Le ali della speranza
4 Maggio 2017
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Le ali della speranza

«“Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e costruisca il tempio del Signore, Dio d’Israele: egli è il Dio che è a Gerusalemme. E a ogni superstite da tutti i luoghi dove aveva dimorato come straniero, gli abitanti del luogo forniranno argento e oro, beni e bestiame, con offerte spontanee per il tempio di Dio che è a Gerusalemme”. Allora si levarono i capi di casato di Giuda e di Beniamino e i sacerdoti e i leviti. A tutti Dio aveva destato lo spirito, affinché salissero a costruire il tempio del Signore che è a Gerusalemme» (Esd 1,3-5).

Il Libro di Esdra in origine costituiva un unico libro insieme al Libro di Neemia, componendo con 1 e 2 Cronache la cosiddetta opera storico-cronachistica. Il libro si divide in due parti: 1) i primi sei capitoli, dove viene descritta la restaurazione di Giuda, dall’editto di Ciro che autorizza il ritorno degli esiliati – descritto come un secondo esodo – e la ricostruzione del tempio fino al termine dei lavori sotto Dario, dove emerge l’ostilità degli autoctoni nei confronti dei rimpatriati e la sospensione dei lavori dovuta ai sospetti delle autorità locali; 2) i capitoli 7-10, che raccontano l’arrivo a Gerusalemme del sacerdote-scriba Esdra che ha il compito di sciogliere i matrimoni contratti con donne straniere e di promulgare la legge di Dio come legge del re.

Inizia una nuova epoca per gli Ebrei: da questo momento in avanti si chiameranno giudei; alla figura del re succede quella del sacerdote; ai regni opprimenti come l’Egitto, l’Assiria e Babilonia si sostituisce un nuovo impero che non schiaccia il popolo ma lo promuove, i Persiani. Nuova è anche la relazione tra il popolo di Dio e il sovrano straniero: il Signore infatti non suscita come in passato dei giudici a liberare il suo popolo dagli stranieri, non suscita re come Saul e Davide impegnati a guadagnare un’autonomia nazionale. Dio suscita un re straniero, che è uno strumento prezioso nelle sue mani. Come il castigo era venuto attraverso un re straniero, Nabucodonosor, ora attraverso un re straniero, Ciro, giunge la restaurazione.

Il protagonista vero e proprio dell’azione però è Dio che desta lo spirito umano (come si vede Esd 1,5) e ciò vuol dire che egli non deve ricorrere a miracoli nel senso stretto della parola, ma far leva sul cuore. Dio muove il cuore del popolo e il cuore dei sovrani (cf. Pr 21,1). L’editto di Ciro, infatti, non è tassativo, ma propositivo, non impone il ritorno, ma lo permette a coloro che da Dio si lasciano muovere il cuore a riabitare la terra e a ricostruire case e Tempio. Alcuni però scelgono di restare a Babilonia: quelli che non hanno coraggio; i rinunciatari che non hanno più un filo di speranza; quanti si sono ben radicati nella cultura dell’altro popolo; coloro che hanno fatto fortuna e non vogliono assolutamente metterla a repentaglio. Tutti possono tornare, ma non tutti vogliono. Per vivere il ritorno e la ricostruzione, non bastano le leggi, serve il cuore. Chi torna dopo l’esilio si sente mosso da Dio e, senza perdere il fil rouge della storia sacra che è una e unitaria, inaugura con Dio non solo una nuova città e un nuovo tempio, ma anche un tempo nuovo, in cui coglie il germogliare sotterraneo del disegno inossidabile del Dio della vita.

Questa è la visione biblica: la restaurazione e la ricostruzione non è solo opera umana, ma è innanzitutto opera di Dio che la compie senza operare forzature sul processo storico, ma “attivando” il cuore, provocando cioè gli uomini dall’interno ad attivare processi all’esterno. È dal cuore infatti che proviene ogni proposito, di male come anche di bene. È il nostro cuore che, se sollevato dalle ali della speranza, può sollevare molti. Può sollevare il mondo.

 

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