meritiamo un altro futuro
2 Febbraio 2011 Share

meritiamo un altro futuro

 

Nel 1618 a Praga l’aristocrazia in rivolta decise che chi deteneva il potere non faceva il suo dovere e, poiché il potere non è di chi lo detiene bensì di tutto il popolo, la rabbia scaturì in un gesto storico. Un gesto simbolo della forza del dissenso, della forza della consapevolezza che nessuno è superiore davanti allo Stato per il semplice fatto che lo Stato siamo noi tutti e non chi temporaneamente occupa qualche polverosa scrivania.

Io c’ero il 30 Novembre, c’ero alla Fondazione Roma, c’ero il 14 Dicembre, come in tutte le azioni e dimostrazioni di questi ultimi due mesi. Siamo andati alla Lazio Adisu, dipartimento che gestisce tutta la modulistica della Sapienza, con uno striscione: “Meritiamo un altro futuro”. Questo è il punto: non solo meritiamo un futuro diverso da quello che chi è al governo vuole imporci dall’alto della sua bassezza morale. Il futuro è nostro. Nessuno può imporcelo, nessuno può darcelo. Il problema è che ci è stato tolto dalle mani pezzo dopo pezzo perché il futuro fa paura a chi vuole un popolo dormiente, muto e passivo. Il futuro è il primo motore del progresso di crescita culturale di un Paese: promuove progetti, sogni ed obiettivi, promuove il massimo impegno individuale e collettivo per realizzarli.

E come si scardina la forza di un popolo? Mettendolo a dieta di cultura. E noi oggi abbiamo fame di cultura, fame di progresso e fame di sviluppo. E cosa fare contro una classe politica che decide per noi, per le nostre vite, senza darci attenzione, senza che noi stessi ci sentiamo rappresentati da nessuna di quelle persone accomodate sulle poltrone romane? Una classe politica che si è dimostrata più volte sorda dall’orecchio della libertà, muta dalla bocca della giustizia, cieca dall’occhio della democrazia. Democrazia nata dalla piazza, nel 2010 torna nel luogo di nascita costretta ad uscire dai palazzi dove non c’è più posto per Lei.

Il 14 Dicembre qualche scaglione della dormiente opinione pubblica si è svegliato! Forse solo per condannare gli studenti piromani, è vero. Forse, però, scavando più a fondo qualcuno si è anche accorto che un premier che resta in carica comprando parlamentari, usando come merce di scambio poltrone o posizioni cruciali per la vita di un Paese, e che ha un’opposizione che non sta nelle zone rosse ma anzi ovunque per le strade delle città italiane, non è un premier e non merita di esserlo perché si appare solo come un pupazzo. Per 15 anni ha creduto che il nostro Paese fosse il suo Luna Park privato e ora è costretto a blindarsi nei palazzi che noi gli abbiamo consegnato.

Le istituzioni, le autorità si sono “blindate dentro” mentre il Paese sta fuori, perché hanno paura e la loro paura è il segno di debolezza che ha generato violenza. Perché la violenza è chiudere le strade con i blindati a chi, essendo vero detentore del potere – cosa che ultimamente ci hanno fatto dimenticare-  vuole e deve esprimere un dissenso sull’operato di chi governa. Questo è terrorismo, non il lancio di verdure, uova, vernice, spazzatura che a Napoli non trova più spazio. Questi sono simboli di protesta!

È terrorismo rispondere ad una indignazione di questo tipo, così forte e radicata indistintamente in tutte le classi sociali, con i lacrimogeni. Visto che siamo l’unico Paese in Europa dove il gas C3 contenuto in quei cilindretti è legale, nonostante i tempi di pace, e siamo così fortunati perché non usarli? Ma il peggiore atto di violenza è posteriore agli scontri: non chiedersi perché ragazzi dei licei e dell’università sono arrivati a certi livelli di rabbia ma strumentalizzare il tutto come se in piazza ci fossero state persone disinteressate alla questione che non avevano niente di meglio da fare quel giorno se non diffondere panico e tensione.

Ma che assurdità sono queste?

A Piazza del Popolo, a Via del Corso, a Piazzale Flaminio tutti quelli che sono rimasti lo hanno fatto per sostenere moralmente, ma anche concretamente, chi stava fronteggiando le forze dell’ordine: costruendo barricate, mantenendo i cordoni per evitare di calpestarci l’un l’altro durante le cariche, cercando ovunque oggetti di ogni tipo da lanciare contro i blindati simbolo della servitù ad una classe politica di ex squadristi che fa indignare tanto un liceale spensierato al primo anno quanto un pensionato aderente al popolo viola. In piazza durante gli scontri c’era l’unica opposizione di questo Paese a Berlusconi e alla sua “crikka” di figurine comprate e vendute, ma soprattutto l’unica opposizione ad un sistema politico così coinvolto in giochetti di potere, conflitti d’interesse e calcio mercato che non sa più guardare alla vita reale del Paese.

Ciò che dobbiamo auspicare, al di là di ogni riforma o “porcellum”, è una nuova Praga: una defenestrazione romana del 2011. Magari messa in atto anche con l’aiuto di chi fisicamente crea la zona rossa perché sottoposto ad un ordine e che invece il giorno prima è in piazza a manifestare in difesa della propria categoria contro le stesse poltrone che si trova a dover difendere. Un poliziotto, un finanziere, un carabiniere, come possono garantire ai loro figli quello che era uno dei principi fondatori della democrazia, secondo cui ognuno di noi ha il diritto ad avere opportunità per potersi muovere da uno status ad un altro?

Il 22 Dicembre infine segna ed evidenzia ancora di più l’enorme gap esistente tra le istituzioni e il popolo e mostra come chi è debole si chiude dentro mentre chi è forte sta nelle strade, nelle piazze senza paura e a testa alta come nei mesi scorsi e come sarà nei prossimi. Noi non siamo più disposti a pagare con  le nostre vite i profitti e gli interessi di qualcun altro,  vogliamo riappropriarci di ciò che è nostro e riporteremo la Democrazia e i principi della Costituzione lì dove oggi regnano corruzione, omertà, bassezza morale e tanta, troppa ignoranza. Kipling scriveva: “Se non noi, chi? Se non ora, quando?” ☺

francesca.ciarla@gmail.com

 

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