Le politiche sociali
2 Gennaio 2014 Share

Le politiche sociali

In un recente volume, non a caso intitolato Grammatica dell’indignazione, prodotto dal Gruppo Abele e divulgato dall’associazione Libera, ricco di testimonianze di persone esperte e coinvolte nell’impegno sociale, si delinea un quadro di denuncia ampiamente documentata sul quadro sociale dell’Italia. “C’è, nel Paese, un’anomalia da interpretare e sciogliere. L’indignazione è maggioranza, schiacciante maggioranza”. L’affermazione inquietante che apre la pagina di introduzione del libro non ci sorprende, anzi appare come un chiaro preannuncio di quanto accade in questi giorni sotto i nostri occhi e in molte terre.

Il clima di sconvolgente frastuono che si respira per il malessere che segna le genti e che genera voglia di ribellione da parte dei cittadini è penetrato anche nella penisola. Una politica reclusa in sé ci ha portati a svegliare le coscienze perché ciascuno assuma consapevolezza di ciò che si trascina da tempo nelle ristrette sale del potere, dal centro alla periferia. A questo si aggiunge un clima decisamente inquinato da una diffusa corruzione che investe gli stessi esponenti dello stato.

Il recupero della dimensione etica resta una linea che andrebbe ribadita costantemente nell’azione politica di tutti i tempi. Pensiamo a leggi come la patrimoniale che dovrebbe restaurare il principio di uguaglianza tra diversi che impone al cittadino un carico fiscale rapportato alle sue entrate; per cui chi più possiede più deve allo stato. Abbiamo in Italia un’evasione fiscale che assomma a miliardi che dovrebbero essere destinati al bene comune. E solo oggi ci si accorge di queste malefatte? E che dire della cronaca nera sui grandi capitali occultati oltre frontiera? E non ne sono immuni anche politici. A chi spetta il controllo?

Non giova sdegnarsi anche con fragore quotidiano se non ci si impegna e non si assumono le responsabilità di scelte e di vigilanza da attivare, a partire dalle scadenze elettorali. Viviamo in una società che ha fatto del dissidio senza regole l’imperversante modello di comunicazione. E la partitocrazia lo alimenta e non delinea normative e programmi che promuovano il bene comune. Occorre, da parte del popolo, essere desti e consapevoli e non rinchiudersi nella nicchia di quanti si adeguano al modello diffuso di fare gli affari propri ricorrendo anche alle prassi delle tangenti, del pizzo e del clientelismo dilagante. Riscopriamo noi cittadini lo spazio della intraprendenza. La politica non ha favorito la cooperazione, anzi l’ha impedita non traducendo in leggi principi e criteri che avrebbero prodotto coesione e sviluppo locale.

La situazione che si va delineando non ci può trovare come osservatori neutrali, anche perché il Molise non respira un clima diverso da quello che ammorba il Paese. Vanno emergendo anche da noi segnali di innovazione per quanto riguarda il mondo del lavoro e della promozione per il non profit e la una imprenditoria aperta ai giovani e agli immigrati. Sulle pagine di riviste che danno spazio di rilievo ad esperienze innovative che si registrano in diversi contesti territoriali emergono anche giudizi di chiaro dissenso sulla carenza di idee e, ancor più di progetti, nelle menti e nei programmi della politica sia statale che periferica. Si parla di stimoli che vengono rivolti ma che non trovano poi traduzione in normative tese a sollecitare e sostenere i progetti. Nel numero di Vita dello scorso novembre, un mensile di alta qualità in termini di tematiche trattate e di reportage su esperienze significative sul non profit soprattutto giovanile, riscontriamo un passaggio che fornisce un chiaro giudizio di carenza di idee e di programmazione attiva della politica su questo campo. Intanto si sottolinea la rilevanza di porre il territorio al centro. Partire dal basso produce ampliamento di risorse sul piano culturale, economico, e di una socializzazione che muove i passi dalla collaborazione tra diversi e rafforza il senso comunitario nella riscoperta di radici e risorse della proprio terra; della storia e della cultura che ne ha segnato la persistenza e l’attualità. “La parola d’ordine di questo rinascimento dei territori è multilocalismo, ovvero la capacità sincretica di favorire la coabitazione di attori differenti per cultura, settore, provenienza”. E ancora: “Un capitale che è quindi incorporato in territori che sono intelligenti nella misura i cui sanno dar vita a ecosistemi ospitali per la libera iniziativa e l’innovazione, soprattutto da parte delle giovani generazioni”.

Il Molise presenta un patrimonio storico, culturale artistico e paesaggistico che meriterebbe maggiore attenzione da parte di una politica che non ne ha gran cura. Sarebbe ora di tracciare tale percorso che in molti paesi è attivamente avviato e che produce ricadute sul territorio, valorizzando le risorse, le persone, i beni culturali e paesaggistici, l’enogastronomia, tradizioni e storie. E ciò anche per porre freno alla diffusa spinta dei talenti giovanili che li porta ad affrontare l’esodo per sopravvivere e per mettere in atto la loro intelligenza e intraprendenza.☺

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