Questione di prospettiva
26 Dicembre 2020
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Questione di prospettiva

In riferimento al tema della Chiesa, nella successione dei criteri sia teologici che temporali, la Gaudium et spes (GS) del Concilio Vaticano II è fondata dall’altra costituzione Lumen gentium (LG). Ma non nel senso di una costruzione che si innalza sull’altra; piuttosto, come un versante del monte che sostiene l’altro, vi si appoggia, in un rimando vicendevole. La reciproca complementarietà di GS e LG dice come, per essere colto nella sua pienezza e profondità, il tema della chiesa richieda la considerazione di due prospettive speculari, convergenti nel punto focale della incarnazione del Verbo di Dio: della “umanità” di Dio e della “divinizzazione” dell’uomo. Il Concilio ha evidenziato tale necessaria binocularità dello sguardo “sulla” e “della” chiesa. L’essenziale riferirsi della chiesa “ad altro”: a Dio e al mondo, che si esprime in questi due documenti che si guardano e si implicano a vicenda. Gaudium et Spes esplicita come il riferimento a Dio comporti il riferimento al mondo. La parola gaudium, con cui si apre l’ultimo documento del concilio, chiude simbolicamente il cerchio con Gaudet Mater Ecclesia (gioisce la madre chiesa) con cui inizia il discorso di papa Giovanni XXIII all’apertura del concilio: la doppia inscindibile attitudine di rendimento di grazie a Dio e di solidarietà benevola che la Chiesa nel Concilio riconosce come propria e nella quale di identifica.

A distanza di più di un secolo dall’enciclica di Pio IX Quanta cura e dal Sillabo degli errori del mondo moderno, si manifesta un capovolgimento dell’atteggiamento della Chiesa verso il mondo: non si pensa estranea e opposta ad esso, preoccupata di condannarlo, quasi essa fosse una realtà a sé stante, costituitasi in un “altrove” per poi entrare in rapporto col mondo. La Chiesa trova, invece, il mondo in se stessa e comprende se stessa come quella parte di mondo a cui è giunto l’Evangelo della salvezza e che assume la missione di portare tale buona notizia. Prima ancora che amare il mondo la Chiesa è l’attestazione del fatto che Dio ama il mondo, che il mondo appartiene al Signore di cui la chiesa è “sposa” e che essa è insieme serva di Cristo e dell’umanità intera in una tensione che si fonda e si confonde con l’universale fraternità umana. La Chiesa non è tesa ad inglobare il mondo, né a difendersi, attaccandolo, dal mondo che non le si sottomette. Conseguenza di tale impostazione è il principio del dialogo, ispirato alla solidarietà, collaborazione e cooperazione (GS 1 e 3), vale a dire alla precedenza – dal punto di vista del valore e della successione temporale – della ricerca di ciò che unisce rispetto a quanto divide, secondo l’impostazione di Giovanni XXIII e sviluppata da Paolo VI nell’Enciclica Ecclesiam suam (1964). Il dialogo non esclude nessuno, né coloro che hanno il culto di alti valori umani, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano; in diverse maniere chiamati a questa stessa vocazione umana e divina, senza violenza e inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione di un mondo nella vera pace. Per entrare in rispettoso, aperto e leale dialogo la Chiesa non può che procedere ponendo tutto alla luce dell’Evangelo, unico suo principio e riferimento fondante, offrendo il suo volto autentico e l’unica luce che la guida. È l’esemplare scelta di GS che – non senza perplessità di alcuni Padri conciliari – evitò di fondare il proprio discorso sul piano della ragione e della morale naturale, pur dialogando con tutti in modo comprensibile alla comune ragione umana.

In una lettera al vescovo Marcel Lefebvre – prima dello scisma che lo avrebbe visto protagonista – Paolo VI scriveva che “per certi aspetti il Concilio Vaticano II é stato persino più importante del Concilio di Nicea”. Il teologo benedettino G. Lafont sostiene che il cristianesimo si trova al punto di arrivo della tradizione iniziata a Nicea e al punto di partenza della nuova tradizione aperta dal Concilio Vaticano II. La Chiesa è solidale col mondo nel trovarsi in un tornante culturale di enorme portata: come oggi si afferma non in un’epoca di crisi ma in una crisi di epoca. I sei decenni circa che ci separano dall’apertura del Concilio diventano in questa prospettiva una distanza piccolissima, segnalano che la tradizione vaticana deve ancora iniziare, siamo solo ai primi passi; la sua attuazione è aperta in molte direzioni. Perché avvenga al meglio, per l’umanità e per la Chiesa, è necessario farsi guidare dal principio del “cercare insieme”, il principio ispiratore della GS. Al centro dello sguardo su tutta la realtà mondana e teologica GS ha posto le categorie della relazione e del riconoscimento, fondamentali e di estrema rilevanza nella riflessione antropologica, filosofica, morale e politica del mondo contemporaneo. ☺

 

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