Recensione libro: “Bonefro in fiore” di Gildo Giannotti
28 Luglio 2020
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Recensione libro: “Bonefro in fiore” di Gildo Giannotti

Da bambino credevo che fossero le fronde degli alberi, muovendosi, a generare il vento. Ci rimasi male quando a scuola, durante una lezione di scienze, mi spiegarono che si trattava di masse d’aria che nel gioco dell’alta e bassa pressione atmosferica provocano il movimento di foglie e rami. Avrei voluto continuare a pensare alle piante come prime protagoniste di quella specie di danza nella quale tutti, all’unisono, si piegavano ora da una parte ora dall’altra, inchinandosi e rialzandosi senza posa. In effetti le piante, erbacee e arboree, sono inseparabili dalla storia dell’umanità, che senza la vegetazione non avrebbe nemmeno potuto incominciare.

“Si parla tanto di crescita. A me l’unica crescita che interessa è quella degli alberi”, ha scritto di recente il poeta Franco Arminio nella sua Geografia commossa dell’Italia interna, esplicitando così la critica al modello di sviluppo capitalistico che ha generato la società tecnologica e consumistica dei nostri giorni. Un modello che ha progressivamente trascurato gli alberi e la vegetazione, prevalentemente legati al bosco e alla campagna, per concentrarsi sulle città, sull’industria e infine sulla finanza. C’è stata, specialmente nel corso del Novecento, una sorta di rimozione della natura, soggetta a un crescente dominio umano che rischia di ritorcersi contro. Anche se oggi le superfici boscate stanno sensibilmente aumentando, ciò è il frutto spontaneo e problematico dell’ abbandono, più che di una ritrovata e consapevole attenzione per il mondo vegetale.

La consapevolezza di tale importanza emerge invece efficacemente in questo libro di Gildo Giannotti, che attraverso una rassegna di oltre 150 piante ci offre uno spaccato della vegetazione non solo di Bonefro, luogo di vita dell’autore, ma anche dell’intero Molise e dell’Italia mediterranea in genere, offrendoci al tempo stesso una guida e un invito: guida alla conoscenza delle forme, dei caratteri e dei significati delle piante; invito a considerare gli alberi e le erbe come parte significativa del patrimonio territoriale di un’area, specialmente nelle aree rurali e interne, nelle periferie territoriali, nelle zone dei margini che attendono una rinascita.

Per ogni articolo c’è un albero, un’erba, un arbusto o un fiore. Ogni scheda descrive la storia, le caratteristiche scientifiche, gli usi e i “costumi” di ciascuna pianta, da quelle coltivate negli orti a quelle che crescono spontanee nella macchia, nei campi o lungo i corsi d’acqua, da quelle rigogliose e imponenti dei boschi a quelle che la civiltà ha posto al centro dell’agricoltura. Da tutte derivano risorse, materiali e frutti indispensabili alla vita, con le forme del loro utilizzo che rappresentano un sapere antico e profondo. Sul lungo o lunghissimo periodo, le piante, elemento naturale per eccellenza, hanno incontrato processi di domesticazione che, al pari di quelli riguardanti gli animali, hanno condotto l’uomo verso la civiltà, verso l’agricoltura, la città, il progresso. La coltivazione delle piante, il loro articolato ciclo vitale dalla semina alla raccolta, è stata una delle prime forme di organizzazione dello spazio, uno strumento della sua trasformazione in territorio. Le piante erbacee seminate a spaglio in spazi ben delimitati, o gli alberi disposti in filari, le siepi o le vigne, le piantate ai bordi dei campi… hanno dato forma al paesaggio. I paesaggi agrari italiani, così “artificiati” e differenziati, come ci ha detto Giacomo Leopardi e come ci ha insegnato Emilio Sereni, devono gran parte del loro pregio e della loro bellezza all’instancabile attività di agricoltori, ortolani, allevatori e boscaioli che hanno aiutato la natura a riprodurre le forme della vegetazione, conservando semi, coltivando, potando, seminando, rinnovando, raccogliendo e utilizzando i frutti, le foglie e talvolta le radici delle piante.

Non è un caso che il presente volume derivi dalla raccolta sistematica degli articoli che per lungo tempo, mese dopo mese, Giannotti ha pubblicato nella rivista “la fonte”, il periodico di resistenza umana guidato da Antonio Di Lalla, un intraprendente prete di provincia propugnatore di un nuovo umanesimo. Le piante, come le persone, si mescolano nel tempo e nello spazio. Così anche nel libro di Giannotti, insieme alle piante autoctone o a quelle arrivate qui nell’antichità dal vicino Oriente, che hanno segnato la tradizione agricola mediterranea, troviamo quelle provenienti dalla lontana Cina o portate dal continente americano agli albori dell’età moderna, affermatesi da noi più o meno rapidamente sotto la spinta alimentare, spinte dal bisogno di nutrire una popolazione crescente; tutte concorrenti a formare la nostra attuale identità alimentare. Per questo l’autore aggiunge alla descrizione delle piante alcune ricette (in primo luogo alimentari, ma anche salutistiche e cosmetiche) che danno il senso di come il sapere delle erbe e delle piante sia fortemente radicato nella cultura popolare, anche se ormai quasi perduto in chi vive lontano dalle campagne.

Un libro utile, dunque, non solo perché aiuta a conoscere e a riconoscere le piante della propria regione, i loro colori e i loro molteplici usi, linguaggi e significati, ma anche perché contribuisce a correggere quella visione riduttiva e ormai radicata secondo la quale nei territori a vocazione rurale non ci sarebbe “niente”. L’accurato lavoro di Giannotti dimostra infatti come, oltre a tante altre cose, queste aree ingiustamente marginalizzate dal processo di sviluppo contemporaneo contengano una straordinaria quantità di erbe, piante e frutti che nell’insieme formano un patrimonio: un patrimonio vegetale come parte del più ampio e consistente patrimonio territoriale, da conoscere e mettere in valore per combattere la sfida di una necessaria rinascita dell’Italia rurale, nella consapevolezza che la storia delle piante, nel corso dei secoli, si è intrecciata con quella dell’uomo e delle sue forme di vita.

 

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