pretendendo dignità
2 Febbraio 2011 Share

pretendendo dignità

 

Non è possibile che, ancora oggi, si parli della donna in termini di santa o di meretrice.

E non è possibile che lo si faccia proprio da queste pagine, né che si rovini un articolo, Il livellamento di massa a firma Z' Vassilucc'e, di così alto profilo, con queste affermazioni: la donna è mutata profondamente nel suo rapporto con gli uomini e la rivoluzione sessuale, riconvertita, forse erroneamente, in “genitale”, ha suscitato “libere” esigenze che minacciano la stabilità della famiglia ed i rapporti nonché le identità tra i “generi”, più dei circoli chiusi tradizionali.

La donna, dunque, dopo la rivoluzione sessuale, è diventata così di facili costumi che, una volta sposata, (e chissà perché dovrebbe aspettare fino al matrimonio!) sbatte la porta sul muso del marito e corre dietro i “genitali” di qualcun'altro – rido immaginando il considerevole numero di donne sposate che conosco che in massa prende la porta di casa e corre in strada con le gonne alzate -. Che argomenti scadenti per parlare di un tema così complesso qual è la storia dell'emancipazione femminile.

E che significa poi “libere” esigenze che minacciano… le identità di genere”? Forse che una conquistata (?!) libertà sessuale della donna minaccerebbe il ruolo dominante, storico, da predatore del maschio? Davvero sconcertante.

La stessa inquietudine mi ha colto quando mi hanno chiesto, meravigliati: “Ma sei stata sposata? Credevo fossi immune dalla dipendenza da un affetto”.

La ricerca di rapporti paritari con l'altro (e non parlo di generi), la serenità di approccio, il tentativo di stabilire un contatto col prossimo è percepito in negativo, come una mancanza. Questa osservazione mi è stata fatta in due contesti diversi, se fossi stata un maschio sicuramente non avrei suscitato alcun turbamento.

Anno domini 2010 la donna continua a morire per mano maschile, in Italia le vittime sono aggiornate al numero di 115.

Da La Stampa (nota testata sovversiva) di venerdì 26 novembre 2010 (e ripreso da http://rassegna.governo.it): " …secondo l'Istat la violenza domestica resta la prima causa di morte accidentale delle nostre connazionali tra i 16 e i 44 anni, e nel 2009, il numero di quante si sono rivolte a un centro antiviolenza è cresciuto del 14,2% rispetto all'anno precedente".

Com'è lontana l'immagine di donna liberata e libertina evocata dalle parole dell’articolista. Come si può citare Marcuse e poi esprimersi con tale rozzezza?

È vero, oggi la donna si permette di scegliere se continuare o no un percorso sterile o conflittuale o dannoso con un uomo, e dov'è l'errore? Si permette di cercare il proprio piacere e non di subire semplicemente quello altrui, e dov'è lo scandalo? Si permette di decidere della propria vita, e qual è l'assurdo? Si permette di stabilire in autonomia se accettare o no una gravidanza, e di chi è il dolore, di chi il sangue, di chi il corpo, di chi l'estrema solitudine, di chi il peso; chi mai potrebbe decidere per lei?

Ma c'è un altro punto da considerare: tutto ciò che le donne del nostro paese oggi sono in grado di accettare o rifiutare, di decidere o respingere, la loro autonomia e la loro dignità, la consapevolezza di sé, tutto questo, dicevo, non si deve prendere per acquisito per sempre. Ciò che abbiamo conquistato va tutelato, e le cifre esposte sopra ne sono una testimonianza terribile; va coltivato pretendendo dignità: è per questo che scrivo.☺

cristina.muccilli@gmail.com

 

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