Odorata ginestra
3 Giugno 2015 Share

Odorata ginestra

E tu, lenta ginestra,

che di selve odorate

queste campagne dispogliate adorni”

Sono alcuni dei versi con i quali Leopardi, in una sua ben nota lirica, esalta l’umiltà e la natura semplice di questa pianta, che si accontenta di suoli poveri.

Nativa dell’area del Mediterraneo, la ginestra cresce in zone soleggiate fino a 1.200 metri di altitudine. Predilige terreni aridi e sabbiosi, ma si adatta anche a quelli argillosi purché esenti da ristagni idrici. Grazie al suo apparato radicale molto sviluppato, viene anzi utilizzata per consolidare scarpate e bordi di strade.

Appartiene alla famiglia delle leguminose e dal suo nome scientifico, Spartium junceum (dal greco sparton = “corda” e dal latino junceum = “di giunco”), si evince che i suoi fusti e i suoi rami flessuosi erano ampiamente usati per fabbricare corde, stuoie e altri tessuti. Infatti, da essi, in diverse parti del mondo, si ricava una fibra tessile per la produzione di corde e indumenti anche fini. Inoltre le fibre hanno delle caratteristiche che le rendono adatte alla costruzione di plance e pannelli per auto, e da una sperimentazione condotta da Fiat Auto, è risultato che sono ottimi sostituti della fibra di vetro, soprattutto perché sono riciclabili e non infiammabili.

Nelle pianta della ginestra le foglie sono piccole, caduche e spesso assenti. La funzione clorofilliana è svolta dai rami, che per questo sono detti fillocladi o cladodi (rami foglia). I fiori, di un bel colore giallo oro, sono molto profumati, specialmente di notte fino alle prime ore del mattino per attirare gli insetti pronubi notturni. Lo stesso Leopardi sottolinea il profumo dell’“odorata ginestra” che “il deserto consola”.

’I cút’le, come vengono chiamate le piante di ginestra nel dialetto bonefrano, sono stati da sempre un utile accessorio nelle varie colture agricole, soprattutto orticoltura e viticoltura. Con i suoi rami lunghi e flessibili, i contadini legavano infatti le piante di ortaggi o i tralci delle viti ad organi di sostegno come canne, paletti o fili di ferro. Con i suoi rami si fabbricavano anche delle scope utilizzate dagli spazzini (ora operatori ecologici) oppure dai contadini per pulire le stalle, le aie, ecc. In mancanza di meglio ne era frequente anche l’uso come legna da ardere, sebbene poco duratura e sebbene piuttosto scoppiettante durante la bruciatura. A proposito di questo rumore, secondo una leggenda siciliana, la ginestra sarebbe una pianta maledetta da Gesù perché, mentre Egli pregava nell’Orto del Getsemani, essa cominciò a crepitare con un rumore così assordante da attirare l’attenzione dei soldati che riuscirono ad individuarlo e ad arrestarlo. “Tu farai sempre rumore quando brucerai”, la castigò il Signore.

Dagli impieghi in medicina è noto che la ginestra contiene un alcaloide velenoso presente in tutte le parti della pianta: la citisina, che costituisce un pericolo mortale. La sintomatologia si manifesta con disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), crisi convulsive, stato comatoso che può giungere alla morte. Se si raccolgono i rami fioriti della pianta, non bisogna portare mai le mani alla bocca e lavarsele comunque accuratamente.

Mentre durante l’inverno le ginestre si confondono col resto della vegetazione, nei mesi primaverili ed estivi si individuano con facilità ed anche frequentemente: la loro presenza si manifesta non solo attraverso il profumo intenso che emanano, ma anche con la colorazione giallo vivo, che conferisce un’atmosfera suggestiva al paesaggio. Per il loro colore caratteristico, che contrasta con il verde dominante della campagna circostante e accende le pendici dei colli, le ginestre sono considerate, nel linguaggio dei fiori, il simbolo della luce e dello splendore. In alcune regioni, sono inoltre simbolo della funzione regale, e per questo la dinastia salita al trono d’Inghilterra nel XII secolo le scelse come emblema, assumendo così il soprannome di Plantageneti, dall’espressione latina planta genistae, che significa appunto “pianta di ginestra”. ☺