Lotta alla povertà
7 Giugno 2014 Share

Lotta alla povertà

Da troppo tempo la nostra irrilevanza, come cristiani, e in alcuni casi il nostro silenzio ha permesso, concesso o non ostacolato l’avanzata di un sistema economico che uccide. Nulla ha più lo stesso valore, lo stesso senso. In nome dell’azzardo finanziario che ha amplificato la crisi economica del consumismo, coloro che l’hanno provocata, hanno ridotto i diritti fondamentali, attaccato le costituzioni degli Stati, ridotto in schiavitù intere popolazioni attraverso privatizzazioni, attacco ai territori, sistemi di indebitamento con logiche da usura internazionale. Come possiamo tacere? Come possiamo essere insensibili al grido di dolore degli impoveriti, al tintinnio di catene che proviene da diverse parti del pianeta?

Ogni volta che tentiamo di parlare dei poveri ci troviamo schierati a sinistra, perché? La difesa delle categorie più povere e più dipendenti è stata infatti assunta dalle “sinistre”, in particolare dal socialismo nelle sue varie articolazioni fino alle esasperazioni del comunismo, il quale, anche per reagire all’alleanza delle Chiese prima con la nobiltà poi con la borghesia, s’è proclamato “materialista e ateo”. È stato facile allora sia per le classi più agiate difendere i propri privilegi ergendosi a difesa della Chiesa e della spiritualità, sia per la stessa Chiesa schierarsi con chi la difendeva, senza indagare quali fossero le reali intenzioni dei difensori e quali i loro metodi di “difesa”. Le Chiese si sono così trovate alleate delle dittature militari più opportuniste e più dure, e sono state indotte al silenzio di fronte a ferocie sistematiche operate contro gli avversari e giustificate dal definirli sovversivi e atei. In America Latina solo molto tardi, episcopati nazionali hanno riconosciuto di aver taciuto, chiedendo perdono alle loro popolazioni. In Italia questo clima di tensione comportò per i “cattolici” il dovere di coscienza di votare per il partito “cristiano”, col divieto, sotto pena di peccato, di votare a sinistra. A questo si accompagnava una maggior simpatia per i movimenti di destra perché si professavano “cattolici” o perché attraverso opportuni Concordati avevano garantito alla Chiesa notevoli privilegi. Una conferma a questa valutazione potrebbe venire dal fatto che san Giovanni Paolo II, dopo essersi appoggiato all’Occidente per indebolire e far cadere dal di dentro l’ideologia marxista e il comunismo mondiale, una volta caduto il muro di Berlino si premurò di indicare le contraddizioni e le violenze operate dall’ideologia liberistica nella personificazione del capitalismo.

Per questo motivo, oggi, nell’epoca di Francesco, che nello stile vuole tornare ad una Chiesa dei poveri e non solo per i poveri, ci viene incontro un’interpellanza interiore. Quale società senza esclusione siamo chiamati a costruire? Quale economia della vita che contrasti un’economia che uccide? Chi farà questa rivoluzione di Francesco? La costruzione del bene comune di tutti e di ciascuno è l’alto atto di carità politica a cui siamo chiamati. Con chi? Con tutti quelli che vogliono procedere per la stessa strada di costruzione di una società solidale in cui nulla è nostro.

Abbiamo bisogno di un’etica nuova intorno all’economia del debito per il XXI secolo basata sull’analisi critica delle strutture e delle relazioni di potere. Nella tradizione giudaico-cristiana qualsiasi cosa di superfluo che abbiamo lo dobbiamo dare a chi non ha; e inoltre il debito è un termine che si riferisce ad un obbligo umano. Nel Levitico sono esposti 4 principi: 1) credere che la povertà non scompare da un giorno all’altro – non devi cercare di ottenere profitto dalle miserie dell’altro; 2) la terra, che è fonte di ricchezza e sicurezza, è un prestito; 3) siamo sempre in debito  per i doni ricevuti da Dio – c’è sempre un periodo storico in cui si crea una spirale asimmetrica, il gap tra creditore e debitore, che si allarga sempre di più; non c’è nessuna ragione per cui questa spirale dovrebbe fermarsi da sola e quindi sei tu che devi fermarla e occorrono politiche molto chiare per limitare questa spirale; 4) ci deve essere una proibizione della garanzia illimitata del debitore.

Questo ha molto da dire su come il debito si è evoluto a livello internazionale! Inoltre non si può parlare del debito in modo giusto senza parlare della responsabilità del creditore. Qual è il prestare etico? Siamo così concentrati sul comportamento etico di pagare il debito, che abbiamo ignorato quello del creditore. Nel sistema internazionale, dal 1970 sino ai sub prime, non c’è stato un prestare etico. Non solo in termini di costi per la perdita del diritto alla sanità, all’istruzione e al cibo, ma anche il costo della democrazia funzionante. Per guardare a quello che potrebbe essere una pratica realmente etica di scambio di risorse, occorre limitare la spirale asimmetrica che è la degradazione del debitore.   Anche a noi cristiani d’Europa spetta ristabilire la giustizia sociale per costruire una società senza esclusione. ☺

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