Mary Shelley: la nurse dell’orrore
12 Ottobre 2021
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Mary Shelley: la nurse dell’orrore

Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.

 “Fu in una cupa notte di novembre che potei assistere al compimento delle mie fatiche. Con un’ansia che era quasi agonia, raccolsi intorno a me gli strumenti della vita, riuscire a infondere una scintilla dell’essere nella cosa inanimata che mi giaceva ai piedi. …. La pioggia batteva lugubremente sui vetri. E la candela era quasi tutta consumata quando, nel tremolio della luce languente, vidi aprirsi l’opaco occhio giallo della creatura… La pelle, giallastra, copriva appena il contrarsi dei muscoli e il palpito delle arterie sottostanti; i capelli erano di un nero lucente, e fluenti ma quel rigoglio non serviva che a formare un più orrendo contrasto con gli occhi acquosi, che sembravano quasi del medesimo colore delle occhiaie bianco-grigie in cui erano affondati, con la carne grinzosa e le nere labbra diritte”.

Siamo davanti a un orrore della migliore qualità. Ma il seguito è ancora più orribile. Frankenstein, lo scienziato, fugge abbandonando il mostro neonato che è rimasto senza nome. È qui, a mio parere, che il libro di Mary Shelley diventa più interessante, più femminile. Nel tema della rivolta contro la nuova vita, nel dramma della colpa, della paura e della fuga che accompagna la procreazione e le sue conseguenze. La stessa Mary Shelley, nel 1831, scrive. “Come ero arrivata io a quel tempo ancora fanciulla, a concepire, sviluppare un’idea così orribile?”

Paura e senso di colpa, depressione e angoscia rappresentano reazioni comuni, quando nasce un bambino, rientrano spesso nelle esperienze normali. Mary Shelley non assomiglia alle altre mamme. È felice di diventare madre e ama i suoi figli. Però il suo diario è un documento freddo, laconico. “Ho trovato la mia piccina morta”, “Ho pensato tutto il giorno alla bambina” scrive dopo la drammatica esperienza della morte della prima figlia.

Mary nacque a Londra, il 30 agosto 1797, in una famiglia nettamente progressista. Suo padre era William Godwin, filosofo, giornalista e scrittore. Sua madre, Mary Wollstonecraft, una filosofa pioniera del movimento femminista, morì durante il parto. A 17 anni Mary conobbe il poeta Percy Bysshe Shelley che aveva 22 anni ed era sposato. Amico e+del padre, frequentava spesso la loro casa, ma i due iniziarono a incontrarsi di nascosto, vicino alla tomba della madre di Mary. Il padre, e la società in generale, era contrario alla relazione. Tuttavia, i due innamorati fuggirono a Parigi, insieme a Claire, la sorellastra di Mary. Li accomunava l’interesse per la letteratura e il mondo delle idee, benché Percy dovesse allontanarsi frequentemente per eludere i suoi creditori. Le separazioni lasciavano Mary nell’angoscia, ancor più quando rimase incinta nel 1814. Percy flirtava apertamente con sua sorella e nello stesso periodo ebbe un altro figlio dalla moglie. Mary partorì nel febbraio del 1815, ma la bambina morì prima di compiere un mese, facendola sprofondare in una profonda depressione.

Poco dopo questi eventi, la moglie di Percy si suicidò. Il tragico epilogo scatenò l’ira della società nei confronti della relazione di quest’ultimo con Mary. Decisero di andare via, fuggendo anche dai debiti; a Ginevra, frequentarono assiduamente Lord Byron, il grande poeta, che nel frattempo aveva avuto un figlio dalla sorellastra di Mary. Queste serate ispirarono Mary per la stesura della trama di Frankenstein e, successivamente, dell’intero romanzo. Lei e Percy ebbero altri due figli e, tempo dopo, si spostarono in Italia, dove condussero una vita nomade. Il figlio maggiore della coppia morì nel 1818 e, un anno dopo, morì anche la figlia minore. Mary aveva un aspetto malato e depresso. Tuttavia, nel 1819, partorì il suo quarto figlio, l’unico che sopravvisse.

Nel 1822, Percy morì annegato, durante il viaggio di ritorno: Mary chiese di cremare il cadavere, ma prima volle che gli venisse tolto il cuore. Negli ultimi anni della sua vita, soffrì di un tumore al cervello. Morì a 54 anni. Dopo la morte, in uno dei cassetti dello studio venne trovato il cuore del defunto marito, avvolto da un foglio di seta sul quale era scritta una delle sue poesie, insieme a parte delle sue ceneri. Furono trovati anche tre ciuffi di capelli dei tre figli che la morte le aveva strappato dalle braccia.

L’adolescente sola, rifiutata dal padre, dalla famiglia, dagli amici, dalla società conduce una vita di fughe e sotterfugi. Nel giugno del 1815, sul Lago di Ginevra, il dott. Polidori lancia una scommessa: tutti dovranno scrivere un racconto dell’orrore..

Mary scrive Frankenstein, dopo averlo sognato in un terribile incubo (così almeno narra la leggenda). Morte e nascita sono dunque terribilmente commiste nella vita di Mary, come nel laboratorio dell’immonda creazione di Frankenstein. Non si può leggere senza brivido. Una notte sogna la bambina e scrive nel diario: “Era solo fredda. La massaggiavamo davanti al fuoco ed ella era viva. Quando mi sono svegliata non ho trovato nessun bambino. Penso tutto il giorno alla piccolina. Umore non buono”.

Scrive nel Frankenstein: Pensavo che se avessi voluto infondere vita alla materia inanimata, avrei potuto col tempo riportare la vita dove la morte aveva apparentemente condannato il corpo alla corruzione della carne”.

Mary ha 17 anni, entra adolescente nella maternità senza nessun sostegno finanziario, sociale, familiare. È una ragazza madre con la responsabilità di aver distrutto il matrimonio di un’altra giovane donna, madre come lei. Non è dunque affatto necessario andare alla ricerca di influenze estranee alla scrittrice per spiegare come lei veda in un neonato un essere mostruoso, e insieme, una vittima dell’abbandono da parte dei genitori.

“Io, miserabile reietto!- Esclama il mostro alla fine di Frankenstein, io ho ucciso chi era amabile e indifeso, io ho condannato il mio creatore all’infelicità. Io l’ho perseguitato fino all’estrema rovina”. Non è difficile intuire che per la scrittrice, il mostro è Lei: Mary, causa di morte e creatrice di morte, lei Mary-figlia, Mary-madre.☺

 

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