Migrazione e sviluppo
18 Dicembre 2018
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Migrazione e sviluppo

Dal venti settembre è in libreria Migrazione è sviluppo. Diaspore, rimesse sociali e capacity building delle istituzioni dei paesi di origine (Meltemi Editore, collana Linee), libro di Chiara Cancellario, campobassana, dottore di ricerca in Scienze Politiche presso la LUISS di Roma.

Il libro riporta, con un linguaggio chiaro e divulgativo, i risultati della ricerca che l’autrice ha svolto durante il suo percorso di dottorato a Londra, nell’ambito di un progetto volto a comprendere l’impatto che le diaspore (le comunità di cittadini residenti fuori dal proprio paese di origine, e che mantengono legami stabili e costanti con la madrepatria), grazie ai progetti di cooperazione allo sviluppo, possono avere sul miglioramento delle politiche e delle istituzioni dei paesi di origine.

Sebbene il libro adotti un approccio tecnico al “nesso migrazione e sviluppo”, non si presenta come un testo per addetti ai lavori. Esso, infatti, si propone di presentare ai lettori un aspetto del fenomeno migratorio poco presente nell’opinione pubblica e poco indagato, ovvero la stretta relazione tra i fenomeni migratori e lo sviluppo, inteso nel suo più ampio significato di “sviluppo umano”.

Come riportato nella prima parte del volume, con il termine “sviluppo” si indica, in termini generali, la capacità di uno Stato di rispondere ai bisogni di una comunità. Il termine è da intendersi oltre la crescita economica, in quanto include condizioni politiche, culturali, sociali e quindi, l’ opportunità per ciascun individuo di condurre un’esistenza libera e dignitosa. La possibilità di una collettività di progredire verso una condizione di vita migliore si configura come un diritto umano fondamentale, sancito dalla Dichiarazione ONU sul Diritto allo Sviluppo del 1986. La conseguenza della mancanza di sviluppo in molte situazioni è l’abbandono del proprio Paese, in quanto lo Stato non riesce a rispondere ad alcuni bisogni primari, come il lavoro, l’educazione, il diritto alla salute oppure, nel caso delle migrazioni forzate, lo Stato non è in grado di proteggere i propri cittadini.

Nel libro, l’autrice sceglie di raccontare il rapporto tra migrazione e sviluppo evidenziando il nesso virtuoso che si innesca grazie alla capacità delle diaspore di dare una risposta all’instabilità politica, alla povertà e allo sfruttamento delle risorse. Sono più di vent’anni, infatti, che la comunità internazionale mette la migrazione al centro dell’ agenda sullo sviluppo, guardando con favore ed ottimismo alle capacità dei migranti di contribuire alla crescita del proprio paese di origine attraverso il trasferimento di risorse monetarie, ma anche conoscenze, capacità idee e valori, la creazione di impresa, la partecipazione politica, culturale e sociale.

La concezione di migranti e diaspore quali agenti di sviluppo si è diffusa sia nei paesi europei sia nei paesi di origine sotto il motto della triple wins solution ovvero il triplo vantaggio dei processi di sviluppo per i paesi di origine, per i paesi di residenza e per i migranti stessi. In alcuni paesi quali l’Etiopia, lo Sri Lanka ed il Ghana, ad esempio, è stata riscontrata una correlazione positiva tra il denaro proveniente dai cittadini all’estero e la crescita dei tassi di educazione. In paesi come India e Pakistan, invece, in cui l’industria hi-tech è uno dei settori chiave dell’economia, i modelli di business adottati sono quelli importati dalle diaspore residenti all’estero. Fin dai primi anni novanta, inoltre, organizzazioni come l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in partenariato con governi ed autorità locali, hanno ideato progetti di sviluppo che hanno coinvolto le diaspore, soprattutto tramite iniziative volte a promuovere i ritorni temporanei e supportare singoli, insieme alle organizzazioni e le associazioni gestite dalle diaspore impegnate in progetti di sviluppo.

La ricerca empirica riportata nella seconda parte del volume accoglie queste premesse per studiare come i gruppi di diaspora etiope e somale residenti nel Regno Unito collaborano ai processi di sviluppo delle istituzioni dei paesi di origine, mettendo a servizio della collettività le proprie conoscenze e professionalità per contribuire alla formazione delle leggi, delle politiche e alle riforme istituzionali dei paesi di origine.

La ricerca utilizza un approccio qualitativo funzionale per dare voce alle diaspore, comprendere la loro prospettiva e, soprattutto, tracciare una linea di azione anche politica, che includa nelle pratiche e politiche di cooperazione anche migranti ed associazioni di migranti, spesso dimenticati come attivi agenti di cambiamento.

Il volume si chiude con delle importanti riflessioni che vanno oltre il contesto e l’oggetto specifico della ricerca, e che possono aiutare il lettore a comprendere come il nesso migrazione e sviluppo riguardi anche i paesi di accoglienza, che non sono esclusi dagli effetti dell’impatto positivo delle migrazioni. Come suggerisce l’autrice: “le scelte politiche circa la governance delle migrazioni, non saranno mai efficienti se non si guarda all’aspetto dello sviluppo umano per garantire ai paesi di origine, ma anche ai paesi di accoglienza, un futuro basato sulla crescita e sul progresso umano, sociale e culturale. Questo passa necessariamente attraverso una valorizzazione dei migranti stessi, una ridefinizione del loro ruolo sociale, ed un’inclusione politica sostanziale. D’altronde, per molti territori, una presenza straniera che sia anche proattiva e proiettata verso un progresso condiviso costituisce il futuro, la speranza di sopravvivere allo spopolamento e alla povertà.

Nulla di tutto questo è possibile, però, senza un’analisi puntuale delle implicazioni economiche e sociali della migrazione, senza lo studio della possibilità di migliorare e incrementare gli impatti positivi, per dare alla politica delle soluzioni sostenibili e valide sul lungo periodo. Durante questi anni ho maturato la consapevolezza che parlare di migrazione e di diaspore, restituendone la complessità, è soprattutto un’azione di impegno civile”.☺

 

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