Natali tutto l’anno
2 Gennaio 2014 Share

Natali tutto l’anno

“Le decisioni dei consiglieri comunali, come quella assunta dal consiglio comunale di Termoli,  capoluogo del Basso Molise, vanno rispettate a prescindere dal colore politico, è la regola aurea della democrazia e sono orgoglioso da sempre di ossequiarla, pertanto, a mio avviso, la proposta Gran Manze va archiviata”. Così Roberto Ruta al comune di Termoli la sera del 22/11/2013. Da oggi chi si proverà ad assumere decisioni in contrasto con la volontà espressa dal territorio dovrà fare i conti col senatore Ruta. La vicenda  Gran Manze, a differenza di quanto pensi e dica il senatore sinistrato, ha messo in evidenza quanto distante da lui e dai  suoi amici sia il sentire democratico, il metodo del confronto, il rispetto per l’altro. Non è stato democratico prima, quando ha deciso che 12 mila vacche, messe in un solo posto, sarebbero state una manna per il Molise; non lo è stato poi, quando ha lasciato nel letame tutti quelli che, solo per fargli un piacere, hanno condiviso con lui il progetto.

Ruta, già bocciato alle precedenti elezioni politiche, resuscitato  dal porcellum corretto con le primarie truccate, da Verdissima, per la quale è assorto alle cronache nazionali, fino all’abbandono delle Gran manze, senza dimenticare l’emendamento sbagliato sui fondi per la ricostruzione post sisma, e la cancellazione dei  fondi  già stanziati per la Termoli – San Vittore, in questi otto mesi di attività parlamentare, non ne ha azzeccato neanche una. Forse sarebbe il caso, per il futuro, che si occupasse meno di politica e più  di affari, visto che insieme al fratello Pierluigi si occupa con successo di consulenze. A tale proposito, saremmo curiosi di sapere se adesso, dopo l’abbandono del progetto delle vacche, è ancora di attualità l’impianto a biogas vegetale Febes, da realizzare su di un terreno opzionato in agro di Casacalenda, e, visto che ci siamo, vorremmo anche che ci dicesse per quale motivo l’amministratore Lusi della Margherita gli ha affidato una consulenza da 10 mila euro: ce lo deve perché aspettiamo un chiarimento dal settembre del 2012. Una cosa, tuttavia,  gliela riconosciamo, al senatore: l’averci  messo la faccia.

Veniamo, invece, ai tanti altri che si sono nascosti dietro al senatore: il presidente Frattura, per fare un esempio, anche dopo “l’archiviazione” disposta dal senatore, ha promesso che procederà ad un’attenta verifica, sulla ottemperanza delle prescrizioni imposte dalla struttura tecnica della regione alla Granarolo prima di pronunciarsi, che tradotto significa: noi faremo quello che ci dicono i tecnici. Anche alle domande insolenti delle Jene sui soldi del portaborse, il governatore ha promesso di verificare, non si è capito bene se la legge o il suo conto in banca, prima di dare risposte inesatte. Qui, in Molise, i politici usano fare così, le leggi prima le approvano e poi le leggono. Lui, il governatore, è prudente per indole, quando non è certo di una cosa, la verifica.  Così come ha fatto anche da Giletti: ha assunto una posizione netta solo dopo aver verificato l’autenticità del contratto fatto dall’assessore Facciolla con uno che si chiama Vincenzo. Dopo appena otto mesi dalle elezioni vinte con un alto consenso, quelli che ancora gli sono rimasti fedeli dicono che se fino ad ora è stato fatto poco non è colpa sua, il presidente non decide nulla perché non lo lasciano lavorare, che tradotto in politically incorrect significa: non decide nulla perché non conta un cazzo.

L’assessore Facciolla che non dice di no a nessuno, a seguito della illuminante vacanza spagnola e delle rassicurazioni fornite sulla puzza, deviata non si sa dove, dal presidente della Granarolo, sulla vicenda ha espresso un consenso sofferto e, a differenza del suo compaesano che non ha aperto bocca sull’argomento, si è ritrovato col cerino in mano. Pare, ma non è confermato, che per sfuggire alle Jene sia finito tra le vacche abbandonate da  Ruta nella contrada bosco del suo paese, insieme al collega Petraroia, anch’egli sofferente per via del cerino che non è riuscito a spegnere. I due sfigati hanno atteso l’alba al grido eroico di “adda passà a nuttata”.

L’ultimo a comparire in questo bucolico quadretto è stato il presidente degli industriali molisani, il quale, per sostenere il progetto dei colleghi romagnoli, senza averlo letto, ha preso a “sassate” il sindaco di Termoli, un altro che di recente è diventato ambientalista, visto che a Termoli il posto non era occupato da nessuno. Questo brav’uomo, Mauro Natali, non siamo riusciti a capire se ha fatto tutto da solo o si è fatto anche aiutare dai suoi collaboratori, è riuscito, con un solo colpo, a farsi tanti nemici, dentro e fuori la sua stessa associazione, infilando una serie infinita di imprecisioni da meritare il nobel per la filiera delle stronzate DOC. Il numero uno degli industriali ha scritto che in Trentino il rapporto tra vacche e territorio è di 7,86 per km quadrato senza informarsi su quante ne contiene la stalla più grande. Avrebbe scoperto che, non solo in Trentino, dove le manze le allevano a duemila metri di altezza, ma anche in tutta Italia, non esiste una sola stalla che ne contiene 12 mila, e, rivolgendosi ai suoi associati, ciliegina sulla torta, ha ancora proseguito: “come pensate di fare contratti di sviluppo se non ci sono aziende in grado di partecipare con investimenti propri a questi contratti?”. In verità, fossi uno di loro, non mi farei governare da chi mi considera uno straccione. Il presidente Natali questa volta ha inavvertitamente invaso terreni che forse non conosce, parla di ostilità nei confronti del suo mondo e difende un progetto che non ha nessuna ricaduta sull’industria molisana: carne e latte vanno al nord, qui ci resta solo letame e piscio di vacca. Nel suo lucido intervento propone agli imprenditori del Nord di distribuire l’intero “allevamento”, lo chiama proprio così “allevamento”, su un territorio più vasto, creando  moduli che possano interessare più aree del Molise. Si riferisce quindi a un allevamento di bovini, come se di quello si trattasse.

Presidente Natali, non le chiediamo di leggersi le carte prodotte dalla Granarolo per esprimere un giudizio, sarebbe troppo dispendioso per lei, ma almeno di dare un’occhiata ai pareri, ancorché favorevoli, espressi dai tecnici della regione Molise, per capire che si tratta di un’altra cosa e non di allevamento. Dalla Treccani, dicesi allevamento l’attività di custodire, far crescere ed opportunamente riprodurre animali per ricavarne cibo, pelli, e commercio degli stessi. Se sono questi gli interlocutori cari al centrosinistra indigeno, tanti auguri  di buona fine a tutti. Speriamo solo che dal letame nascano i fiori. ☺

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