l’ultima calamità  di Domenico D’Adamo
30 Maggio 2012 Share

l’ultima calamità di Domenico D’Adamo

 

Dell’intervento urlato dall’ex consigliere regionale delegato, nella seduta consiliare del 27/04/2012, si è capito veramente poco. L’uso involuto della sintassi e la insufficiente conoscenza della grammatica, insieme a una scarsa conoscenza dell’argomento, hanno reso inutili gli sforzi vocali in difesa di una legge che istituisce l’Agenzia regionale di Protezione Civile, conferendole personalità giuridica e autonomia patrimoniale, contabile e organizzativa. La legge che solo formalmente istituisce il nuovo organo regionale, oltre ai compiti specifici attualmente svolti dal servizio regionale di Protezione Civile, dovrà occuparsi anche della ricostruzione post-sisma e del rilancio economico del territorio colpito da calamità. L’Agenzia, in verità, fungerà da Ufficio di collocamento, attraverso il quale transiterà il futuro personale della Regione Molise, e gestirà ingenti somme di danaro, senza il controllo del consiglio regionale, né preventivo, né successivo. Anche il rilancio economico e sociale del territorio colpito da calamità, una roba che ricorda tanto l’art. 15 delle seppie e delle patate turchesche, viene delegato, con questa legge all’Agenzia che risponde unicamente al governatore. Materie importanti come queste dovrebbero essere trattate dal consiglio, ma purtroppo, in Molise, ci pensa Iorio.

Tutto questo l’ex delegato non lo ha abbaiato, o forse non lo abbiamo capito noi, ma su un punto l’ex consigliere è stato veramente chiaro: la legge sull’Agenzia regionale di protezione civile viene dalla Campania di Bassolino. La dottoressa Bozzi, esperta regionale in materia legislativa, secondo quanto dichiarato dall’ex sub commissario, unico membro della maggioranza consiliare insieme all’ex relatore Niro a difendere la bella  trovata, “è andata presso la Regione Campania per verificare questa legge del 2004 che riguarda questa costituzione dell’Agenzia”. Speriamo non si sia affaticata troppo, la consulente di Iorio, visto che si è trattato di “verificare” il quinto comma dell’art. 5, inserito nella legge finanziaria della regione Campania, approvata nel 2004 da quei comunisti, amici di Bassolino. Chi l’avrebbe mai detto: Iorio che copia dai comunisti! A vederlo non sembra ma, gratta gratta, scopri che anche lui, in caso di necessità, non disdegna l’aiuto dei vecchi amici; e dove la poteva trovare una legge come questa, se non dagli amici campani che in fatto di trasparenza ne sanno una più del diavolo? E pensare che la legge “ritrovata” è passata indenne anche al vaglio della Consulta la quale, interessata dall’Avvocatura dello Stato, anch’essa convinta che la stessa prorogasse lo stato di emergenza, ne rigettava le richieste. In sostanza la Consulta sostiene che istituire con legge regionale un’agenzia nella quale trasferire i poteri commissariali non costituisce motivo di illegittimità costituzionale, purché gli stessi poteri vengano esercitati in costanza di dichiarazione dello stato di emergenza; nelle motivazioni chiarisce che la norma impugnata  “non attribuisce alla istituenda agenzia regionale campana i poteri straordinari o derogatori previsti in capo al Presidente, né proroga in alcun modo lo stato di emergenza, anzi, intende regolare proprio la situazione delle strutture commissariali per il tempo in cui venga a cessare lo stato di emergenza, prevedendo che le stesse e i relativi compiti e funzioni siano attribuiti in via ordinaria alla istituenda agenzia regionale”. Così recita la sentenza della Corte Costituzionale che si è interessata della questione. La situazione campana tuttavia si differenzia da quella molisana perché, mentre per Bassolino la fase emergenziale è andata avanti ancora per un anno dopo l’approvazione della legge, Iorio ha avuto a disposizione soli tre giorni per sistemare le cose, dal 27 aprile, giorno di approvazione della legge, al 30 aprile 2012, giorno in cui è terminato lo stato di criticità: anche al Padre eterno, che a detta di tutti è un poco più capace di Iorio, nonostante i poteri straordinari ce ne sono voluti sette di giorni per rientrare nell’ordinarietà, si fa per dire.

Il pretesto della criticità

La fretta quindi di approvare la legge istitutiva dell’Agenzia, prima che scadesse lo stato di criticità, non è dettata da ragioni contingenti, come può essere il riavvio dei cantieri o la liquidazione dei lavori già realizzati, così come hanno spiegato all’ex delegato, ma dal pericolo di adottare norme in contrasto col dettato costituzionale, appunto per non prorogare lo stato di criticità, potere questo, attribuito solo al capo del governo. Il presidente Iorio, a questo punto, potrà operare con gli strumenti normativi che gli offre la nuova legge, quelli contenuti nel comma 10 dell’art. 6, solo se i “burocrati di Roma” gli concedono una ulteriore proroga dei poteri commissariali. In caso contrario dovrà aggiornare rapidamente la normativa concernente la ricostruzione per poter rientrare nell’“ordinario” senza combinare ulteriori pasticci. Non a caso, nel suo interveto per spiegare il senso della legge, il governatore si è espresso così: “Io credo che sostanzialmente ci possa essere una breve proroga dello stato di criticità che in qualche modo coprirebbe tutto il periodo da utilizzare per il passaggio all’ordinario in maniera molto più agevole. La cosa non mi sembra né scandalosa, né impossibile, mi sembra logica, come ho detto più volte, e solo la testardaggine forse di qualcuno potrebbe in qualche modo impedire questo tipo di procedimento”.

Secondo Iorio, il fatto che in questa regione non si applichino, ormai da nove anni, le leggi ordinarie è assolutamente logico e chi pretende di ritornare alla ordinaria normalità è un testardo. Nulla di strano se a dire queste cose è l’avventore di un bar; quando a parlare è, invece, il governatore, e lo fa nel tempio della democrazia, allora significa che qualcosa non funziona. Se qualcuno pensa che con l’istituzione dell’Agenzia si torni a fare festa sul Titanic che affonda si sbaglia perché quella nave non c’è più. È del tutto evidente che, in assenza di proroga dello stato di criticità, ogni provvedimento assunto dopo il 30 aprile sulla base dei decreti e alle ordinanze emesse dal Governo con i poteri straordinari, risulterà di facile bersaglio sia per i giudici amministrativi che per quelli contabili, ancor di più dopo lo scioglimento del consiglio regionale. Se oggi Iorio resta in sella solo per l’ordinaria amministrazione con i poteri affievoliti, difficilmente il governo potrà conferirgli poteri straordinari sia in materia di terremoto che in altre materie.

La protervia del potere

Dalle dichiarazioni del governatore emerge anche, con estrema chiarezza, che oltre a un generico impegno assunto del sottosegretario Catricalà per la fissazione di un futuro incontro con il presidente del consiglio, nulla di nuovo e di utile è venuto da Roma: irrisolto sembra, tranne qualche fumosa promessa del Ministro Barca, sia il problema dello svincolo dei 346 milioni di euro, legati al patto di stabilità, sia quello che riguarda l’assegnazione di un fantomatico finanziamento, per far fronte al risarcimento dei danni, assegnato alle parti civili dall’autorità giudiziaria. Stanziamento che non figura in nessun atto ufficiale del governo, in beffa a quanto è stato precedentemente promesso ai parenti delle vittime.

 La questione della paralisi totale dei lavori, durata da gennaio a marzo di quest’anno, non è dunque legata alla mancanza di leggi, così come sostenuto dall’ex delegato – sarebbe bastato il servizio di protezione civile già esistente in regione, incrementato da altro personale, a gestire la ricostruzione. Il fermo delle attività post-sisma è invece dovuto alla protervia di un potere che non accetta neanche l’idea di proseguire i lavori della ricostruzione post-sisma con le regole ordinarie, quelle che valgono per tutti, così come suggerito dal consigliere Monaco nel suo intervento in consiglio regionale. Quella legge, inutile alla ricostruzione, servirà solo a sistemare gli amici nei ruoli della regione, non a ricostruire le case dei terremotati per i quali l’ex delegato non ha speso un solo grugnito nel suo intervento, una personcina veramente a modo che lega la parola terremoto ai progettisti, ai tecnici, agli imprenditori, agli amministratori di un’agenzia che tutti li contiene e tutti li sollazza, non alle macerie, ai paesi deserti, alla depressione morale ed economica per affrontare le quali non c’è bisogno di alcuna agenzia, ci vogliono invece soldi: quei 346 milioni di euro partiti da Roma sin dal 3 agosto dell’anno scorso e non ancora pervenuti, o quegli 80 milioni di euro anticipati dalla giunta regionale sulla carta e mai trasferiti dal bilancio regionale alla contabilità speciale che pare contenga un risicato saldo di appena tre milioni di euro, oltre ad altri 54 già impegnati. Gli stessi che Iorio conferirà in dote all’Agenzia per le prime necessità: peccato che quei soldi il commissario li abbia già spesi.

L’ex delegato, senza pudore alcuno, si è vantato, nel consiglio del 27 aprile, di essere giunto (dopo nove anni diciamo noi) alla ricostruzione del 35% della fascia A, oltre ad aver completato la ristrutturazione di numerosi edifici pubblici e messo in sicurezza la quasi totalità delle scuole, per una spesa complessiva di 850 milioni di euro. Se avesse letto più attentamente ciò che presumibilmente avrebbe dovuto anche scrivere, saprebbe che la spesa complessiva per la ricostruzione, al trenta di Aprile, è di un miliardo e 172 milioni di euro e la ricostruzione complessiva è appena al 15%. È il caso, una volta per tutte, di portare le carte in consiglio regionale, invece di trafugarle presso l’Agenzia. Invece di bruciare soldi per inutili opuscoli propagandistici, sarebbe il caso di rendere conto a tutti i cittadini dell’uso che si è fatto dei soldi pubblici per capire quanto è costato un metro di casa tra mattoni, muratori, progettisti, tecnici, controllori, consulenti, comunicatori, commissari, sub, aiutanti vari. Dopo lo scioglimento forzato del consiglio regionale, i problemi per Iorio diventano irrisolvibili. L’ex consigliere delegato si dice sereno, beato lui perché a non esserlo siamo noi. Sarebbe il caso, per il bene del Molise, che il governatore, ormai privo dei poteri, in una situazione così grave, rassegni le dimissioni per andare rapidamente alle elezioni.☺

domenicodadamo@alice.it

 

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