Muro e rabbia
3 Dicembre 2014 Share

Muro e rabbia

Sono in ritardo, lo so. Dovevo consegnare questo contributo due giorni fa, ma non sono stata capace di scrivere, perché ero piena di rabbia. Per tutti i giorni di questo mese sono stata arrabbiata e la rabbia è cresciuta di giorno in giorno. Dall’inizio del mese il motivo di questa mia rabbia sono stati i giornalisti e politici italiani che parlavano di quello che chiamano la caduta del muro di Berlino. Sono stanca di ripetere che il muro non è caduto, e molto meno è stato abbattuto, e molto meno da quelli che si vedevano in RAI, a La7: uomini e donne che toglievano pezzi del muro e che da noi furono chiamati picchio del muro. Il muro è stato aperto dal governo della DDR che non capiva il movimento di protesta nelle piazze e nelle strade di molte città del paese, non capiva che la gente voleva un socialismo democratico e la possibilità di viaggiare. Punto. Quelli che sono scesi in strada nei mesi di settembre e ottobre del 1989, quelle 500.000 persone che si sono riunite sulla piazza Alessandro il 4 novembre del 1989, non volevano la unificazione delle due parti della Germania, ma il governo non ha capito ed ha fatto un passo dettato dal panico. Una volta aperto il muro, la DDR è stata invasa dai politici tedesco-occidentali che hanno fatto la campagna elettorale, con distribuzione di banane e altre cose. E ci hanno promesso il marco dell’Ovest, ed è stato come più tardi con l’Euro: la moneta magica che ci doveva cambiare la vita. Un anno più tardi, con l’unificazione, la vita è cambiata, sì: potevamo viaggiare (se avevamo i soldi), ma le fabbriche chiudevano perché i supermercati vendevano solo la merce prodotta all’Ovest. Ricordo ancora il camion, parcheggiato in mezzo a piazza Alessandro, sul quale c’erano gli operai della fabbrica che produceva le lampadine e che stavano vendendo le ultime lampadine prodotte da loro, perché, il giorno dopo, sarebbero finiti in strada. E non parliamo dei libri. I libri pubblicati nella DDR (e non parlo di libri di contenuto politico o sociale, parlo anche di libri di fiabe per bambini o classici) sono stati tolti dai negozi per fare posto ai libri stampati all’Ovest. I nostri libri sono finiti, per esempio, in una grande discarica vicino a Leipzig, e per fortuna c’è stato un prete della Repubblica Federale che ha salvato milioni di questi libri, portandoli con un camion nella sua parrocchia e regalandoli, in cambio di una piccolo offerta volontaria. In questo modo, i libri servivano almeno per aiutare i bambini africani.

Quello che è successo con l’ industria e con la cultura della DDR mi ricorda moltissimo quello che scrive l’autore italiano Pino Aprile nei suoi libri sul Sud dell’Italia. È la stessa politica. In Italia da più di cento anni ed in Germania da 25 anni a questa parte, un Nord o un Ovest distruggono tutto quello che è stato fatto nel Sud o nell’Est, guadagnando e costruendo la favola dei compaesani incapaci e fannulloni che aspettano solo l’aiuto dello Stato. E si è ripetuto anche quello che Pino Aprile descrive così bene: la popolazione della parte saccheggiata e distrutta del paese, a poco a poco, comincia a pensare di se stessa che è incapace e fannullona. La storia si ripete, veramente.

La mia rabbia è aumentata ancora di più il 9 Novembre, vedendo in TV la celebrazione della caduta del muro. Dove c’era stato il muro, avevano piazzato 8.000 globi illuminati che riproducevano in qualche modo il muro, ed a un momento determinato, i globi sono stati liberati e volavano verso il cielo. Una cosa simbolica. Ma bisogna sapere che ogni globo aveva un “padrino”, una persona incaricata a liberare il globo nel momento giusto, e ogni padrino aveva ricevuto una giacca rossa e un sacco a pelo con regali offerti dagli “sponsor”. Uno spreco incredibile in una città dove cresce costantemente il numero delle persone che vanno a mangiare alla Caritas o ad altre mense organizzate da associazioni di beneficenza. E la mia rabbia era ancora più grande perché lo stesso giorno un’amica mi aveva telefonato dicendo che c’era un palazzo a Berlino dove vivevano delle famiglie siriane, venute da Lampedusa, e che non avevano vestiti per questo clima di novembre. E nessuno le aiutava…

Passata questa celebrazione pensavo che la mia rabbia sarebbe sparita. Altroché! Vedevo la TV italiana e vedevo per esempio Massimo D’Alema che in un talk show diceva che, in Italia, la destra stava per sparire. Come non arrabbiarmi davanti a un politico che non vede che quello che sta crescendo in Italia è la vera destra, quella del signor Salvini che getta, con le sue parole, olio nel fuoco e presenta agli italiani disperati per la disoccupazione, i licenziamenti, la mala giustizia, le ingiustizie, la pioggia etc. un capro espiatorio: l’immigrato. Vorrei dire al signor D’Alema che anche in questo senso la storia si può ripetere. In Germania, negli anni della crisi economica cominciata nel 1929, i nazisti presentavano ai tedeschi disperati il loro capro espiatorio: gli ebrei. E sappiamo come finì tutto questo.

Ancora oggi sono arrabbiata, ma meno adesso; scrivendo, buttando fuori tutti questi pensieri, mi sento un po’ meglio e penso che forse avrei dovuto scrivere prima, quando la rabbia era appena cominciata. A proposito, oggi un’amica mi ha detto: “Ma stai serena, Christiane”, e sono saltata in aria☺

 

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