l’arte di scavare  di Mara Mancini
27 Aprile 2012 Share

l’arte di scavare di Mara Mancini

 

Il 26 marzo a scuola c’è stato un incontro con lo scrittore Valentino Campo, nonché insegnante di lettere. Il prof. Picariello, critico d’arte, durante l’introduzione ci parla dei poeti: ci fanno notare quello che ci sfugge, sono capaci di trasformare le parole in emozioni, di tradurre i linguaggi dei gesti, dei sentimenti. I poeti sono degli artisti, e per artista intendo colui che ha sensibilità, ovvero quella caratteristica speciale che permette di vedere cose che gli altri non vedono, di sentire cose che gli altri non sentono. E non sto descrivendo una creatura magica. Il poeta riesce quasi a rendere tangibile l’astratto, riesce ad inserire tra le righe di un foglio pensieri, emozioni che durante la lettura ci travolgono in modo tale da diventare nostri, perché la poesia non è di chi la scrive, ma di chi la legge, di chi se ne serve (dal film Il postino). Il prof. Campo sostiene che l’artista deve anche avere la capacità di sdegnarsi, altrimenti la poesia, la letteratura diventano un puro esercizio. Anche S. Tommaso credeva che lo sdegno è necessario quando viene rivolto verso il male: poiché il poeta non deve parlare solo di cose positive ma anche di ingiustizie, di guerre, se non prova sdegno verso esse, non potrà mai parlarne in modo tale da provocare il lettore, scuoterlo e portarlo a riflettere.

Secondo Valentino Campo la poesia ci aiuta a scavare, a penetrare la realtà, ecco perché la sua raccolta di poesie si intitola L’arte di scavare pozzi! Anche per la letteratura e per i libri: dobbiamo abituarci a scavare dentro essi perché hanno il potere di farci vedere i più, di aiutarci a capire di più, ci suscitano domande ma ci danno anche risposte. E anche se, come dice anche l’autore, un insegnante è costretto a trattare in modo superficiale alcuni argomenti o addirittura a saltarli per questione di tempo, quando egli spiega è probabile che gli alunni lo guardino con le pupille dilatate: le pupille si aprono quando gli occhi hanno fame, come la bocca. Vogliono mangiare di più. Vogliono vedere di più (Cose che nessuno sa, di Alessandro d’Avenia). La letteratura costringe a stare sulle storie delle persone, a scavarci dentro per scoprire quello che l’apparenza nasconde.  E scavare più a fondo vuol dire proprio non lasciarsi ingannare ma imparare a guardare meglio. Vuol dire non abbattersi, non accontentarsi e continuare a cercare.

Ma che cos’è l’arte di scavare pozzi? Il prof Picariello ci risponde che è la scoperta di un linguaggio, di un discorso, di un suono, di una parola. Una parola… Logos, verbo. Il  verbo era presso Dio e il verbo era Dio: quindi la parola è una cosa santa, ci fa notare. Dio si è fatto carne, il verbo è diventato realtà.

Il prof. Campo avverte il bisogno di calare la poesia nella realtà, crede che la sua funzione sia quella di raccontare l’uomo e il suo rapporto con il mondo. “La poesia deve mettere in scena l’orrore per prevenirlo”, parlare dei sentimenti veri per chi li avesse dimenticati, far notare quello che sfugge agli occhi di molti uomini, far sognare ma nello stesso tempo ricordare quanto è importante restare con i piedi per terra. In un’intervista rilasciata a il Bene Comune, con le parole di Sergio Zavoli, ci ricorda che molti assessori alla cultura sostengono che la poesia deve mirare alla semplicità, alla bellezza e all’armonia. Scavando pozzi, invece, restituisce la fanghiglia e l’acqua, la grazia e il putridume. Ma è proprio questo a renderla più vera, più viva.

Leggere è un passo per iniziare a scavare, e scavare vuol dire accettare il suo consiglio di essere fedeli alla vita, anche andando alla ricerca della bellezza e della verità che ci nasconde.☺

 

 

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