nono anno
6 Novembre 2010 Share

nono anno

 

 

Anziché candeline, magari devozionali, per ricordare gli otto anni trascorsi dal fatidico giorno del sisma, occorrono ceri per quelli che, nei paesi terremotati, abitano le casette di Barbie, tanto care al dott. Bertolaso, sia per illuminare le ormai fatiscenti stanze sia per riscaldare gli angusti spazi abitati dal freddo sempre più gelido. L’Enel ha interrotto le indispensabili agevolazioni che finora avevano impedito che le pensioni o lo stipendio servissero solo per saldare la bolletta mensile. Squallidamente si vuol far passare la fine dell’emergenza con la fine dei disagi causati dal terremoto. Il sedicente (perché a noi risulta che non lo è più da un pezzo) sub commissario Nicola Eugenio Romagnolo è troppo indaffarato a difendere lo scadente (nel senso che finalmente si è posto fine all’emergenza) commissario Angelo Michele Iorio e a maneggiare progetti per la ricostruzione, per occuparsi di queste quisquiglie che comportano solo grattacapi, tant’è che non si è mai visto in giro. Qualcuno ci spieghi, per favore, quale avrebbe dovuto essere la sua funzione, ora che è estinta. Un fatto è certo: non è mai nato un progetto unitario di ripresa e sviluppo nei centri del cratere, mentre, ma sarà solo un caso di bravure collettive, il suo paese è molto più avanti degli altri nella ricostruzione.

2922 giorni dall’evento che ha segnato irreparabilmente le coscienze di quanti il terremoto l’hanno subito veramente, ma ancora troppo poco è stato fatto per porre rimedio al disagio che ne è scaturito. In alcuni paesi come Ripabottoni nessuno di quelli che hanno perso la casa è ancora rientrato nella nuova abitazione. Se la cricca che gestisce la ricostruzione spera che sia la morte o il trasferimento a porre la parola fine alle sacrosante aspettative delle persone disagiate, per noi non sarà assolutamente così. Continueremo a protestare, denunciare, pungolare finché l’ultimo non sarà rientrato nella sua casa. Si dice che non c’è più denaro, ma non si dice come è stato speso tutto quello messo a disposizione finora. Il presidente della giunta regionale non vanta più il Modello Molise che per anni ha spiattellato ai quattro venti come la soluzione rapida, precisa ed efficiente al problema terremoto. Forse sarà la giustizia, sempre troppo lenta per chi subisce dei torti, a farlo tornare in auge, quando le ditte appaltatrici per la ricostruzione, in molti casi allo stremo, porteranno in tribunale i libri contabili. Nostro malgrado ci troviamo ad essere la miniatura, se non il modello, di quanto sta accadendo, e soprattutto accadrà, all’Aquila, dove i soldi sono finiti prima di cominciare grazie anche a coloro che quella tragica notte se la ridevano. È stato calcolato che ci vorranno più di duecento anni se proseguono con questa velocità. La gente fuori casa è ridotta alla disperazione e gli albergatori, che li ospitano ma che nessuno paga, pure.

Il dramma del terremoto, recepito e vissuto come farsa dai politicanti nostrani, è solo una crepa in un Molise che vede la sua terra invasa dall’eolico selvaggio, irrispettoso di ambiente, arte e cultura per il profitto di pochi, e devastata da inceneritori utili a rendere la natura inospitale, l’aria irrespirabile e la salute a rischio. In questo saccheggio programmato la sanità è già stata sventrata, ma non ora che per ripianare i debiti si chiudono anche gli ospedali, bensì quando non si sono fatte scelte capaci di garantire una sanità di eccellenza, perché interessati, per una manciata di voti, a favorire persone e carriere, primariati e parentele, università e lobbie. Dove è la politica? Banditi senza pudore saccheggiano, mentre i più stanno a guardare. Con Martin Luther King bisogna tornare a gridare che è il silenzio degli onesti a far paura in questa situazione, più che le malefatte dei furbetti.

Non è più consolante il teatrino nazionale della politica che non trasmette niente di nuovo e di buono. Ridotti i mass media in buona parte a cane da riporto del padrone di turno, anche le cose non si chiamano più con il loro nome. Le guerre sono diventate missioni di pace (ma si uccide e si viene uccisi), la delinquenza viene coperta con la riforma della giustizia, l’arricchimento di pochi trova terreno fertile nella crisi dell’economia, l’impunità di chi ha le leve del comando riempie le carceri di immigrati e disperati.

Fino a quando? Mentre i politici rubano il mestiere ai comici, noi ci schieriamo accanto a quanti prendono ancora sul serio la Costituzione. Ripartiamo da essa. È l’ultima Carta, costata sangue, che può coalizzare, come già quando fu scritta, filosofie ed estrazioni diverse purché incarnate da persone di buona volontà, proprio mentre la brutta copia del duce viene trascinata ogni giorno di più nel fango che ha provveduto a impastare con la sua insipienza. Non facciamoci trovare impreparati il giorno del tonfo finale. Tra l’arroganza del filisteo che si sente forte e invincibile e lo scetticismo di chi, inibito, sta a guardare, il giovane e scaltro Davide, come ci racconta il biblista in questo quaderno, riesce vincente, ieri come oggi. Noi siamo già in strada con lui. Non c’è filisteo che tenga e che ci impressioni.☺

 

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