosa capita a Scedoso, che, incredulo per l’indifferenza degli efori e colpito dal menefreghismo degli Spartiati, alla fine si suicida.

“Nulla di nuovo sotto il sole”, ma dal VI/V secolo a.C. la storia europea è andata avanti e le conquiste di civiltà sono state notevoli e tali da far fare al mondo occidentale un percorso di civiltà sostanzialmente positivo se lo si guarda nel suo complesso, anche se tra totalitarismi di diverse ideologie e colpi di maglio del capitalismo neoliberista odierno, ci sono (stati) arretramenti paurosi e dolorosi. Ma dalla sofferenza popolare e dalla riscossa conflittuale, talvolta necessariamente violenta, il percorso della Storia, così come ci è stato insegnato dalle grandi Utopie e dai grandi Maestri, è stato corretto a tutto vantaggio delle classi popolari e dei ceti non abbienti. Questo ancora ci auguriamo, sognando sempre il nome di una cosa. ☺

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