Oltre la destra
16 Luglio 2019
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Oltre la destra

“L’illuminismo fu una magnifica rivoluzione esso stesso, per la quale si era formata in tutta l’Europa una coscienza unitaria, un’internazionale spirituale borghese, sensibile in ogni sua parte ai dolori e alle disgrazie comuni. Ogni commedia di Voltaire era come una scintilla che passava per i fili già tesi fra stato e stato, fra regione e regione”. Se riflettiamo all’oggi, questi pensieri di De Sanctis appaiono e sono lontanissimi. In quasi tutti i luoghi fondamentali del mondo il mantra del fondamentalismo nazionalista, populista, religioso, etnico si presenta come “la  nuova scintilla che passa di Stato in Stato, di regione in regione”: è così con Trump negli Stati Uniti, con Modi in India, è così nella sconquassata Europa ed in particolare nella nostra Italia. Storie diverse sono la Cina di Xi Jiping come la Russia di Putin. È in corso un mutamento che sta cambiando il mondo, ma il cuore di questa rivoluzione è ancora una volta in Occidente. Quel che è accaduto è sotto gli occhi di tutti e soltanto una mediocre agitazione per il potere può impedire di vederlo. Vi è stata e continua ad esserci una straordinaria ribellione delle masse contro le élite, una rivolta contro quella classe dirigente fatta di liberali, democratici, socialdemocratici e conservatori che ha avuto negli anni passati la proprietà della Politica e dei governi. Trump vince negli Stati Uniti contro il partito Democratico e contro il partito Repubblicano e così Salvini vince in Italia contro il Pd e contro Berlusconi.

La lezione di Gramsci

e il suicidio della sinistra

Le ragioni fondamentali di questo mutamento così radicale sono diverse: “la globalizzazione” che ha rivoluzionato l’economia, la finanza, le tecnologie e la geografia sociale, in secondo luogo la decadenza della Politica, dei Partiti, delle istituzioni e della stessa democrazia, ovvero di quel sistema politico-istituzionale che ha governato il mondo dopo la seconda guerra mondiale. Vi è poi una terza ragione particolarmente dolorosa per alcuni di noi, ovvero l’ evaporazione e la liquefazione della sinistra. Nel 1966 i democratici e la sinistra europea governavano l’intero mondo occidentale, furono anni decisivi e tutto era ancora possibile. In Italia la sinistra democratica con l’Ulivo riprendeva a respirare, nel mondo la globalizzazione e la rivoluzione tecnologica avevano appena preso il volo. La partita era ancora aperta, una partita che i democratici e la sinistra, vittime delle loro contorsioni burocratiche e contaminate in profondità dal pensiero liberal-liberista, neppure iniziarono a giocare. Si perse così una grande occasione e accadde quel che Gramsci annotava nei quaderni dal carcere: “il distacco della società civile da quella politica ponendosi  così un nuovo problema di egemonia”.

Si è creata una faglia, una rottura profonda fra popolo e sinistra e poi un corto circuito fra la demagogia qualunquista dei nuovi masanielli, dei tanti gattopardi di questi ultimi anni e una società civile culturalmente disarmata, economicamente povera e socialmente disperata. Ritrovare il filo di Arianna in questo mondo dominato dal qualunquismo nazionalista e dalla lotta dei penultimi contro gli ultimi non è, né sarà cosa semplice.

Due consigli vorrei dare ai tanti che continuano a pensare e a battersi per un altro mondo e un altro futuro, a quanti buttano il cuore oltre la siepe della destra salviniana.

Rivoluzione della Politica

In primo luogo, ribellarsi contro la decadenza e la degenerazione della Politica. È questa la premessa di qualsivoglia ragionamento. Mi è capitato di assistere ad una seduta del consiglio regionale del Lazio in occasione della discussione sulla legge di promozione dei Biodistretti, un progetto di legge molto ambizioso, una nuova idea di sviluppo, di ambiente e di partecipazione democratica. Raramente, forse mai, ho assistito a uno spettacolo politico-istituzionale così sconfortante: i banchi della Lega, della destra e di Forza Italia totalmente vuoti. I consiglieri dei Cinque Stelle con qualche rarissima eccezione impegnati a far saltare il banco, indifferenti alla sostanza della legge. Il gruppo consigliare del Partito democratico che con qualche consigliere aveva ben interpretato la spinta che era venuta dai Comuni del Biodistretto della via Amerina, condizionato dalle sue logiche intestine, non ha colto il valore generale, la sostanza politica della proposta in campo.

In questi anni di crisi economica, di smarrimento dei principi fondamentali e di nefandezze di una parte grande della classe politica, si è buttato via il bambino con l’acqua sporca. E solo una vera rivoluzione nei comportamenti e nella cultura della classe politica può ridare dignità e protagonismo alla Politica. Quando l’amministratore del Pd chiede di aumentare lo stipendio dei parlamentari per ridare “autonomia” ai partiti dimostra di non aver capito nulla. Quando il segretario del Pd interviene sul caso Lotti, ovvero sulla promiscuità perversa fra funzione della magistratura e ruolo della Politica, con la determinazione del “temporeggia- ore”, anche lui dimostra di non aver capito la lezione di questi ultimi decenni.

Riformismo radicale

Il secondo consiglio è quello di affrontare le grandi questioni di questa nostra epoca con una strategia radicale, con quello che veniva chiamato “riformismo forte”. Veniamo da anni di grande crisi economica e finanziaria, in questi anni sono scomparsi i “ceti medi”, una parte grande della società si è impoverita, in pochi hanno accumulato grandi patrimoni in Italia e nel mondo. Chi deve pagare questa crisi? Da dove debbono venire le risorse finanziarie per affrontare il debito dello Stato? Perché tanto pudore, tanta reticenza nel porre la vera questione? Ovvero quella di una “patrimoniale giusta” che prenda i soldi là dove si sono impropriamente accumulati e dove vengono illegalmente nascosti. Se l’Europa non è solo un’espressione geografica, su questo tema cruciale batta un colpo.

Da mesi stiamo discutendo di reddito di cittadinanza. Questione fondamentale, ma risolta in modo pessimo. In questo nostro paese vi è un sofferenza sociale e un degrado idrogeologico del territorio insostenibile. Perché non collegare il reddito a queste due emergenze? Perché non porre all’ordine del giorno la necessità di lavori socialmente e ambientalmente utili? Eviteremmo così i veleni dell’assistenzialismo; moltiplicheremmo competenze, capacità professionali e intelligenze creative; ridurremmo la stessa spesa pubblica che tanto dipende dai cronicari della sofferenza sociale e dai disastri ambientali.

Greta

Infine l’ambiente. Continuare con la retorica vuota di fatti non è solo inutile, è politicamente dannoso. In questi giorni la più grande associazione dei produttori di nocciole del viterbese, fornitrice della multinazionale Ferrero, ha minacciato legalmente un piccolo comune perché con una sua ordinanza vieta l’uso del glifosato e quei pesticidi che hanno determinato la moria delle api. Perché il segretario del Pd che ha dedicato la sua vittoria nelle Primarie alla giovane Greta non chiede – come hanno fatto in Svezia, come in questi giorni hanno fatto gli austriaci, come intendono fare i francesi – il divieto dell’uso di questo potente erbicida? Un erbicida che inquina le nostre falde acquifere e che sentenze di giudici negli Stati Uniti hanno dichiarato gravemente pericoloso per la salute degli stessi cittadini americani. Non si può rendere omaggio a Greta e poi ascoltare le sirene delle lobby economiche e delle corporazioni sociali.

Anche in questo caso non pongo solo una fondamentale questione di principio. Dovrebbe essere chiaro a chi si fregia del titolo di “democratico” che la vera innovazione e l’economia del futuro avranno come condizione decisiva un radicale mutamento del rapporto fra uomo e natura. ☺

 

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