L’odio e la bellezza
31 Gennaio 2014 Share

L’odio e la bellezza

L’edizione on line de Il Fatto quotidiano del 6 gennaio con la notizia sul malore di Bersani, conteneva 976 commenti. I 976 commenti sono preceduti da un avviso: “Evita gli insulti, le accuse senza fondamento e mantieniti in topic. Abbiamo bisogno del tuo parere”. Bello, giusto, corretto. I 976 commenti, spariti poi dalla bacheca, erano tutti insulti ed auguri di morte.

Una lettrice da Facebook: È l’una e quindici del 6 gennaio, sono passate molte ore dalla pubblicazione del vostro post sul malore di Bersani, in cui diversi italioti hanno dato sfogo alla propria bassezza morale… Ho atteso nella speranza che il direttore Padellaro o chi per lui sentisse il bisogno di scrivere due righe per dissociarsi dalla volgarità e dalla crudeltà di certi commenti ma la risposta è stato un silenzio assordante, complice di tanta infamia! Mi dispiace dirvi che non siete molto diversi da coloro che si sono espressi in modo così disumano! Vergognatevi, se vi riesce!

Che cosa è dunque successo? Chiunque legga da tempo i commenti ai blog del Fatto (un po’ tutti, sia quelli che riguardano i femminismi, sia quelli in cui non si parla esplicitamente di politica) lo sa già: in larga parte, chi commenta su quel sito in particolare, fa da anni professione di odio.

Odio per chi? Non importa, basta un qualsivoglia pretesto e giù maledizioni e auspici di turpi sofferenze per chiunque rappresenti la casta, o abbia visibilità, o sia ritenuto responsabile non semplicemente dei mali italiani, ma dei propri. Per esempio, scrive T. (donna, fan di Borsellino e della Barbie, odiatrice di rom),: “Sono veramente contenta di quel ke gli è capitato. Spero muoia quanto prima… visto tt la gente ke si è tolta la vita a causa delle sue scellerate scelte politike. Equitalia in primis… non dimentikiamoci ke ne è stato uno dei fautori”.

È inclusione, spinta all’ omologazione che il commento odiatore porta con sé? Come interpretare la vicenda? Non  basta quel che scrive Arianna Ciccone nel suo blog la valigia blu: “in Rete c’è l’Umanità, la nostra umanità. Siamo tanti e la nostra bruttezza così messa in scena tutta insieme contemporaneamente spaventa, certamente”. La Rete non è soltanto la fotografia del reale: o anche ammettendo che sia così, il solo fatto di porgere quell’immagine invita al rispecchiamento, fa sentire meno solo colui o colei che si sente autorizzato a usare un determinato linguaggio e a esprimere determinati sentimenti.

Siamo le parole che usiamo scrive Giovanna Zucconi. C’è una sola regola: non si insulta, non si offende. Si rispettano le persone e ci si impegna per un maggiore rispetto di se stessi e quindi degli altri. Quello di Bersani è un esempio, immaginate cosa trovo per il femminicidio e i femminismi?

Su Facebook in una pagina in cui si attacca il femminismo ho letto un commento che non solo nega il femminicidio ma invita le femministe a morire presto. Una violenza inaudita e una teoria strampalata con la quale tenta di far passare come violenza delle donne sugli uomini la percentuale di suicidi che negli uomini è tre volte superiore che nelle donne.

Ecco come l’admin della pagina spiega il perché si suicidano più uomini che donne: “La propensione al suicidio è maggiore tra la popolazione maschile, oltre tre volte quella femminile, e cresce all’ aumentare dell’età”.

“Ecco chi sono le vittime reali di violenza in Italia, il grande “non detto”. E la violenza psicologia è peggiore di quella fisica perché difficile da smascherare come un serial killer di paese che si nasconde tra i visi comuni come il suo. Che, infatti, fa più vittime perché ha libertà di agire.

Non pensate “le donne non si toccano nemmeno con un fiore” non c’è niente di più maschilista di questa frase: perché le rende tutte uguali, inferiori. Invece sono tutte diverse. Capite chi avete davanti, non generalizzate mai. Fateveli due dubbi, arrabbiatevi. È nell’insieme di queste piccole azioni che agisce la violenza. E su scala nazionale e priva dell’attenzione dei media. Se si guarderà sempre la piccola azione, avranno sempre ragione: uno schiaffo è più grave di una presa in giro. Ma se guardiamo l’insieme, come potete ben vedere, la situazione è esattamente all’opposto: donne carnefici, uomini vittime”.

Poi la negazione del femminismo, la frase che vorrebbe distruggere anni di lotte fatte per i diritti delle donne. “Il femminismo italiano ha disturbato e traumatizzato, oltre che le vittime maschili, anche le donne, rendendole sadiche: non c’è niente di più sadico e malato e violento di portare una persona al suicidio”.

Poi si passa al peggio. Alla minimizzazione del dramma dello stupro che subisce una donna. Dicendo che “Almeno gli stupratori affrontano faccia a faccia. E quando vengono beccati, passano i guai”. E poi la follia: Lo stupro “mentale” porta a questo, lo stupro “psicologico” esiste e “uccide” al pari di quello fisico. Anzi no: 3 volte superiore. Io non voglio dare tutta la colpa alle “donne” (o alle stronze libere di circolare) ma voglio solo far notare che i suicidi maschili sono 3 volte superiori. Maschili. Capito? Maschili. Quelli che hanno il c…o. Che nessuna operazione vi può dare. Capito? Maschili.  M-A-S-C-H-I-L-I. Prima di voi. Voi dopo. Capito? L’attenzione prima agli uomini, e poi a voi. Prima agli uomini e poi alle donne.  Pappappero idiote.

Da dove tanta sciatteria, tanta bruttezza, tanta volgarità? Abbiamo subìto anni e anni di violenza d’immagine, bruttezza e volgarità (e non basta certo che Tarantino omaggi Alvaro Vitali per essere soddisfatti) abbiamo iniziato a sminuire la donna con film, messaggi, libri dove l’oggetto erotico (ma perché scrivo erotico se l’erotismo è bello?). No l’oggetto da sega, da masturbazione non altro è, furbescamente, usato in nome della bellezza.

Al Golden Globe in America con il film La grande bellezza Tarantino ha vinto. Subito stamane il politico Rampelli (sic) La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino ci sputtana nel mondo. Certo, ha vinto un premio di grande prestigio, però indubbiamente non contribuisce, anzi, a veicolare una bella immagine di Roma e dell’Italia. Non posso fare a meno di osservare come la cinematografia che piace all’estero ci descriva come corrotti o decadenti in questo caso, come mafiosi inguaribili nel caso di Gomorra o come straccioni nel caso del cinema neorealista. Lo afferma il deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, ospite questa mattina del talk show di Klaus Davi ‘KlausCondicio’. Le stesse accuse che venivano fatte a Ladri di biciclette o Roma città aperta!

Nel film la parola bellezza vuole proprio fare dimenticare l’identità della parola stessa; l’attore Servillo – bravissimo! – in un’umanità felliniana da Amarcord, Otto e mezzo, ma soprattutto da cena di trimalcione, dice proprio: “Ho cercato la grande bellezza, sottolineando l’analisi del vuoto, della corruzione fisica, politica, sociale dell’Italia”.

Per questo mi rifaccio alle parole di Peppino Impastato che certamente aveva anticipato il nostro sfacelo con la sua sottolineatura sulla bellezza. Per questo finisco con le parole di donne che corrono con i lupi per un ritorno all’integrità della bellezza che salverà almeno le mie nipoti, almeno l’Italia, non so se il mondo.

La donna selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere. Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli. Riunirsi alla natura selvaggia significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, rifarsi ai poteri femminili innati dell’intuito e della percezione, riprendere i propri cicli. La donna selvaggia è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare. Lei è idee, sentimenti, impulsi, memoria. È colei da cui andiamo a casa. È quello che ci fa andare avanti quando pensiamo di essere finite. Lascia impronte ovunque ci sia una donna che è terreno fertile. Vive in un mondo lontano che a forza si apre un varco verso il nostro mondo (Clarissa Pinkola Estés).

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