non voltarti amore    di Luciana Zingaro
2 Settembre 2012 Share

non voltarti amore di Luciana Zingaro

 

San Lorenzo. Notte delle Pleiadi, grappoli di speranze infrante e sogni incipienti. Esco con un’amica che, pur tra le sue attuali difficoltà, mi presta un volto accogliente, ascolta e mi parla con una levità che è il sorriso dell’anima, mi sorprende con un regalo, un profumo dall’essenza floreale, quasi per dirmi che nei fiori è il colore della vita e che il colore della vita è prezioso e irrinunciabile. In modi diversi me lo hanno ripetuto gli amici cari che ultimamente mi sono stati vicini e mi hanno sollevato dal grigio della sfiducia, offrendomi tempo e cura e parole gravi o burlone alla bisogna e silenzi vivificati dalla condivisione di uno sguardo. Vero che ogni amico è un tesoro.

Lo cantavano nel loro rock urlato e trash, così usano definirlo i critici esperti, i Queen, icone della musica leggera anni ottanta: “Friends will be friends, when you’re in need of love they give you care and attention. Friends will be friends, when you’re through with life and all hope is lost, hold out your hands cos’ friends will be friends right till the end”. Gli amici sono e saranno amici, perciò, quando ogni speranza è perduta stendi loro la mano, perché gli amici saranno amici fino alla fine.

Mutatis mutandis, è proprio quanto affermava in tempi da noi ben più lontani Cicerone che nell’opuscolo di filosofia morale dedicato all’amicizia, riprendendo le parole del poeta Ennio, nega che la vita possa essere vitalis se essa non riposi nel mutuo affetto di un amico; prosegue quindi Cicerone nel suo consueto ritmo di prosa in cui si rincorrono simmetrie intrecciate di analogie e contrasti et secundas res splendidiores facit amicitia et adversas partiens communicansque leviores, cioè che l’amicizia fa più luminosa la buona fortuna e più lieve l’avversa, condividendola e così facendola anche propria.

Partecipazione, riconoscimento, simpatia ed empatia soprattutto, questo è l’amicizia, e sacrificio spesso e tanta pazienza, sempre. Lo ricordava la volpe al piccolo principe biondo sceso sulla terra da un pianeta lontano mentre gli chiedeva di diventarle amico, avvertendolo che è quella dell’amicizia un’opera umana faticosa quanto mai, e quanto mai felice, però, perché, dice la volpe al piccolo principe: “Io non mangio il pane, e il grano, per me, è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”. Ci guadagna il colore del grano l’amicizia, e il sapore del vento, anche se l’amico è lontano o non è più con noi.

Quando penso all’amicizia le esperienze personali si confondono con gli ideali coltivati tramite la poesia, il cinema, la musica. Così mi vengono in mente gli incontri coi miei amici, le discussioni interminabili su una passione, dal libro alla politica all’amore, il segreto che non vede l’ora di farsi pubblico, il riso che sfuma in malinconia, il pianto che si traduce in battute mordaci, l’ineluttabile noia da spartirsi, almeno diminuisce, il mordi e fuggi di occasioni quotidiane che si declinano in attimi di bellezza dello spirito.

E mi viene in mente Dante, l’“incantamento” che egli sospirava per sé e per i suoi amici Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, tale che quasi irretiti in una solidarietà fuori dal tempo potessero vivere sempre in un talento e in loro di stare insieme crescesse ‘l disio. Penso naturalmente alla cieca fiducia di Patroclo in Achille e all’energia furiosa di Achille al momento di vendicare la morte dell’amico diletto o ancora alla dolcezza di Eurialo e Niso, amici di un’amicizia tanto giovane quanto perfetta per simbiosi di sentimento e volontà. E mi canto in assolo De André, in nulla scontato, come suole, sospeso tra i “Come stai?” dei conoscenti di una serata leggera e “meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci tipo “Come ti senti amico, amico fragile, se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te”.

E ricordo le zingarate dei quattro bischeri di Amici miei, belli di allegria e gioia, “perché nella rugiada delle piccole cose il cuore trova il suo mattino”, come scriveva Gibran.

Stelle cadenti stasera non ne ho viste, capiterà nei prossimi giorni forse, ma poco importa, perché un pensiero da covare, un desiderio io ce l’ho: che gli amici, l’amicizia, siano sempre saldamente presenti nella mia vita, come fin ora è stato. Amicizia è la parola che assocerei per assonanza emotiva all’eternità, alla tenerezza, al tepore che non scivola via, al sentimento della certezza che liquida la precarietà e la vischiosità dell’esistenza.

Dunque ti prego non voltarti amore e tu resta e difendici amicizia era l’appello sobrio e accorato di Vittorio Sereni ed è, credo, preghiera di noi tutti.☺

LucianaZingaro@libero.it

 

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