Lontani dal mondo
5 Marzo 2020
laFonteTV (3191 articles)
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Lontani dal mondo

Any Given Sunday (Ogni maledetta domenica) è il titolo di una celebre pellicola diretta da Oliver Stone di ormai un ventennio fa che ha segnato la storia del cinema in ambito sportivo e che nel corso degli anni è diventato il rituale del tifoso assiduo della propria squadra del cuore, sia che giochi in casa, sia che giochi in trasferta.

La domenica di calendario casalinga è piuttosto comoda e perciò adatta anche al tifoso occasionale. La trasferta al contrario è per i più assidui, che sacrificano la pausa domenicale dal lavoro ed il tempo da dedicare alla famiglia pur di seguire le gesta della propria squadra del cuore, ormai parte del proprio Dna, in un contesto che anni addietro fu raccontato dalla penna di Nick Hornby in Febbre a 90°, che descrive meglio di ogni altra cosa questo rapporto tifoso-squadra del cuore e fa comprendere determinate dinamiche anche a chi dall’esterno critica qualcosa che per certi versi gli appare incomprensibile.

Latitudini diverse, categorie diverse, situazioni diverse, destinazioni diverse: stessa passione. Può capitare così che in una tiepida domenica invernale i tifosi rossoblù del Campobasso siano chiamati a recarsi lontano dalla propria città, davvero lontano, per vedere la propria squadra del cuore scendere in campo. Esattamente ciò che è accaduto qualche domenica fa con la trasferta che aveva come destinazione il comune marchigiano di Matelica, un paese di diecimila anime, sconosciuto ai più ed incastonato tra le strette vallate che fanno da contorno ai duemila metri del vicino appennino; un luogo, tuttavia, che dopo il viaggio di ritorno verrà ad avere un’accezione completamente diversa nella mente e negli occhi dei tifosi.

Il caso vuole che per arrivare in questo remoto comune della Marca più profonda quasi ai confini con l’Umbria, ci si addentri in zone che apparentemente non dicono nulla, ma che, salutando la ridente costa adriatica ed iniziando il lungo percorso verso il cuore dell’Italia centrale, lascia sempre meno spazio all’immaginazione: ed il calcio, lo sport, primordiale motivo del viaggio, passa del tutto in secondo piano. Superata infatti agevolmente la pianura degli outlet civitanovesi, in cui più che in ogni altro posto la famiglia Della Valle ha voluto imprimere in maniera forte il segno della propria presenza, le colline prima e le montagne poi, le montagne vere, iniziano a farla da padrone. La veloce superstrada a 4 corsie (equipollente alla nostra eterna incompiuta Termoli San Vittore) si infila in alte gole e gradualmente si inizia a perdere il contatto con quella che era la modernità precedente. Attraversata Tolentino, il paesaggio muta completamente. Ai lati della strada si incontra più di un capannone crollato per metà e mai più tornato a funzionare. Andando avanti, se ne incontra ancora un altro e poi un altro ancora. Ciò che prima era solo un indizio, diventa prepotentemente realtà: i cartelli stradali fanno da sugello nel farci intendere dove siamo realmente arrivati. La svolta verso Matelica, con la cartellonistica che ci indica la distanza di pochi chilometri dai comuni di Visso, Ussita e Pieve Torina, ci conferma ciò che avevamo temuto ed in un attimo, la memoria torna prepotentemente agli eventi sismici del Centro Italia del 2016 e del 2017.

Il silenzio, il malanimo e l’ inquietudine prendono il sopravvento. Ciò che incontriamo lungo il cammino è infatti di per sé inequivocabile. Campanili puntellati, paesi abitati per metà, case sventrate, villaggi prefabbricati purtroppo ancora in funzione. La scossa fu violentissima, le conseguenze si vedono ancora oggi ad occhio nudo e pare neppure qui abbiano trovato ancora una ripartenza, nonostante l’attenzione che quel sisma sollevò all’interno dell’opinione pubblica. Qui, nel Centro Italia, si è più al Sud che nel cratere di San Giuliano di Puglia. E dove non arrivano le telecamere a constatarlo, perché da tempo ormai su questo fronte si sono spenti i riflettori, poiché la notizia non interessa più, perché non fa più cronaca, siamo noi a notarlo, spettatori casuali passati qui per un motivo altrettanto casuale. La mente torna indietro ed immaginiamo cosa devono essere stati quei momenti, tra queste gole, tra questi valloni, alle pendici dell’imponente catena appenninica, dove gli spostamenti ed i soccorsi furono resi difficili dall’olografia del territorio.

L’intermezzo del viaggio a questo punto diventa la partita di calcio, una parentesi in tutto ciò. Il tragitto di ritorno ci porterà a percorrere nuovamente quei luoghi, questa volta passando per Camerino, anch’essa un tempo fiore all’occhiello per quanto riguarda gli studi universitari e poi azzerata dal sisma. C’è un po’ di malinconia in più rispetto al viaggio d’andata del mattino, perché le luci della sera si iniziano ad accendere nei paeselli e nei villaggi prefabbricati e la rabbia per come puntualmente la politica dimentichi quelle che sono le emergenze vere, è palpabile in ognuno di noi. Questa non è una denuncia, ma solo la presa d’atto da parte di un tifoso comune, di come l’Italia politica peggiore mostri la sua incapacità anche in quelle che dovrebbero essere le priorità da risolvere, più di ogni insulsa riforma elettorale o altrettanto insulsa riforma della giustizia, senza menzionare le vergognose schermaglie tra partiti, in cui a pagare le conseguenze sono soprattutto coloro che in giro per l’Italia vivono ancora in quei prefabbricati, ad anni di distanza dal momento in cui si è consumata l’emergenza. Che le coscienze di chi lascia che tutto resti così abbiano un sussulto di dignità!☺

 

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