Passerelle intese non nel senso di piccole passere, tema magari caro agli ornitologi o figurativamente alle depravate devianze berlusconiane, ma come comparse programmate – spesso indecorose – di politici a manifestazioni.
Gli organizzatori di un convegno frequentemente sono costretti ad invitare politici con ruoli istituzionali pensando di dar lustro all’incontro o più semplicemente perché contano, per far fronte alle spese, sul patrocinio che accompagna il personaggio. E questi puntualmente arrivano in ritardo anche quando non hanno niente da fare, unicamente per la gioia di essere attesi, prendono subito la parola, si parlano addosso sparando pistolotti senza capo né coda, al limite della decenza e della sopportazione, si scusano di non poter trattenersi oltre perché altri improrogabili impegni li attendono e vanno via sicuri di aver incantato la platea, accompagnati dagli scagnozzi che per dovere o interesse li ossequiano, purtroppo ignari del fatto che l’assemblea sbotta ridicolizzando le idiozie propinate.
Guai a ritrovare a distanza ravvicinata lo stesso soggetto in contesti e problematiche diversi. Non è lui che fa una pur minima grinza, sei tu a non sapere più dove stai, perché e quale è il tema del convenire. Ti ritrovi nel mezzo di un film già visto. Provare per credere.
Un convegno nasce dal bisogno di confrontare tesi diverse per raggiungere nuove acquisizioni. Chi non sente il bisogno di imparare, non ha nulla da insegnare e allora, per evitare un inutile inquinamento acustico, conviene attendere fuori che finisca il vaniloquio che spesso si tramuta in sproloquio.
Una proposta concreta: gli organizzatori, se non possono evitare queste presenze inutilmente ingombranti, prima di dar loro la parola dovrebbero chiedere quanto tempo possono trattenersi e avvertire l’assemblea in modo che ognuno possa regolarsi se merita o no di essere ascoltato.
adielle
Passerelle intese non nel senso di piccole passere, tema magari caro agli ornitologi o figurativamente alle depravate devianze berlusconiane, ma come comparse programmate – spesso indecorose – di politici a manifestazioni.
Gli organizzatori di un convegno frequentemente sono costretti ad invitare politici con ruoli istituzionali pensando di dar lustro all’incontro o più semplicemente perché contano, per far fronte alle spese, sul patrocinio che accompagna il personaggio. E questi puntualmente arrivano in ritardo anche quando non hanno niente da fare, unicamente per la gioia di essere attesi, prendono subito la parola, si parlano addosso sparando pistolotti senza capo né coda, al limite della decenza e della sopportazione, si scusano di non poter trattenersi oltre perché altri improrogabili impegni li attendono e vanno via sicuri di aver incantato la platea, accompagnati dagli scagnozzi che per dovere o interesse li ossequiano, purtroppo ignari del fatto che l’assemblea sbotta ridicolizzando le idiozie propinate.
Guai a ritrovare a distanza ravvicinata lo stesso soggetto in contesti e problematiche diversi. Non è lui che fa una pur minima grinza, sei tu a non sapere più dove stai, perché e quale è il tema del convenire. Ti ritrovi nel mezzo di un film già visto. Provare per credere.
Un convegno nasce dal bisogno di confrontare tesi diverse per raggiungere nuove acquisizioni. Chi non sente il bisogno di imparare, non ha nulla da insegnare e allora, per evitare un inutile inquinamento acustico, conviene attendere fuori che finisca il vaniloquio che spesso si tramuta in sproloquio.
Una proposta concreta: gli organizzatori, se non possono evitare queste presenze inutilmente ingombranti, prima di dar loro la parola dovrebbero chiedere quanto tempo possono trattenersi e avvertire l’assemblea in modo che ognuno possa regolarsi se merita o no di essere ascoltato.
Passerelle intese non nel senso di piccole passere, tema magari caro agli ornitologi o figurativamente alle depravate devianze berlusconiane, ma come comparse programmate – spesso indecorose – di politici a manifestazioni.
Gli organizzatori di un convegno frequentemente sono costretti ad invitare politici con ruoli istituzionali pensando di dar lustro all’incontro o più semplicemente perché contano, per far fronte alle spese, sul patrocinio che accompagna il personaggio. E questi puntualmente arrivano in ritardo anche quando non hanno niente da fare, unicamente per la gioia di essere attesi, prendono subito la parola, si parlano addosso sparando pistolotti senza capo né coda, al limite della decenza e della sopportazione, si scusano di non poter trattenersi oltre perché altri improrogabili impegni li attendono e vanno via sicuri di aver incantato la platea, accompagnati dagli scagnozzi che per dovere o interesse li ossequiano, purtroppo ignari del fatto che l’assemblea sbotta ridicolizzando le idiozie propinate.
Guai a ritrovare a distanza ravvicinata lo stesso soggetto in contesti e problematiche diversi. Non è lui che fa una pur minima grinza, sei tu a non sapere più dove stai, perché e quale è il tema del convenire. Ti ritrovi nel mezzo di un film già visto. Provare per credere.
Un convegno nasce dal bisogno di confrontare tesi diverse per raggiungere nuove acquisizioni. Chi non sente il bisogno di imparare, non ha nulla da insegnare e allora, per evitare un inutile inquinamento acustico, conviene attendere fuori che finisca il vaniloquio che spesso si tramuta in sproloquio.
Una proposta concreta: gli organizzatori, se non possono evitare queste presenze inutilmente ingombranti, prima di dar loro la parola dovrebbero chiedere quanto tempo possono trattenersi e avvertire l’assemblea in modo che ognuno possa regolarsi se merita o no di essere ascoltato.
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