Nicola di guardiagrele e il ghiberti
13 Gennaio 2019
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Nicola di guardiagrele e il ghiberti

Le croci

Una tendenza già in atto nelle croci abruzzesi di XIV-XV secolo era l’ampliare le scene secondarie ai lati del Crocifisso in senso narrativo, sostituendo ai soli dolenti, il Deliquio della Vergine e S. Giovanni tra Longino, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, mentre al di sopra e al di sotto del Crocifisso, animali simbolici o rappresentazioni del teschio di Adamo, della Resurrezione e della Deposizione.

Nicola sembra andare proprio in questa direzione creando nelle lobature della croce di Lanciano veri e propri gruppi statuari in miniatura, realizzati con forte aggetto dal fondo e con grande monumentalità plastica, di una qualità artistica inaudita per la scuola di Sulmona e per i quali sono stati più convincentemente proposti raffronti con la miniatura e la pittura coeva. Nicola dovette guardare ad essi soprattutto per i loro aspetti più “gotici” come le proporzioni slanciate, i voli di angeli, le pieghe dei panneggi sottolineate da lumeggiature, ma soprattutto per l’idea di uno spazio che si dilata e contrae a seconda della forma plastica delle figure.

All’iconografia tradizionale, forse per volontà della committenza, soprattutto sul rovescio delle croci, dove i tradizionali simboli degli evangelisti realizzati a smalto, vengono affiancati da un ciclo mariologico con Annunciazione, Incoronazione e Transito della Vergine; le prime tre scene presentano, tra l’altro, la particolarità di essere inserite in piccoli baldacchini gotici, che richiamano le microarchitetture dei già citati ostensori realizzati qualche anno prima per Francavilla e Atessa.

 

Soggiorno fiorentino

Tra la realizzazione della croce di Lanciano e quella di Guardiagrele del 1431 dovette svolgersi il tanto discusso soggiorno fiorentino dell’artista. A convalidare questa teoria sono molti elementi, innanzitutto i nove anni di vuoto e di silenzio nella sua produzione che certo potrebbero essere dovuti anche ad altre circostanze come distruzioni o furti, ma che comunque lasciano propendere per un evento particolare; in secondo luogo, indizio più importante, il cambiamento del suo linguaggio artistico dopo questa data, ravvisabile chiaramente in tutte le opere successive a questo “vuoto”, a partire appunto dalla croce di Guardiagrele; non ultimo, l’impegno preso da Nicola con la cattedrale di Teramo per la realizzazione di un antependium in argento con scene cristologiche, che rappresentò con molta probabilità proprio la causa contingente del viaggio.

La porta del Battistero di Firenze

Il viaggio infatti, più che un aggiornamento sulle rivoluzioni artistiche che si andavano svolgendo a Firenze, sembrò rivolto esplicitamente allo studio della porta nord del battistero fiorentino, che Ghiberti andava ultimando in quegli anni. Ciò si deduce da un lato, dalla forte dipendenza iconografica delle formelle del paliotto teramano da detta porta, e dal riutilizzo di modelli, soluzioni formali, particolari ghibertiani anche nelle sculture e negli smalti traslucidi delle croci successive; dall’altro, dall’assenza di altre “citazioni fiorentine” nelle opere nicoliane di quegli anni. In sostanza a Nicola serviva un modello illustre per la sua opera teramana, un modello di sicuro effetto che la porta fiorentina certamente poteva fornire.

Ben diciannove pezzi, raffiguranti storie della vita di Cristo, mostrano strettissime dipendenze dalla porta nord del battistero fiorentino e di conseguenza dal paliotto teramano di Nicola. Ciò ha portato naturalmente, pur senza unanimità di vedute, all’attribuzione a Nicola anche dei rilievi di Castel di Sangro, sebbene vada considerato che all’incirca negli anni subito successivi al presunto soggiorno fiorentino di Nicola, sembra porsi anche la nascita e lo sviluppo di una complessa bottega facente capo all’artista, che ne rende più complessa e sfaccettata l’analisi dettagliata e di conseguenza l’attribuzione, delle opere di quegli anni.

Un’estetica mossa e tormentata e una lavorazione sempre più minuziosa, realizzata su lamine più leggere e flessibili, scaturiscono da questa esperienza, arcaismi, recuperi sulmonesi e singolarità iconografiche: asprezze anatomiche, spasmi nei volti, la riproposta di aquile e serpi attorcigliate su se stesse, raffigurazioni della Pietà al posto del più canonico Seppellimento di Cristo.

La croce del Laterano

La croce del Laterano, una sorta di summa del lavoro dell’orafo guardiese, purtroppo compromessa da modifiche, spoliazioni e operazioni di restyling che ne hanno alterato pesantemente l’aspetto, compromettendone di conseguenza un’analisi adeguata. Sul diritto torna la presenza, di antica tradizione, degli animali simbolici, il pellicano e l’aquila, come la riproposta del teschio di Adamo sotto il Crocifisso, mentre nella traversa orizzontale accanto al ritmico e flessuoso volo degli angeli, trovano posto gruppi narrativi di grande “pathos”, orchestrati intorno al S. Giovanni e alla Vergine. Con questo testamento Nicola da Guardiagrele conclude la sua esperienza artistica di orafo, la dolcezza ghibertiana cede il passo a tratti alla vivida raffigurazione della morte, i panneggi sono straordinariamente dinamici, le teste fortemente espressive, i corpi animati da curvature gotiche e fremiti che sembrano imprimere loro l’emozione della vita spirituale.☺

 

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