puntura di tafàno
30 Giugno 2010 Share

puntura di tafàno

 

Estate. Tempo di tafàni, insetti simili a grosse, fastidiose mosche, che procurano dolorose punture, specie nei giorni d’afa.

Mi piacerebbe diventare tafàno per pungolarvi un po’, ma senza alcuna pretesa di ammonimenti ex cathedra. Mi spingono a ciò il mestiere che svolgo, le letture che ho fatto, le persone che quotidianamente incontro, giovani soprattutto, compresi nella fascia di età che va dai quattordici ai diciannove anni, che mi augurerei fossero sempre più antitradizionalisti e che spesso invece sono solo spavaldamente trasgressivi.

Letture, si diceva … e a questo proposito vi segnalo una commedia, genere leggero lo si considera in ambito letterario, scritta da Aristofane nel V secolo a. C., Le nuvole, laddove un giovane si reca al Pensatoio, il luogo del pensiero, l’Università di quei tempi, e qui incontra il rettore e rètore Socrate, stravagante figura di saggio. Aristofane mette in scena per il giovane in questione un dibattito, che niente ha da invidiare agli odierni talk show, durante il quale si confrontano un anziano soldato, sostenitore della educazione tradizionale, e Socrate, vero e proprio esperto dell’arte del dire.

Un apprendimento mnemonico e poco incline alla discussione: questo promette al giovane l’anziano soldato, mentre indugia sul ricordo del tempo, chissà se mai esistito, in cui i giovani obbedivano ai genitori e niente altro speravano che di morire per la patria.

Socrate invece prospetta al giovane la possibilità di imparare a considerare in maniera critica le origini sociali di quelle norme morali troppo spesso acriticamente considerate eterne, il più delle volte imposte per convenzione. Imparare ad argomentare in maniera autonoma, senza affidarsi ad alcuna autorità: questo è il traguardo finale.

Permettetemi la deviazione professionale, ma questo è quanto ogni docente propone nel suo piano di lavoro annuale, o programmazione che dir si voglia, alla voce “mete educative”, e che a fine anno lo stesso docente dovrebbe utilizzare come criterio per tracciare il bilancio e procedere alla valutazione. A patto che la modalità del dialogo, proposta da Aristofane, sia stata sperimentata durante l’anno, almeno di tanto in tanto, nell’ambito dell’aula scolastica.

Traguardo quanto realizzabile con alunni trasgressivi e spavaldi? Senza voler unidirezionalmente addossare la colpa al comportamento dei giovani, come adulta non mi riesce sempre agevole darmi spiegazione di certi atteggiamenti adolescenziali. Adolescenziali, sì, perché oggi l’adolescenza comincia molto prima dei quattordici anni e finisce a conclusione delle scuole superiori. Periodo interminabile, che garantisce una maggiore permanenza in famiglia e la cui parola d’ordine è “rinvio”: dell’indipen- denza, della vita di coppia, dell’assunzione del ruolo genitoriale e lavorativo.

Se è vero, come afferma il noto psicologo G. Pietropolli Charmet, che “gli adolescenti di oggi affrontano gli adulti senza riconoscer loro alcun significato simbolico e senza regalare al ruolo sociale che svolgono un’importanza che meriti deferenza e timore reverenziale”, è altrettanto vero che, perché ottengano il rispetto che auspicano, gli adulti, a seconda del ruolo che rivestono,  facciano o dicano qualcosa di interessante, sia all’adolescente sia al suo gruppo, e dimostrino di sapere spiegare in modo chiaro a cosa serve la loro funzione. Perché “che si tratti di un genitore o di un insegnante, di un poliziotto o di un medico, di un educatore o di un allenatore il fatto che abbia l’età che ha e indossi quel ruolo, o eserciti quell’arte, o quel mestiere non gli regala alcuna importanza particolare agli occhi dell’attuale spavalderia adolescenziale. Gli adolescenti sono portati a dare del tu a chiunque, convinti che non sono le differenze visibili quelle che contano, ma le competenze relazionali. Se poi un poliziotto o un prete, un allenatore o un assistente sociale dimostra sul campo di essere competente, allora si aprono trattative molto interessanti e gli spavaldi sono disponibilissimi all’ascolto”.

Ridefiniti i profili odierni di giovane e adulto, non è solo necessario ma urgente incontrarsi e  confrontarsi. Spetta agli adulti il primo passo; ad essi è richiesto di accettare di buon grado che le giovani generazioni diventino antitradizionaliste; ai giovani va riconosciuto il diritto di mettere in discussione tutte le passate convinzioni e accettare solo quelle che appaiono, dopo attento esame, coerenti e giustificabili.

Abbiamo bisogno di persone capaci di pensiero autonomo, che non deleghino questo compito ad una presunta autorità; si rischierebbe di sostituire il pacifico dibattito con una sterile invettiva.

Sarà afosa l’estate che ci aspetta? Più temibili saranno le punture del tafàno!☺

annama.mastropietro@tiscali.it

 

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