Non abbiamo perso tempo
22 Marzo 2021
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Non abbiamo perso tempo

“Non dite che abbiamo perso tempo. Non abbiamo perso tempo. Abbiamo perso giga dal telefono, a nostre spese. Abbiamo perso forze, energie, ore di sonno. Abbiamo perso colore, assumendo pallori transilvanici e occhiaie nosferatiche.

Abbiamo perso studenti, perché quando abbiamo dovuto chiudere tutto e rifugiarci nelle piattaforme online per proseguire le lezioni, abbiamo scoperto improvvisamente che almeno uno studente su dieci non aveva i mezzi per farlo.

Abbiamo perso diottrie, stando intere dozzine di ore davanti allo schermo di un pc cercando a volte di interpretare geroglifici scritti a mano e mandati con foto via mail. Abbiamo perso ore da trascorrere con le nostre famiglie perché, come tutti, il passaggio al lavoro da remoto all’inizio si è tradotto in un aumento esponenziale del lavoro (e anche adesso è così).

Abbiamo perso fiducia nei mezzi che abbiamo. Poi l’abbiamo riacquisita. Poi ripersa. E così via, su e giù, più o meno ogni giorno da un annetto a questa parte. Abbiamo perso la voce, a forza di alzarla per ripetere mi sentite? ci sietespengo e riaccendo e torno subito!

Abbiamo perso, infine, anche la salute, perché in molti di noi si sono ammalati da quando sono tornati in presenza. Ma tempo, no, non lo abbiamo perso.

Non è mettere i puntini sulle i o lamentarsi per niente: è che ci teniamo alle parole. Lavoriamo soprattutto con quelle, e proviamo a insegnare a rispettarle. Quello che ci sarà da fare ci sarà da fare e, dove si potrà, lo faremo, come abbiamo sempre fatto.

Solo questo, chiediamo: per favore, non dite che abbiamo perso tempo”.

Mi piace riportare qui, senza filtro alcuno, le parole con cui Enrico Galiano commenta l’uscita inopportuna, e nota, del neopresidente del consiglio, Mario Draghi, sulla scuola, sulla didattica a distanza, e sulla necessità di recuperare il tempo “perso”.

C’è poco da aggiungere all’incisività di Galiano, per altro consueta e sempre garbata. Ma al presidente Draghi proporrei un progetto di più ampio respiro, per la sua azione di governo appena cominciata.

Lo esprimo in due preghiere. La prima, premessa basilare a qualunque iniziativa: basta, la prego, a parlare o far parlare di scuola a chi di scuola non sa, e nella scuola non vive. La prego. L’uscita infelice che ha provocato, fra le tante, la reazione indignata di Galiano è la prova ennesima che ogni nuovo governo, di qualunque colore, peso e forma, sulla scuola ha da dire la sua, senza sapere di cosa parla. La scuola va conosciuta per essere prima di tutto rispettata, e poi cambiata.

E qui veniamo alla seconda preghiera. Lavori per restituirci dignità, sul serio. Provveda ad un ripensamento generale, saggio, non velleitario o parolaio, della nostra formazione, del modo in cui veniamo selezionati, dei nostri corsi di aggiornamento, dei nostri stipendi. Sì, anche gli stipendi, perché sebbene siamo una categoria geneticamente abituata a lavorare quasi gratis, riteniamo che un’adeguata gratificazione economica per ciò che si fa, è parte del riconoscimento sociale del proprio lavoro, e noi, di riconoscimento so- ciale, abbiamo un gran bisogno. C’è chi, prima di lei, lo ha eroso accuratamente, nel tempo, tanto da non farne rimanere che uno sbiadito e un po’ anacronistico ricordo.

La scuola ha bisogno di attenzione, cura, centralità, studio approfondito delle sue reali dinamiche. Ha bisogno di peso. Solo in questo modo noi insegnanti riconquisteremo un equilibrio, una posizione che ci consentirà di svolgere il nostro mestiere serenamente, col rispetto che meritiamo da tutti. Anche da lei.

Buon lavoro.☺

 

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