Liberi di decidere. I fondi per le “non autosufficienze” in Molise
29 Agosto 2017
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Liberi di decidere. I fondi per le “non autosufficienze” in Molise

La Regione Molise destìna gran parte dei fondi per le “non autosufficienze” alle cooperative, anziché alle famiglie. Che sono in stato di agitazione.

Lo scorso 9 giugno una delegazione di caregiver familiari e persone con disabilità, guidati dalle associazioni Laboratorio Progressista ed Isernia domani, ha protestato davanti alla giunta regionale per denunciare i criteri di riparto del Fondo per le non Autosufficienze 2015, che ha visto l’assegnazione alle cooperative di un importo pari all’80% del totale dei fondi e l’assegnazione del solo 20% alle famiglie. Una rivoluzione rispetto alla ripartizione dei fondi del bando FNA 2014, che privilegiava invece la distribuzione dei fondi in maniera maggioritaria alle famiglie, e poi alle cooperative.

A seguito della protesta, i delegati delle associazioni hanno ottenuto un incontro con l’assessore Facciolla, finalizzato a pianificare una concertazione degli interventi e della ripartizione dei fondi, anche e soprattutto per i bandi futuri. Nei prossimi giorni dovrebbero tenersi delle tavole rotonde di confronto tra le istituzioni, le famiglie e le persone con disabilità.

Fondo per le non autosufficienze: cos’è che non va

Il Fondo per le non autosufficienze, da anni ormai oggetto di sforbiciate da parte del governo centrale, è una misura assistenziale che si propone di sostenere le famiglie in presenza di persone con disabilità gravissima e grave, attraverso la diversificazione degli interventi assegnati, quali ad esempio contributo economico alle famiglie, acquisto ausili non compresi nel nomenclatore tariffario, progetti di autonomia per i minori e finanziamento di progetti per le cooperative che intervengono nel sociale. Assegnare i contributi direttamente alle cooperative altro non significa che tagliare fuori la persona con disabilità e la famiglia da ogni decisone; significa calare dall’alto l’intervento. Quando si interviene dall’alto però occorre conoscere perfettamente il contesto in cui si interviene, il che presuppone una adeguata conoscenza della realtà, non solo numerica ma anche qualitativa.

In Molise le politiche sociali sono inadeguate alla realtà di riferimento

In questo non può non avere importanza il contesto culturale in cui si interviene. Nel Molise, e non solo in Molise, l’inadeguatezza delle politiche sociali rispetto al contesto di riferimento nasce soprattutto da un problema culturale. In primis, l’idea che la persona con disabilità e la famiglia sia un oggetto da assistere piuttosto che un attore dei suoi diritti, altera l’ottica di base da cui partire per trovare efficaci soluzioni. È da pochi, pochissimi anni che comincia a formarsi una cultura sull’abbattimento delle barriere architettoniche nelle cittadine e sul litorale molisano, sul diritto al gioco dei minori con disabilità, sulla vita indipendente delle persone con disabilità, sui diritti dei caregiver familiari. Permane – e questo con obiettività va riconosciuto – in alcuni contesti ancora l’idea che la disabilità sia una condizione da vivere nelle mura domestiche, vuoi per sfiducia nelle istituzioni, vuoi per retaggi culturali ancora presenti. Ci si dimentica che a volte, e più spesso di quanto si creda, i servizi sociali e le cooperative sociali sono in grado, e spesso meglio di quanto si creda, di pianificare interventi mirati. È evidente però che per dare luce ad un intervento mirato bisogna conoscere e rispettare la volontà dei destinatari.

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Cosa intendiamo per libertà di decidere e in cosa si può migliorare

Ecco perché dare alla cooperative può significare togliere alle famiglie, e questo anche se gli interventi vengono pianificati in buona fede. Esistono famiglie che non vogliono affidarsi ai servizi sociali per provvedere alla gestione della persona con disabilità in maniera diretta, e questa idea va rispettata. Ed anche le famiglie che intendono avvalersi dei servizi territoriali, devono essere messe in condizione di decidere quale sia l’intervento più idoneo rispetto al caso specifico. In poche parole, bisogna rispettare la libertà di decidere autonomamente.

Ben venga pertanto il confronto costruttivo tra istituzioni, persone con disabilità e famiglie, finalizzato a trovare le soluzioni più idonee per dare sostegno alle condizioni di disabilità grave e gravissima, evidenziando e sviscerando tutte le problematiche coinvolte.

Un’ultima considerazione. Gli interventi devono essere rapidi il più possibile, altrimenti non hanno senso. L’ambito sociale di Portocannone e poi di Termoli, ad esempio, ha impiegato un anno dalla scadenza del bando per concretizzare gli interventi, ed è un tempo troppo lungo, pur volendo comprendere tutte le vicissitudini intervenute in questi mesi. Le famiglie hanno bisogno subito, e di fronte all’emergenza non vi è nessuna lungaggine burocratica che tenga. Non si può posticipare di un anno l’intervento di autonomia su un minore, o consegnare un ausilio con un anno di ritardo. Il tempo è un aspetto su cui si può e si deve lavorare. ☺

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