Prendere posizione
6 Aprile 2022
laFonteTV (3191 articles)
Share

Prendere posizione

In questo tempo così doloroso e buio per la storia del mondo e particolarmente dell’Europa, mi sembra necessario, anche come credenti, prendere una posizione inequivocabile a favore delle vittime della guerra e a favore di una nazione aggredita ingiustamente da una nazione molto più forte e armata; aggressione attuata con improbabili spiegazioni di carattere giuridico, come la difesa di minoranze russe in terra ucraina. La domanda che spesso mi è venuta in mente in questo periodo è se, in quanto credenti, siamo chiamati a mantenere un atteggiamento equidistante e pacifico nei confronti di vittime e aggressori oppure siamo chiamati a dare il nome giusto a chi si macchia ogni giorno di crimini contro civili innocenti per lo scopo neppure dissimulato di affermare il suo potere su una porzione di territorio che gravita attorno alla Russia.

Nella bibbia le vittime spesso gridano a Dio per chiedere giustizia, una giustizia che passa anche attraverso una reazione simmetrica nei confronti di chi ha agito con violenza; basta leggere la conclusione del salmo 137, il canto degli esiliati che riecheggia nel “Va’ pensiero” di Verdi: “Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra” (Sal. 137,8-9). Questi versetti, così terribili, sono stati espunti dai libri di preghiera cristiani, perché contrari all’etica del Nuovo Testamento, dove Gesù chiede di porgere l’altra guancia e di pregare per i propri nemici e persecutori. Ma siamo certi che nel Nuovo Testamento e nelle parole di Gesù manchi qualche cenno di violenza invocata non da chi detiene il potere, ma dalle vittime di ogni forma di sopruso? Mi sono venuti in mente alcuni passi del vangelo, dove le vittime (e tra esse Dio stesso) invocano una giusta violenza e la punizione su chi ha commesso del male in modo ingiusto. Sono passi che nel vangelo immediatamente precedono il racconto della passione; probabilmente non sono stati pronunciati da Gesù ma sono una rielaborazione della comunità cristiana alla luce di varie persecuzioni subìte nel periodo della guerra giudaica, quando la caduta di Gerusalemme e la distruzione del tempio sono stati letti come una risposta di Dio ai soprusi subìti dalle piccole e deboli comunità cristiane.

Il primo passo lo troviamo nel vangelo di Matteo dove, alla fine della parabola dei vignaioli omicidi, Gesù conclude con queste parole: “Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà sarà stritolato” (Mt 21,43-44). Il secondo lo troviamo nel vangelo di Luca, a conclusione della parabola delle mine (in Matteo sono i talenti), dove il signore che torna da un paese lontano e chiede ai servi di fare il rendiconto sul denaro affidato, subito dopo si vendica di coloro che non lo volevano come re: “E quei nemici che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me” (Lc 19,27). Mentre in quest’ultima parabola la fine di Gerusalemme viene vista come una conseguenza del rifiuto di Gesù da parte del popolo di Israele, è più interessante la motivazione che porta ad invocare la fine violenta nella prima parabola: essa avviene dopo che è stata usata violenza contro gli inviati del padrone della vigna e dopo l’uccisione del figlio; cioè dopo ripetuti atti di violenza ingiusta.

Ho voluto citare questi due passi per non dimenticare che il vangelo non può essere ridotto ad un mero pacifismo di maniera, ma a volte è necessario riaffermare il principio di legittima difesa che porta anche all’uso della violenza, contro chi non può essere fermato con altri mezzi. Vorrei citare almeno due esempi che vengono dalla storia e dal pensiero cristiani passati e recenti: innanzitutto mi viene in mente Tommaso d’Aquino che giustifica l’uccisione del tiranno quando il lasciarlo in vita significherebbe permettergli di causare ancora più violenza e la morte di tante persone. In secondo luogo mi viene in mente Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano che ha preso posizione netta contro il nazismo ma non si è limitato a questo, bensì ha preso parte attiva nella preparazione dell’attentato, purtroppo fallito, ad Hitler, nel 1944, pagando poi con la vita questa sua scelta.

Essere cristiani non significa ripetere solo frasi di circostanza e invocare la pace e il dialogo come un disco rotto, ma significa anche dire chiaramente che Putin è un dittatore che con l’invasione dell’Ucraina ha perso ogni legittimità a rimanere al governo del suo paese e deve essere processato, come lo fu Milosevic, per crimini contro l’umanità. Ma va anche presa una posizione come chiese nei confronti della chiesa ortodossa russa che non ha preso le distanze da questo despota ma ne avalla i crimini anche con discutibili argomenti antioccidentali (basti leggere l’omelia del patriarca Kirill per la prima domenica di Quaresima che vede nell’attacco all’Ucraina, tra i vari motivi, la difesa dei valori religiosi russi contro le lobby gay!!!). Di fronte a questa ottusità del capo della chiesa russa è necessario interrompere ogni dialogo ecumenico per dire chiaramente che il vangelo non può essere, in nome di un falso ecumenismo, calpestato in modo così osceno.

E, alla luce di quanto ci riporta la Parola di Dio e la morale cristiana, non nego che sia da apprezzare e giustificare moralmente chi si fa carico anche della morte del tiranno. Arrivano tempi in cui pregare per la pace non basta ma è necessario prendere posizione in modo chiaro a favore delle vittime e dire che chi commette violenza contro gli inermi e chi lo giustifica sono sullo stesso piano.☺

 

laFonteTV

laFonteTV