Religioni e fraternità
18 Novembre 2021
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Religioni e fraternità

“C’è un episodio – nella vita di Francesco d’Assisi – che ci mostra il suo cuore senza confini, capace di andare al di là delle distanze dovute all’origine, alla nazionalità, al colore o alla religione. È la sua visita al Sultano Malik-al-Kamil in Egitto, visita che comportò per lui un grande sforzo a motivo della sua povertà, delle poche risorse che possedeva, della lontananza e della differenza di lingua, cultura e religione. Tale viaggio, in quel momento storico segnato dalle crociate, dimostrava ancora di più la grandezza dell’amore che voleva vivere, desideroso di abbracciare tutti. La fedeltà al suo Signore era proporzionale al suo amore per i fratelli e le sorelle”. (3)

“Le diverse religioni, a partire dal riconoscimento del valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società. Il dialogo tra persone di religioni differenti non si fa solamente per diplomazia, cortesia o tolleranza. Come hanno insegnato i Vescovi dell’India, l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore”. (271)

Due brevi capoversi (il n. 3) dal primo capitolo di Fratelli tutti e il primo (n. 271) dall’ottavo ed ultimo capitolo come fossero le due copertine che racchiudono l’invocazione e la narrazione della fraternità possibile nell’umanità contemporanea. Siamo di fronte alla potenza della parola, la prima evocativa di un avvenimento divenuto icona storica, capace di calarci nello spirito di Francesco d’Assisi e nella scommessa che lui vive nell’ incontro amichevole e cordiale con il sultano mentre la chiesa cattolica, a cui lui appartiene, stava scommettendo sulla potenza delle armi nella crociata in atto. Il secondo capoverso (n.271) del capitolo finale dà voce ad un episcopato di periferia, quello indiano, che suggerisce un possibile obiettivo comune alle antropologie ispirate dalle religioni del mondo: spendersi a “stabilire amicizia, pace, armonia e a condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore”.

In mezzo c’è la storia del mondo con le sue tempeste, come quella che racconta Paolo l’apostolo in Atti 27, 18-20: “sbattuti dalla tempesta…il giorno seguente cominciarono a buttare in mare il carico; il terzo giorno l’attrezzatura della nave, … la violenta tempesta continuava a infuriare, ogni speranza sembrava perduta”. Immagine analogica della società odierna alla deriva, incapace di governarsi, una società smarrita in una progressiva guerra mondiale a pezzi. Ma in quella notte risuona una voce: “vi esorto a non perdervi di coraggio – dice Paolo a quella gente disperata – non vi sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi. Mi è apparso un angelo del Dio a cui appartengo e che servo, dicendomi non temere Paolo, ecco io ti ho fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione. Perciò non perdetevi di coraggio”. Con la sua parola Paolo esorta, rianima, persuade, incoraggia, apre orizzonti, invita non lasciarsi travolgere dagli eventi e saper prendere le misure giuste. Abbiamo qui un lampo del valore straordinario della parola. Quella di Paolo è mescolata: è parola della fede (che viene dall’alto) e parola umana persuasiva, che spinge alla ragionevolezza e al coraggio che impediscono le divisioni e muovono a non cercare la salvezza propria dimenticando gli altri. Paolo infatti dice al centurione e ai soldati “Se costoro [l’equipaggio] non rimangono sulla nave, voi non potete mettervi in salvo”. Li chiama a decisioni di tipo politico, ad assumere il governo della nave per mantenere l’unità che alcuni, i più abili e furbi, stavano per rompere; in tal modo si salvano tutti i 276 passeggeri. L’icona della forza della parola – sia quella dall’alto, rivelata, sia quella umana – mette in luce un virtuoso collegamento tra politica e religione; entrambe hanno bisogno quotidiano della parola. Esse non sono soltanto parola, la religione è via, la politica è azione pratica, però la parola è parte necessaria della politica, della religione e della chiesa.

È la dimensione della fraternità calata nella storia che fa emergere la dimensione politica dell’amore: ci consente di identificare quelle derive spirituali, culturali e antropologiche che minano la vita delle comunità politiche organizzate in nazioni. L’ affermazione che come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle, se non è solo un’astrazione ma prende carne e diventa concreta, ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte: quelle che l’uomo accoglie dai profeti e dai giusti.

Abbiamo conosciuto anche il degrado della parola: in politica il politichese nella chiesa l’ecclesialese come insieme di fumosità, di retorica, di promesse non mantenute, di occultamenti più o meno abili della verità. La causa più profonda di questi degradi è data dalla difficoltà a vivere la verità intesa non tanto come ortodossia formale, ma rispondenza tra la parola e la realtà; tra verità e situazione: ogni parola vive ed ha la sua origine in un determinato ambiente.

In un mondo in cui il linguaggio dominante nella comunicazione politica e nei media è quello dell’esclusione degli altri, del disprezzo dei migranti, dell’egoismo di ceto, di regione, di nazionalità, che grande rivoluzione sarebbe introdurre il criterio della fraternità – iscritto anche nella dichiarazione dei diritti dell’uomo – per giudicare il valore delle scelte della politica. I ragionamenti fumosi sullo “scontro di civiltà” teorizzato da S. Huntington, o il paradigma fondamentale dell’Occidente contro tutti (riformulazio- ne della guerra fredda), trattato in La fine della storia di F. Fukuyama, pur intaccati restano intatti ed è ciò che è rimasto, spesso in maniera insidiosa e implicita, nonostante i terribili eventi dell’11 settembre. Come leader religioso Francesco papa – come quello d’Assisi – ha cercato e realizzato l’ incontro di persona con i leader delle altre religioni e delle altre confessioni cristiane. Incontri fraterni per un cammino condiviso di fraternità e di comune impegno per la pace dei popoli.☺

 

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