Ci sono due immagini che raccontano, in modo chiaro e immediato, lo stato in cui versa questa nostra Europa all’inizio del 2015. La prima viene da Parigi e mostra una marea umana che invade la città e riafferma l’intangibilità di valori che sono stati interconnessi indissolubilmente dalla Rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité. C’è, nelle espressioni di quei milioni di cittadini, il dolore per le stragi fondamentaliste di Charlie Hebdo e dell’ Hyper Cacher, la rivendicazione del pieno diritto alla libertà di stampa e di satira e più di qualche domanda sul modo di far vivere e tenere insieme i valori della civiltà occidentale. La foto di Parigi registra, tra tanti uomini, donne e bambini, anche la presenza di decine di capi di stato e di governo. Tutti sono stati opportunamente e meritoriamente convocati dal presidente Hollande, ma i rappresentanti istituzionali sembrano più smarriti degli altri. La loro presenza sembra essere sopratutto un atto dovuto, un tributo da rendere ai mezzi di comunicazione di massa più che alle vittime del terrore.
Dalla lettura che, in questi giorni, viene fatta dei drammatici eventi parigini si comincia a capire che limitare la libertà di espressione e di stampa sarebbe un grave attacco alla qualità della nostra democrazia. Si riflette sul fatto che negli Stati Uniti la libertà di stampa è ancora più vasta che da noi, senza che questo comporti conseguenze catastrofiche, e ci si interroga sulla necessità di tenere insieme libertà, responsabilità e sicurezza, primazia del diritto, solidarietà e tolleranza. Sembra, insomma, che in questo campo serva un rafforzamento del confronto e della maturazione culturale e civile. È possibile che la società europea sappia farsene carico, anche implementando e approfondendo la riflessione sulle tragiche vicende parigine.
Non è possibile, purtroppo, essere altrettanto ottimisti sulle iniziative politico-istituzionali che i capi di stato e di governo sono chiamati ad assumere, anche per raccogliere le indicazioni che vengono delle strade di Parigi. Per il pieno esercizio del diritto alle libertà civili e religiose è necessaria una condizione che solo le istituzioni europee, insieme a quelle nazionali, ci possono garantire: un più alto livello di sicurezza nel vecchio continente e non solo.
Se la presenza, a Parigi, dei capi di stato e di governo fosse stata sostanziale, oltre che simbolica, si sarebbe provveduto a convocare un consiglio europeo straordinario dedicato all’implementazione dell’Agenda Strategica dell’UE. Le tragiche vicende di Parigi hanno messo in evidenza l’urgenza di dare concreta e rapida attuazione ai punti 4 e 5 dell’Agenda varata a Bruxelles il 27 giugno 2014, laddove il consiglio europeo aveva individuato come prioritari:
– la migliore gestione di tutti gli aspetti connessi alla migrazione, ivi inclusi la migrazione irregolare, l’asilo e la gestione delle frontiere;
– la prevenzione e la lotta contro la criminalità organizzata, la corruzione e il terrorismo;
– il rafforzamento della cooperazione giudiziaria tra i paesi dell’UE;
– il rafforzamento della politica dell’UE di sicurezza e di difesa comune.
Purtroppo il consiglio europeo non ha la volontà politica, il coraggio e le energie necessarie per attuare, insieme al parlamento e alla commissione, le sue stesse decisioni e la sua distanza dai cittadini europei cresce a dismisura. Dall’UE arrivano solo vaghi messaggi relativi ad una non meglio precisata forma di coordinamento tra i servizi di sicurezza dei vari Paesi mentre dal Cairo giunge la notizia, assai positiva ma insufficiente, che annuncia l’intenzione della Lega Araba di creare una forza di intervento rapido antiterrorismo.
La seconda delle immagini evocate all’inizio di questa riflessione è quella relativa alla sessione plenaria del parlamento europeo, in programma a Strasburgo dal 12 al 16 gennaio scorso. La manifestazione repubblicana di Parigi si è appena conclusa e ci si aspetta che il Parlamento europeo sappia dare una prova tangibile della sua esistenza in vita, della sua capacità di svolgere il ruolo di cuore pulsante della democrazia rappresentativa continentale e della sua disponibilità a raccogliere il messaggio che viene dalla società europea profondamente scossa. E invece no. All’indomani dell’imponente manifestazione di Parigi, il Parlamento di Strasburgo è semivuoto. Gli europarlamentari non hanno niente da dirsi su ciò che è accaduto e nessun messaggio da mandare a coloro che li hanno eletti.
Accade così che, il 13 gennaio 2015, mentre il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi dà conto, ad una sparuta pattuglia di parlamentari, dei magri risultati del semestre di presidenza italiana, le istituzioni europee, delle quali abbiamo un disperato bisogno, parlino per immagini e ci dicano, ancora una volta, di essere semplicemente assenti.☺
Ci sono due immagini che raccontano, in modo chiaro e immediato, lo stato in cui versa questa nostra Europa all’inizio del 2015. La prima viene da Parigi e mostra una marea umana che invade la città e riafferma l’intangibilità di valori che sono stati interconnessi indissolubilmente dalla Rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité. C’è, nelle espressioni di quei milioni di cittadini, il dolore per le stragi fondamentaliste di Charlie Hebdo e dell’ Hyper Cacher, la rivendicazione del pieno diritto alla libertà di stampa e di satira e più di qualche domanda sul modo di far vivere e tenere insieme i valori della civiltà occidentale. La foto di Parigi registra, tra tanti uomini, donne e bambini, anche la presenza di decine di capi di stato e di governo. Tutti sono stati opportunamente e meritoriamente convocati dal presidente Hollande, ma i rappresentanti istituzionali sembrano più smarriti degli altri. La loro presenza sembra essere sopratutto un atto dovuto, un tributo da rendere ai mezzi di comunicazione di massa più che alle vittime del terrore.
Dalla lettura che, in questi giorni, viene fatta dei drammatici eventi parigini si comincia a capire che limitare la libertà di espressione e di stampa sarebbe un grave attacco alla qualità della nostra democrazia. Si riflette sul fatto che negli Stati Uniti la libertà di stampa è ancora più vasta che da noi, senza che questo comporti conseguenze catastrofiche, e ci si interroga sulla necessità di tenere insieme libertà, responsabilità e sicurezza, primazia del diritto, solidarietà e tolleranza. Sembra, insomma, che in questo campo serva un rafforzamento del confronto e della maturazione culturale e civile. È possibile che la società europea sappia farsene carico, anche implementando e approfondendo la riflessione sulle tragiche vicende parigine.
Non è possibile, purtroppo, essere altrettanto ottimisti sulle iniziative politico-istituzionali che i capi di stato e di governo sono chiamati ad assumere, anche per raccogliere le indicazioni che vengono delle strade di Parigi. Per il pieno esercizio del diritto alle libertà civili e religiose è necessaria una condizione che solo le istituzioni europee, insieme a quelle nazionali, ci possono garantire: un più alto livello di sicurezza nel vecchio continente e non solo.
Se la presenza, a Parigi, dei capi di stato e di governo fosse stata sostanziale, oltre che simbolica, si sarebbe provveduto a convocare un consiglio europeo straordinario dedicato all’implementazione dell’Agenda Strategica dell’UE. Le tragiche vicende di Parigi hanno messo in evidenza l’urgenza di dare concreta e rapida attuazione ai punti 4 e 5 dell’Agenda varata a Bruxelles il 27 giugno 2014, laddove il consiglio europeo aveva individuato come prioritari:
– la migliore gestione di tutti gli aspetti connessi alla migrazione, ivi inclusi la migrazione irregolare, l’asilo e la gestione delle frontiere;
– la prevenzione e la lotta contro la criminalità organizzata, la corruzione e il terrorismo;
– il rafforzamento della cooperazione giudiziaria tra i paesi dell’UE;
– il rafforzamento della politica dell’UE di sicurezza e di difesa comune.
Purtroppo il consiglio europeo non ha la volontà politica, il coraggio e le energie necessarie per attuare, insieme al parlamento e alla commissione, le sue stesse decisioni e la sua distanza dai cittadini europei cresce a dismisura. Dall’UE arrivano solo vaghi messaggi relativi ad una non meglio precisata forma di coordinamento tra i servizi di sicurezza dei vari Paesi mentre dal Cairo giunge la notizia, assai positiva ma insufficiente, che annuncia l’intenzione della Lega Araba di creare una forza di intervento rapido antiterrorismo.
La seconda delle immagini evocate all’inizio di questa riflessione è quella relativa alla sessione plenaria del parlamento europeo, in programma a Strasburgo dal 12 al 16 gennaio scorso. La manifestazione repubblicana di Parigi si è appena conclusa e ci si aspetta che il Parlamento europeo sappia dare una prova tangibile della sua esistenza in vita, della sua capacità di svolgere il ruolo di cuore pulsante della democrazia rappresentativa continentale e della sua disponibilità a raccogliere il messaggio che viene dalla società europea profondamente scossa. E invece no. All’indomani dell’imponente manifestazione di Parigi, il Parlamento di Strasburgo è semivuoto. Gli europarlamentari non hanno niente da dirsi su ciò che è accaduto e nessun messaggio da mandare a coloro che li hanno eletti.
Accade così che, il 13 gennaio 2015, mentre il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi dà conto, ad una sparuta pattuglia di parlamentari, dei magri risultati del semestre di presidenza italiana, le istituzioni europee, delle quali abbiamo un disperato bisogno, parlino per immagini e ci dicano, ancora una volta, di essere semplicemente assenti.☺
Ci sono due immagini che raccontano, in modo chiaro e immediato, lo stato in cui versa questa nostra Europa all'inizio del 2015.
Ci sono due immagini che raccontano, in modo chiaro e immediato, lo stato in cui versa questa nostra Europa all’inizio del 2015. La prima viene da Parigi e mostra una marea umana che invade la città e riafferma l’intangibilità di valori che sono stati interconnessi indissolubilmente dalla Rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité. C’è, nelle espressioni di quei milioni di cittadini, il dolore per le stragi fondamentaliste di Charlie Hebdo e dell’ Hyper Cacher, la rivendicazione del pieno diritto alla libertà di stampa e di satira e più di qualche domanda sul modo di far vivere e tenere insieme i valori della civiltà occidentale. La foto di Parigi registra, tra tanti uomini, donne e bambini, anche la presenza di decine di capi di stato e di governo. Tutti sono stati opportunamente e meritoriamente convocati dal presidente Hollande, ma i rappresentanti istituzionali sembrano più smarriti degli altri. La loro presenza sembra essere sopratutto un atto dovuto, un tributo da rendere ai mezzi di comunicazione di massa più che alle vittime del terrore.
Dalla lettura che, in questi giorni, viene fatta dei drammatici eventi parigini si comincia a capire che limitare la libertà di espressione e di stampa sarebbe un grave attacco alla qualità della nostra democrazia. Si riflette sul fatto che negli Stati Uniti la libertà di stampa è ancora più vasta che da noi, senza che questo comporti conseguenze catastrofiche, e ci si interroga sulla necessità di tenere insieme libertà, responsabilità e sicurezza, primazia del diritto, solidarietà e tolleranza. Sembra, insomma, che in questo campo serva un rafforzamento del confronto e della maturazione culturale e civile. È possibile che la società europea sappia farsene carico, anche implementando e approfondendo la riflessione sulle tragiche vicende parigine.
Non è possibile, purtroppo, essere altrettanto ottimisti sulle iniziative politico-istituzionali che i capi di stato e di governo sono chiamati ad assumere, anche per raccogliere le indicazioni che vengono delle strade di Parigi. Per il pieno esercizio del diritto alle libertà civili e religiose è necessaria una condizione che solo le istituzioni europee, insieme a quelle nazionali, ci possono garantire: un più alto livello di sicurezza nel vecchio continente e non solo.
Se la presenza, a Parigi, dei capi di stato e di governo fosse stata sostanziale, oltre che simbolica, si sarebbe provveduto a convocare un consiglio europeo straordinario dedicato all’implementazione dell’Agenda Strategica dell’UE. Le tragiche vicende di Parigi hanno messo in evidenza l’urgenza di dare concreta e rapida attuazione ai punti 4 e 5 dell’Agenda varata a Bruxelles il 27 giugno 2014, laddove il consiglio europeo aveva individuato come prioritari:
– la migliore gestione di tutti gli aspetti connessi alla migrazione, ivi inclusi la migrazione irregolare, l’asilo e la gestione delle frontiere;
– la prevenzione e la lotta contro la criminalità organizzata, la corruzione e il terrorismo;
– il rafforzamento della cooperazione giudiziaria tra i paesi dell’UE;
– il rafforzamento della politica dell’UE di sicurezza e di difesa comune.
Purtroppo il consiglio europeo non ha la volontà politica, il coraggio e le energie necessarie per attuare, insieme al parlamento e alla commissione, le sue stesse decisioni e la sua distanza dai cittadini europei cresce a dismisura. Dall’UE arrivano solo vaghi messaggi relativi ad una non meglio precisata forma di coordinamento tra i servizi di sicurezza dei vari Paesi mentre dal Cairo giunge la notizia, assai positiva ma insufficiente, che annuncia l’intenzione della Lega Araba di creare una forza di intervento rapido antiterrorismo.
La seconda delle immagini evocate all’inizio di questa riflessione è quella relativa alla sessione plenaria del parlamento europeo, in programma a Strasburgo dal 12 al 16 gennaio scorso. La manifestazione repubblicana di Parigi si è appena conclusa e ci si aspetta che il Parlamento europeo sappia dare una prova tangibile della sua esistenza in vita, della sua capacità di svolgere il ruolo di cuore pulsante della democrazia rappresentativa continentale e della sua disponibilità a raccogliere il messaggio che viene dalla società europea profondamente scossa. E invece no. All’indomani dell’imponente manifestazione di Parigi, il Parlamento di Strasburgo è semivuoto. Gli europarlamentari non hanno niente da dirsi su ciò che è accaduto e nessun messaggio da mandare a coloro che li hanno eletti.
Accade così che, il 13 gennaio 2015, mentre il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi dà conto, ad una sparuta pattuglia di parlamentari, dei magri risultati del semestre di presidenza italiana, le istituzioni europee, delle quali abbiamo un disperato bisogno, parlino per immagini e ci dicano, ancora una volta, di essere semplicemente assenti.☺
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